Per piazzarci i nostri ombrelloni spesso arriviamo a smantellare le stesse dune embrionali; abbiamo privato il sistema, che vive, dei suoi primi strati esterni e protettivi nei confronti di quelli interni. Un po’ come una cellula che si dota di pareti, membrane, senza delle quali nucleo e citoplasma sono direttamente esposti alla distruzione. Privandolo del primo tassello (spiaggia asciutta), e poi del secondo (dune embrionali) e poi del terzo (dune mobili) la mareggiata può direttamente attaccare (ecco l’erosione), senza incontrare nessuna azione frenante, il tassello che segue: la duna fissa, un altro tassello pulsante del sistema spiaggia. E se non arriva il mare c’è il vento a seppellire di sabbia quest’altra fascia (deflazione eolica), fenomeno, altrettanto destrutturante quanto l’erosione.
Nella duna fissa, la sabbia (di qui il nome) è imbrigliata e fissata appunto da una fittissima rete di apparati radicali, questa volta di piante perenni (e non in genere annuali come negli altri) come arbusti di ginepro coccolone (Juniperus macrocarpa) e ginepro fenicio (Juniperus turbinata). Siamo nella boscaglia costiera, resa più intricata da lentisco (Pistacia lentiscus), fillirea (Phyllirea sp.), stracciabraghe (Smilax aspera) che si è potuto strutturare e perché tutti i tasselli antistanti hanno reso la sabbia gradualmente sempre più fissa e stabile.
Questo tratto può avere sviluppi estesi essendo riparata dai venti (dune mobili e fisse) e più umida e dovrebbe consentire lo sviluppo di un bosco a leccio (foresta mediterranea); nelle fasce retrodunali si realizzano inoltre depressioni ove si hanno accumuli di acqua salmastra (stagni retrodunali) con altre comunità di piante.