Prioritario salvaguardare i corridoi verdi

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Scenari futuri vedono l’estendersi di faggete e boschi di latifoglie nelle zone alpine, il potenziale ingresso delle specie mediterranee nella pianura Padana, lo spostamento in alto delle specie di montagna in conseguenza dei cambiamenti climatici in atto.

Gli ecologi hanno da sempre sostenuto che a grandi cambiamenti seguono risposte altrettanto importanti da parte degli ecosistemi: aggiustamenti, accomodamenti, sistemazioni per proseguire il cammino della vita con il miglior successo possibile. In questo senso l’ecologia sostiene un concetto chiave per la buona riuscita dei processi evolutivi: la connettività, che afferma che gli ecosistemi si reggono in base a reti di interazioni all’interno delle quali ogni specie può potenzialmente condizionare molte altre.

Pur tuttavia, in un paese dalla morfologia tormentata come il nostro e fortemente antropizzato, in particolare nelle aree costiere, la connettività che permetta gli spostamenti verso Nord vedrà «lepri» e «tartarughe» perché alcune specie sono particolarmente svantaggiate per la mobilità. Mentre gli animali sono in generale facilitati dalla loro autonomia, i vegetali sono «prigionieri» del proprio habitat essendo costretti a conquistare nuovi territori in base alle fruttificazioni, che possono essere scarse anche per diversi anni successivi (come avviene in molte specie forestali).

In questo «esodo» influirà notevolmente il tipo di disseminazione che caratterizza la specie vegetale: la risalita sarà semplice per specie con semi alati leggerissimi e disseminazione operata dal vento mentre le querce, ad esempio, saranno fortemente limitate dai propri organi di propagazione. Non solo le ghiande sono pesanti e rimangono nelle vicinanze della pianta madre, ma non hanno la capacità di conservarsi nel tempo in condizioni naturali per aspettare momenti favorevoli alla disseminazione e/o alla germinazione; vivono, nel migliore dei casi, dall’autunno di un anno alla primavera successiva. Inoltre, sono sempre più scarsi in Italia i vettori (piccoli mammiferi, ghiandaie) che in Natura praticavano attivamente l’espansione territoriale del genere Quercus.

Se non sarà mantenuta una buona percorribilità in questi corridoi verdi, si potrebbe di certo avere una qualche forma di non-ritorno attraverso l’isolamento genetico delle specie con minore capacità di spostamento oppure semplicemente attraverso la loro estinzione.

 

Beti Piotto, Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Dipartimento Difesa della Natura, Roma