Lo studio, condotto da Natalie Mahowald, professore associato di scienze della terra e dell’atmosfera alla Cornell University (Usa), ha utilizzato i dati disponibili e le elaborazioni modellistiche al computer perseguendo il fine di stimare la quantità di polvere del deserto o di particelle di suolo in atmosfera
La quantità di polveri in atmosfera terrestre è raddoppiata nel corso dell’ultimo secolo; questo è quanto emerge da uno studio realizzato dalla Cornell University (Usa) e presentato all’American Geophysical Union.
Lo studio, condotto da Natalie Mahowald, professore associato di scienze della terra e dell’atmosfera alla Cornell University (Usa), ha utilizzato i dati disponibili e le elaborazioni modellistiche al computer perseguendo il fine di stimare la quantità di polvere del deserto o di particelle di suolo in atmosfera, nel corso del XX secolo. È il primo studio che traccia la fluttuazione di un aerosol naturale (non antropico) in tutto il mondo nel corso di un secolo.
Per la prima volta i ricercatori hanno stimato la quantità di polvere presente in atmosfera per cercare di capire quanto questo materiale possa influenzare le variazioni climatiche in atto. La polvere, infatti, limita la quantità di radiazione solare che raggiunge la Terra, un effetto che pertanto risulta opposto a quello prodotto dal riscaldamento causato dall’aumento di anidride carbonica in atmosferica. L’aumento di polvere, inoltre, può influenzare il formarsi di nubi e precipitazioni, con aumento di siccità che a sua volta conduce a un più alto grado di desertificazione con conseguente maggiore produzione di polvere.
Per misurare le fluttuazioni avvenute nel corso del secolo, i ricercatori hanno raccolto i dati esistenti in carote di ghiaccio, sedimenti lacustri e coralli; bene, ciascuno di questi giacimenti naturali contiene le informazioni sulle concentrazioni di polvere del deserto che, in tempi stimabili, hanno attraversato la specifica regione. L’utilizzo di un sistema di elaborazioni modellistiche al computer ha portato ad individuare importanti risultati; tra questi si è scoperto, ad esempio, che i cambiamenti regionali di temperatura e di precipitazione hanno causato una riduzione complessiva di assorbimento del carbonio terrestre di 6 parti per milione (ppm) nel XX secolo. Il modello ha anche mostrato che la polvere depositata negli oceani ha aumentato l’assorbimento di carbonio dall’atmosfera del 6%, oppure 4 ppm.
In definita, mentre la maggior parte delle ricerche relative agli impatti aerosol sul clima è focalizzata su aerosol di origine antropica (quelli direttamente emessi dagli esseri umani attraverso la combustione), Mahowald ha dimostrato, con la sua ricerca, l’importanza del ruolo degli aerosol naturali. Lei stessa infatti dice: «Ora finalmente abbiamo alcune informazioni su come la polvere del deserto è fluttuante. Questo ha un impatto molto grande per la comprensione della sensibilità climatica».
Insomma, uno studio che sottolinea l’importanza di raccogliere più tipologie di dati e di effettuare stime di correlazione tra gli stessi. Lo studio è notevole infatti proprio per la varietà di settori rappresentati che spaziano dalla geochimica marina alla modellazione computazionale, ecc. Uno studio complesso e pieno di soddisfazioni per gli addetti ai lavori che invece spinge noi tutti a guardare gli impatti climatici in modo più integrato senza esclusione di colpi.