Il mantenimento della vita implica elevati costi energetici, che non potrebbero assolutamente essere sostenuti se non vi fosse una «multiapplicata» serie di relazioni tra le parti
Iniziamo a pubblicare una serie di articoli di Roberto Cazzolla Gatti. Biologo ambientale ed evolutivo, segue un Dottorato di ricerca in Ecologia Forestale sulle foreste tropicali africane presso l’Università di Viterbo.
Collabora con l’Ufficio Foreste e Conservazione del Wwf Italia e lavora presso il Dipartimento per le Risorse naturali, Acqua e Terra (Nrl) della Fao (Agenzia delle Nazioni unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione).
È membro della Cem (Commissione per la Protezione degli Ecosistemi) e della Wcpa (Commissione mondiale aree protette) dell’Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura). Per l’Iucn è anche Coordinatore del Gruppo per l’Adattamento ai Mutamenti Climatici, con cui ha pubblicato il libro dal titolo «Costruire la resilienza ai mutamenti climatici».
È stato fondatore e per 7 anni responsabile della sezione Wwf di Gioia-Acquaviva-Santeramo ed attualmente segue la rete Energia e Biodiversità del Wwf Puglia.
Vegetariano e promotore dell’Economologia, la nuova scienza che unisce l’Ecologia all’Economia, è anche autore della Teoria delle Nicchie biodiversità-dipendenti, presentata nel 2010 al XX Convegno della Società italiana di ecologia.
«Che cos’è la vita?» si chiedeva Schrödinger1 nel 1944 aprendo le porte alla scoperta delle basi molecolari del Dna, seguendo un approccio puramente fisico. E se dalla domanda dello scienziato austriaco ad oggi molti passi sono stati fatti e molte scoperte in ambito microscopico, genetico ed atomico sono state realizzate, siamo ancora lontani da una comprensione esaustiva dell’organizzazione della vita e delle relazioni che la sostengono.
La vita, a ben pensarci, sembra in realtà essere l’eccezione nelle leggi fisiche dell’Universo e non la regola. Un essere vivente è, come sottolineato da Ilya Prigogine2, un sistema dissipativo in grado di funzionare lontano dall’equilibrio, trasformando una forma ordinata di energia in entropia, che ne è una sua versione più vicina al caos. Eppure siamo soliti definire con il termine caos qualcosa che non può essere spiegato dalla matematica disponibile attualmente ed ogniqualvolta un modello prevede l’utilizzo di equazioni non lineari che presentano punti di biforcazione che tendono, col tempo, all’incremento esponenziale dei diversi punti della mappa delle soluzioni, definiamo il sistema tendente al caos. Tale definizione, racchiude in sé la nostra ignoranza sulle dinamiche che regolano sistemi a più variabili. Simili sistemi sono nient’altro che reti.
Che cos’è una rete ecologica
Una rete è un’insieme di elementi uniti da relazioni chimiche e fisiche (e riassumibili in termini matematici non lineari) che possiedono meccanismi di feedback (retroazione) positivi e negativi che permettono all’intera rete di autosostenersi. Si intende, con quest’ultima espressione, il concetto proposto da Ettore Maturana e Francisco Varela3 di sistemi autopoietici, cioè in grado di farsi e mantenersi da soli. Ma la rete non è qualcosa di visibile e nessuno strumento è in grado di rilevarla. Nell’ambito delle scienze biologiche ed ecologiche la rete assume una particolare importanza quale principale modalità di interrelazione tra le variabili appartenenti agli ecosistemi ed alla biosfera intera.
Parliamo di rete ecologica per definire l’insieme delle relazioni tra parti, siano esse biotiche che abiotiche. Sino a pochi decenni fa (ed in alcuni fora ancora oggi) si riteneva che i sistemi viventi fossero paragonabili a congegni meccanici (come sosteneva Cartesio) e, quindi, spiegabili con le leggi della meccanica classica. Negli ultimi anni ci si è resi conto che tali formulazioni e semplificazioni non fossero più sufficienti a definire come i singoli componenti di un sistema vivente potessero mantenere quella profonda trama della vita di cui si compone, per quanto ci è noto, almeno il pianeta Terra. Il mantenimento della vita implica elevati costi energetici, che non potrebbero assolutamente essere sostenuti se non vi fosse una «multiapplicata» serie di relazioni tra le parti. Basti pensare a quali possibilità di sopravvivenza avrebbe l’essere umano su un pianeta privo di altre forme viventi. Si potrebbe, quindi, sostenere che la vita stessa crea le condizioni per il mantenimento della vita. Il ragionamento, seppur apparentemente tautologico, implica invece profonde riflessioni sulle nostre moderne convinzioni e sul ruolo dell’ambiente naturale.
La teoria delle nicchie
Come ho recentemente proposto con la Teoria delle Nicchie Biodiversità-dipendenti (Bndt) presentata al XX Congresso della SItE 20104 nel tentativo di colmare l’ultimo gap per una formulazione vitalistica delle leggi naturali dopo quelle proposte da Prigogine, Maturana e Varela, le possibilità che una specie ha di trovare un ambiente favorevole da colonizzare dipendono dalla stessa rete ecologica che è stata intessuta in un particolare ambiente. È la presenza stessa di specie la cui storia naturale ha stabilizzato la competizione in favore della cooperazione o, come l’ho definita nella Bndt, della facilitazione vitale a permettere ad altre specie di poter vivere. Non è più, quindi, solo l’ambiente a mettere a disposizione particolari condizioni per la sopravvivenza di determinate specie tolleranti, ma sono le specie stesse che con la loro stessa presenza e modificando l’ambiente, creano le condizioni favorevoli per la creazione di nuove nicchie e l’arrivo di altre specie.
Immaginiamo, ad esempio, un albero. Le radici potrebbero essere le specie pioniere che colonizzano un ambiente privo di altri esseri viventi (come ad esempio dopo un uragano, un incendio, etc.). Dopo di queste, in una classica successione ecologica, compaiono le prime specie generaliste che monopolizzano l’ambiente e possono essere rappresentate dal tronco del nostro immaginario albero. La crescita di queste ultime porta a due fondamentali conseguenze. La prima è un aumento delle dimensioni della nicchia fondamentale (quelle presenti prima dell’arrivo di queste specie) e questo è facilmente riscontrabile se si considerano, come esempio, gli innumerevoli nuovi «spazi» messi a disposizione da una specie (quali i microhabitat, le nuove risorse trofiche, la modifica dell’umidità e della temperatura, la produzione di escrementi, l’avvio di cicli biogeochimici).
La seconda, la si può identificare nel processo di crescita dei rami e delle foglie del nostro albero immaginario. Se, infatti, consideriamo ogni ramo una nuova specie selettiva che trova nicchie favorevoli per la sua sopravvivenza «mediata» dalla presenza delle specie «tronco» generaliste, possiamo immaginare come ogni specie esponenzialmente consenta la vita delle altre. Le foglie, in qualche modo, rappresenterebbero il livello di sovrapposizione delle nicchie delle nuove specie.
Utilizzando questa nuova formulazione del concetto di nicchia ecologica, che la vede non più come statico insieme di condizioni e ruoli riferiti ad ogni specie, ma come un dinamico evolversi di potenziali «spazi biologici dipendenti dalla diversità di specie», e cioè incrementata nel suo ipervolume basale dagli altri esseri viventi, ci accorgiamo di come questa rete di relazioni si arricchisca di nuove connessioni ogni qual volta un nodo viene, letteralmente, prodotto dalla rete stessa.
Volendo estendere questo approccio all’insieme dei sistemi biotici ed abiotici, riscontriamo l’incredibile serie di connessioni che legano gli esseri viventi tra di loro e con l’ambiente circostante. Gli elementi abiotici fondamentali, come acqua, aria e terra, assumono il ruolo di substrato sul quale la rete può prosperare. Il sole, con la sua duplice componente di luce e calore, fornisce alla rete quel flusso unidirezionale che ne permette l’organizzazione, il mantenimento e l’alimentazione. Abbiamo, dunque, una rete che crea i suoi stessi nodi (autopoietica), con nodi che l’alimentano e la modificano (mediante la facilitazione vitale della Bndt) e con un flusso costante di energia che ne permette il funzionamento (dissipativa).
In altre parole, possediamo ora le tre teorie fondamentali che definiscono la «rete ecologica» non solo come concetto astratto, bensì come legge naturale. Tenendo a mente questa legge appare differente persino l’osservazione diretta degli ecosistemi. Un bosco, ad esempio, non ci apparirà più come un insieme di rocce, piante, animali ed acqua, ma come una fitta rete di connessioni tra elementi naturali. Vediamo che l’uomo stesso, con un simile approccio, non può più essere considerato estraneo alle leggi di natura ed alle relazioni che lo legano all’ambiente circostante, ma diventa nodo costituente della rete di cui fa parte. Poiché gli interventi di questo nodo, spesso, portano alla rottura dei legami con altri nodi della maglia multidimensionale, li si può senza dubbio considerare come dannosi per la rete.
Ecco, quindi, che il concetto di rete ecologica, passando dalla meccanica newtoniana all’astrazione fisica, dai modelli caotici alla formulazione vitalistica delle leggi di natura, assume valore fondamentale nella comprensione ecologica e del ruolo umano sugli ecosistemi. Il caos che prima consideravamo come indefinibile sviluppo di un sistema, diventa ora una distribuzione di probabilità degli effetti che un nodo può indurre sugli altri, consegnandoci strumenti per una miglior comprensione del mondo e delle sue infinite relazioni.
Con questa introduzione vogliamo inaugurare una nuova Sezione di «Villaggio Globale» dal titolo «La Rete Ecologica», con l’intento di approfondire quei concetti che in qualche modo stanno cambiando il nostro modo di guardare alla madre che sostiene le nostre vite.
(Le foto sono di Roberto Cazzolla Gatti)
1Schrödinger Erwin – Che cos‘è la vita? La cellula vivente dal punto di vista fisico – Adelphi, 1995
2Ilya Prigogine – Gregoire Nicolis, Le strutture dissipative. Auto-organizzazione dei sistemi termodinamici in non-equilibrio, Sansoni, Firenze, 1982
3Maturana, H.R., Varela, F.J., 1985, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Venezia, Marsilio
4Gatti Cazzolla R., La Teoria delle Nicchie Biodiversità-dipendenti, Atti del XX Congresso della Società Italiana di Ecologia Site, Roma, 2010