La proiezione, organizzata in collaborazione col Centro Studi La Casa Sicilia, si inserisce all’interno delle manifestazioni in calendario per la celebrazione della giornata mondiale dell’ambiente, in programma il prossimo 5 giugno.
Una storia di immigrazione particolare quella raccontata dal giovane regista nisseno Luca Vullo lungo i 53 minuti di «Dallo zolfo al carbone» e portata alla luce attraverso le parole dei protagonisti della vicenda.
Siamo nel secondo dopoguerra, l’Italia si presenta come un paese sconfitto e profondamente devastato nel corpo e nell’anima. In seguito alla stipula del Patto italo-belga del 1946 a firma del primo presidente Luigi Einaudi, migliaia di minatori e contadini siculi furono costretti ad abbandonare la loro terra per emigrare in Belgio. Una mossa astuta per la neonata repubblica italiana: con la firma del patto, infatti, da un lato si garantiva un lavoro alla moltitudine di disoccupati, specie meridionali; dall’altro l’Italia si assicurava la fornitura energetica indispensabile durante la crisi post-bellica.
Quella che poteva sembrare un’occasione di lavoro si rivelò ben presto una tragedia: gli immigrati furono ridotti quasi in schiavitù, costretti a lavorare in condizioni disumane e a vivere in baracche.
A sessant’anni di distanza da quella terribile esperienza, i protagonisti consegnano alla pellicola i loro ricordi: lo sfruttamento, il distacco dalla famiglia, l’abbandono della terra natale, i sacrifici e i compromessi, la difficoltà ad integrarsi e la perdita dell’identità.
Una pagina triste della storia italiana sconosciuta ai più, ma narrata dal film di Vullo con spirito critico e forte sentimento di denuncia. Il dramma delle famiglie siciliane coinvolte viene raccontato attraverso il linguaggio del documentario sociale, obiettivo e partecipato al tempo stesso, irriverente e rispettoso, critico e coinvolgente, commosso ed energico.
La coerenza narrativa, l’analisi approfondita della vicenda realizzata tramite gli interventi di storici ed antropologi, hanno valso al film il primo premio alla V edizione del Festival delle Memorie Migranti.
(Anna Liberti)