I lavori della 15.ma Conferenza delle Parti (Cop-15) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (Unfccc) sono stati aperti dal Primo Ministro danese: Lars Løkke Rasmussen, con un discorso che ha sottolineato gli aspetti di rischio dei cambiamenti climatici per le presenti e future generazioni, gli aspetti legati alle speranze di fare presto per fermare la febbre del pianeta ed alle altre attese per un accordo di alto profilo di questa Conferenza, ad impatto zero, che vede anche un numero di partecipanti record assoluto per una Conferenza delle Nazioni Unite (34mila richieste di accredito come delegati e osservatori, 5mila giornalisti accreditati, quando lo spazio disponibile in tutto il complesso delle sale del «Bella Center» dove si tiene la Cop-15 può accogliere al massimo 15mila partecipanti), tanto che si sono dovuti limitare gli accessi e bloccare nuovi accrediti dei mass media.
Hanno fatto seguito, poi, gli interventi di benvenuto del Sindaco di Copenhagen: Ritt Bjerregard, e gli interventi introduttivi al lavori da parte di Rajendra Pachauri (Presidente Ipcc) e Yvo De Boer (Segretario Generale della Unfccc).
All’inizio lavori hanno preso la parola numerose delegazioni tra cui:
– il Sudan a nome dei Paesi in via di sviluppo e della Cina (G-77), per augurare un grande successo per quanto riguarda il trattato basato sulla «Road map di Bali» e per sottolineare il fatto che il secondo trattato, quello che riguarda il protocollo di Kyoto «emendato», deve andare ugualmente avanti con successo, contenendo i successivi impegni al 2020 (con decorrenza dal 2013) per i paesi industrializzati e nessun impegno per i paesi in via di sviluppo, cioè esattamente come nel precedente protocollo di Kyoto (attualmente in vigore fino al 2012);
– l’Algeria a nome dei paesi africani, per sottolineare la necessità di arrivare ad un accordo che fornisca aiuti concreti all’Africa già flagellata dalle conseguenze dei cambiamenti del clima, come la crescita della desertificazione, la riduzione delle risorse idriche, la migrazione di intere popolazioni colpite dalla mancanza di risorse alimentari, l’aumento delle malattie e delle infezioni;
– l’Arabia Saudita, per chiedere una Commissione internazionale di inchiesta per indagare sul recente scandalo scientifico, denominato «climategate» sulla manipolazione dei dati climatici, perché con l’allarme e l’enfatizzazione del riscaldamento del clima, i paesi produttori di combustibili fossili stanno subendo perdite economiche rilevanti per le loro economie;
– Grenada, a nome della Aosis (l’Alleanza degli Stati delle piccole isole oceaniche), per chiedere che l’obiettivo del nuovo trattato sia quello di contenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5 °C e non al di sotto di 2°C e di porre come limite per la stabilizzazione delle concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica 350 ppm e non 450 ppm, dal momento che le piccole isole oceaniche, costituite prevalentemente da atolli sabbiosi, saranno le prime ad essere cancellate per innalzamento anche minimo del livello del mare;
– la Svezia, a nome della Unione europea, per sottolineare l’esigenza di pervenire ad un trattato unico, omnicomprensivo e vincolante per tutti, contenente sia la parte basata sulla «Road map di Bali», sia la parte riguardante il protocollo di Kyoto emendato, e di non di portare avanti due trattati paralleli come richiesto precedentemente dal Sudan, a nome di paesi in via di sviluppo e della Cina.