«Forse non potremo mai predire quando accadrà la prossima valanga o il prossimo terremoto, anche se questo è quello che vorremmo. Ma, a poco a poco, stiamo comprendendo le leggi che regolano la dinamica dei sistemi complessi». Nel gruppo di ricerca anche la Fondazione Isi e lo Ieni-Cnr
Prevedere un terremoto, ormai lo sappiamo ed è noto da tempo, è pressoché impossibile. Ma non è del tutto impossibile, studiando le caratteristiche geologiche di una determinata regione del nostro pianeta, e quindi prevederne, statisticamente, alcuni per un largo periodo di tempo. Oppure a comprenderne la dinamica: in questo caso, i metodi sono diversi, ma uno, in particolare, pare suscitare, di recente, grande interesse da parte degli scienziati. Un contributo infatti, pare arrivare dai magneti, che non a caso hanno in comune, con la crosta terrestre, la loro superficie, che non è uniforme, ma possiede forti discontinuità tra una zona e l’altra. E sarebbero i domìni magnetici disordinati, molto simili tra loro tra quelli dei magneti e quelli della crosta terrestre, a creare rotture e valanghe.
Cosa c’entrano i magneti con gli studi sui terremoti, o ancor più, con le valanghe? Parecchio, a quanto pare, perlomeno in termini statistici e probabilistici. Ce lo spiega uno studio dell’Inrim (Istituto nazionale di ricerca metrologica), che ha sede a Torino presso il Parco Colonnetti, e in particolare il ricercatore che ha condotto, assieme ad un team di altri studiosi, questo tipo di studi sul comportamento di alcuni magneti, l’italiano Gianfranco Durin.
Il gruppo di lavoro di Durin, ha pubblicato nei giorni scorsi i risultati della propria ricerca teorico-sperimentale sul numero di aprile della rivista Nature Physics (7, pp. 316-320, 2011): «Studiando la dinamica di alcuni magneti – afferma Durin, ricercatore presso l’Inrim e la Fondazione Isi – ci siamo accorti che alcune proprietà sono molto generali e vanno oltre la fisica dei materiali che studiamo. In pratica ci aiutano a capire come evolvono i sistemi che noi chiamiamo complessi, come per esempio i terremoti».
Il team composto da scienziati italiani (Inrim, Fondazione Isi e Ieni-Cnr), statunitensi (Cornell University di Ithaca) e brasiliani (Centro Brasileiro de Pesquisas Físicas di Rio de Janeiro e Universidade Federal do Rio Grande do Norte di Natal) ha misurato le «valanghe» che si realizzano in un sottile film di materiale magnetico.
«È strano pensare che esistano valanghe anche in materiali così piccoli e non solo sulle montagne – prosegue Gianfranco Durin – eppure è quello che accade. I sistemi complessi si caratterizzano infatti per una dinamica fatta di eventi casuali, imprevedibili e di intensità molto variabile».
«Possiamo anche immaginare – aggiunge – in modo meno macroscopico, ciò che si crea quando costruiamo un castello con la sabbia. Possiamo notare, sopra di esso, che di tanto in tanto si verificano delle piccole rotture, con piccole cascate di sabbia. È ciò che si verifica in alcuni compartimenti di magneti che studiamo nei nostri laboratori».
La chiave per comprendere questi fenomeni non sta nel singolo evento, che è sempre casuale e imprevedibile, ma nei comportamenti medi. Che si ricavano solo misurando ripetutamente moltissimi eventi: «Per questo i magneti ci aiutano – prosegue ancora Durin – perché in laboratorio possiamo misurare con relativa facilità milioni di valanghe. Quello che abbiamo scoperto con questa ricerca è piuttosto sorprendente: tutte le valanghe hanno una forma che in media è molto semplice, una parabola rovesciata. E abbiamo anche compreso le ragioni profonde per cui viene questa forma e non un’altra. È un risultato così importante che noi definiamo queste proprietà universali».
«Riusciamo a studiare questi fenomeni in dettaglio – aggiunge – osservando le fratture che si verificano in strutture piccolissime, dell’ordine del micron e anche meno. Quando si verifica un evento di questo genere, di solito c’è una sorta di segnale in uscita che ci anticipa il segnale della piccola valanga che si verifica nel magnete».
«In pratica, questi studi rappresentano un approccio iniziale, che potrà permetterci poi di rivolgerci ad eventi più grandi su scala universale».
«Certamente – conclude Durin – forse non potremo mai predire quando accadrà la prossima valanga o il prossimo terremoto, anche se questo è quello che vorremmo. Ma, a poco a poco, stiamo comprendendo le leggi che regolano la dinamica dei sistemi complessi, al punto che possiamo affermare che i magneti nel loro piccolo ci aiutano a comprendere i grandi fenomeni, nonostante le differenti dimensioni».