Castel del Monte residenza imperiale per la cura del corpo e dello spirito

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Il maniero, nell’insieme, appare concepito e realizzato come una macchina di ingegneria idraulica, in grado di soddisfare le necessità, forte di 5 cisterne pensili, di cui 2 a piano terra, 5 grandi camini e le relative superfici interne ed esterne, progettate per raccogliere e veicolare le acque meteoriche

 

 

Simbolo della Puglia dal XIII secolo, Castel del Monte ha da sempre polarizzato le attenzioni degli studiosi di tutto il mondo. Esso è, come dice l’Unesco, un capolavoro unico dell’architettura medievale, che riflette l’umanesimo del suo fondatore: Federico II di Svevia.

La sua forma fortemente geometrica e unica rispetto ad altri edifici medioevali, l’articolazione su due livelli, la collocazione geografica, ha prodotto almeno 500 ricerche in tutto il mondo, nessuna delle quali però è riuscita a svelare e a convincere fino in fondo i perché di quel castello così «diverso». La scarna documentazione storica a disposizione ha dettato ipotesi e non certezze. Due ricercatori della facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, Giuseppe Fallacara e Ubaldo Occhinegro, aprono un nuovo squarcio di verità e sostengono una tesi davvero credibile. Una congiunta ricerca, recentemente pubblicata, spiega le ragioni di quel progetto voluto fortemente e fatto realizzare dall’imperatore.

I loro studi si sviluppano all’interno del Dottorato di ricerca in «progettazione architettonica per i Paesi del Mediterraneo» della facoltà di Architettura a partire dal 2009. E dopo tre anni, nello scorso giugno 2012, approdano ad una conclusione. Attraverso la lettura, le misure e le osservazioni di quel libro di pietra, così come si presenta oggi, ricostruiscono a ritroso, superando i mascheramenti dei diversi interventi di restauro (1879, 1928, 1975-81) e approdano al progetto iniziale, per stabilirne il fine.

«Castel del Monte – dicono – fu edificato nell’ambito del potenziamento di tutte le strutture fortificate dell’Italia meridionale. Accanto a queste, Federico II, pensò alla costruzione di un tempio, il più magnifico di tutti gli edifici da lui visti ed ammirati, da Palermo a Roma, da Beirut a Gerusalemme. Un tempio per lo spirito, per la cura del corpo e per il culto della bellezza, alla ricerca dell’immortalità che gli spettava di diritto, quale imperatore di tutti gli uomini, eletto direttamente da Dio e lo fa realizzare, secondo tecniche orientali, legate agli Hammam arabi, veri centri di cura del corpo, di origine romana, che si avvalgono dell’uso di vapore, acqua corrente e variazioni di temperatura degli ambienti».

Fallacara e Occhinegro realizzano una ricostruzione del castello attraverso le immagini, così come doveva apparire al visitatore del 1240. Segnano il percorso funzionale dall’ingresso, spiegano le ragioni degli spazi su entrambi i due livelli, apparentemente uguali. Il maniero, nell’insieme, appare concepito e realizzato come una macchina di ingegneria idraulica, in grado di soddisfare le necessità, forte di 5 cisterne pensili, di cui 2 a piano terra, 5 grandi camini e le relative superfici interne ed esterne, progettate per raccogliere e veicolare le acque meteoriche. Numerosi i dettagli, i singoli elementi che, come tessere di un puzzle, trovano la giusta collocazione, e, come d’incanto, aprono una ad una le porte di una tesi finora inedita e credibile.

 

(Fonte Politecnico di Bari)