Secondo uno schema ben collaudato le centrali della disinformazione iniziano a seminare dubbi. Eppure i prodotti bio fanno bene a tutti. Ecco che cosa hanno nascosto. Ad esempio hanno detto «a bassa voce» che più di un terzo dei prodotti convenzionali contenevano consistenti residui di antiparassitari, rispetto al sette per cento dei campioni prelevati dai prodotti biologici e che la carne di pollo e di maiale biologica ha una probabilità del 33 per cento in più di contenere batteri resistenti a tre o più antibiotici rispetto alla carne prodotta con metodi convenzionali
Hanno destato molto clamore recenti ricerche pubblicate su prestigiose riviste scientifiche internazionali che dimostrano il limitato vantaggio di un’alimentazione biologica rispetto ad una basata su cibi provenienti da agricoltura ed allevamento industriali. Purtroppo, l’industria agrochimica si è spesa molto per finanziare queste ricerche, permettendo la diffusione di un’informazione parziale e distorta che danneggia il mercato del biologico, già minacciato dalla crisi economica e dall’indifferenza del consumatore.
Un primo studio pubblicato sul «Journal of the Science of Food and Agriculture», rivista della Society of Chemical Industry’s (Sci), nel 2008 già puntava il dito contro i cibi biologici affermando: «Molte persone sarebbero disposte a pagare più di un terzo per gli alimenti biologici nella convinzione che essi contengano più nutrienti del cibo coltivato con pesticidi e prodotti chimici. La ricerca dalla dott. Susanne Bügel e colleghi del Dipartimento di Nutrizione Umana, Università di Copenhagen, mostrano invece che vi è una chiara evidenza a sostegno del contrario».
Lo studio aveva esaminato carote, cavoli, piselli, mele e patate coltivati con concime animale e nessun pesticida o con l’applicazione di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Dopo la raccolta, i risultati mostravano che non vi erano differenze sostanziali nei livelli di nutrienti importanti e vitamine nella frutta e verdura coltivate con i diversi metodi.
I prodotti provenienti dalle coltivazioni biologiche e coltivati in maniera tradizionale sono stati poi somministrati agli animali per un periodo di due anni e l’assunzione e l’escrezione di vari minerali e oligoelementi sono stati misurati. Ancora una volta, i risultati hanno dimostrato che non vi è alcuna differenza nella quantità di nutrienti indipendentemente da come i raccolti fossero stati condotti.
Questo settembre un nuovo studio ha riportato in auge la questione. Alcuni ricercatori della Stanford University e dell’Health Care System Veterans Affairs di Palo Alto hanno esaminato più di 200 studi ed hanno confrontato sugli «Annals of Internal Medicine» sia la salute delle persone che avevano mangiato alimenti biologici e convenzionali sia i livelli di nutrienti e di contaminanti negli alimenti stessi.
I ricercatori hanno dimostrato che non vi è alcuna differenza nella quantità di vitamine nei prodotti vegetali e animali ottenuti con metodi biologici o convenzionali e che l’unica differenza riguardava il contenuto di fosforo leggermente più elevato nei prodotti biologici.
Già quest’ultimo aspetto, però, è stato posto in ombra nello studio. Il fosforo, infatti, è uno degli elementi meno disponibili in forma pura sulle terre emerse ed è necessaria una combinazione di piante, batteri, sostanze organiche nel suolo ed ecosistemi in buona salute affinché sia disponibile negli ortaggi coltivati. Una maggior presenza di fosforo negli alimenti di tipo biologico è già da sola conferma della miglior qualità di questi alimenti e dei terreni su cui si coltivano.
Lo studio, che ha fatto molto piacere alle industrie chimiche che producono i pesticidi e che hanno finanziato molti studi simili, ha detto «a bassa voce» di aver comunque rilevato che più di un terzo dei prodotti convenzionali contenevano consistenti residui di antiparassitari, rispetto al sette per cento dei campioni prelevati dai prodotti biologici e che la carne di pollo e di maiale biologica ha una probabilità del 33 per cento in più di contenere batteri resistenti a tre o più antibiotici rispetto alla carne prodotta con metodi convenzionali.
Ad esempio, su 99 studi che hanno confrontato il contenuto energetico degli alimenti biologici e non biologici, fonti indipendenti confermano che solo 29 erano validi. Il resto considerava alimenti che non erano stati coltivati secondo le rigide linee guida stabilite dal biologico.
L’altra insistente critica all’agricoltura biologica arriva da sociologi ed economisti che la incolpano di essere più dispendiosa in termini di suoli coltivabili, acqua, concimi e di ridurre la quantità di cibo disponibile per sfamare una popolazione in rapida crescita.
È, però, necessario fare chiarezza in maniera obiettiva sui punti sollevati dalle ricerche scientifiche e dai «bioscettici».
Innanzitutto gli studi realizzati sinora, tra cui il nuovo rapporto pubblicato a settembre di quest’anno, analizzano da fonti spesso poco chiare il contributo dell’agricoltura biologica in termini di nutrienti e vitamine rispetto agli alimenti convenzionali. Questi indicatori non sono in grado di quantificare il valore del biologico, poiché misurano solamente fattori intrinseci al metabolismo della pianta che, ovviamente, potrebbe variare poco tra agricoltura industriale e biologica. D’altra parte numerose ricerche (vedi Peter Tompkins, La Vita Segreta delle Piante, Il Saggiatore, 2009) hanno dimostrato che, seppur il quantitativo di minerali e vitamine contenuto nelle singole piante possa essere simile, vi è una differenza sostanziale nella qualità degli elementi nutritivi in relazione allo stato di «benessere» in cui la pianta ha trascorso la sua esistenza. Appare chiaro che l’assenza di contaminanti chimici, di concimi industriali e la rotazione delle colture, il suolo decontaminato, la presenza di batteri azotofissatori, etc. che caratterizzano le coltivazioni biologiche sono certamente elementi di qualità per la crescita delle piante.
Oltre al discorso tra quantità e qualità dei nutrienti, molti altri sono gli elementi che è necessario evidenziare affinché non si fornisca un’informazione parziale e condizionata.
Primo, la maggior parte degli studi omette, minimizza o nasconde palesemente che il quantitativo di metalli pestanti, diossine, contaminanti in tracce e residui petrolchimici è di gran lunga superiore nella frutta e negli ortaggi coltivati con metodologie industriali estensive, rispetto a quelli che garantiscono gli standard del biologico. Inoltre, spesso si tende ad ignorare il ben noto processo di magnificazione biologica, che rende bioaccumulabili nei tessuti degli animali i residui chimici contenuti nei vegetali di cui essi si alimentano sino a livelli pericolosi per la salute umana. Questo processo è sostanzialmente ridotto negli allevamenti biologici.
Secondo, le notizie eclatanti che inneggiano all’inutilità di spendere più soldi per acquistare l’organic food, colpevolmente dimenticano che i principi di coltivazione biologica vietano l’utilizzo di organismi geneticamente modificati, i cui effetti sono stati recentemente documentati da uno studio portato avanti per due anni da alcuni ricercatori francesi su 200 topi nutriti con mais transgenico, in particolare l’NK 603 della Monsanto. Le conclusioni esposte negli estratti dello studio (che ha dato il titolo anche a un film tratto dallo studio, «Tutti cavie!») sono opera di Gilles-Eric Séralini, professore di biologia molecolare all’università di Caen e capo della sperimentazione. Il gruppo di ricerca ha riscontrato un’altissima incidenza di insorgenza di tumore nei topi alimentati con mais transgenico. Se si considera che quasi il 90% del mais in circolazione è Ogm e che questo tipo di coltivazione alimenta la maggior parte dei bovini, suini e polli in vendita sul mercato, si coglie l’ulteriore vantaggio dell’alimentazione biologica.
Il terzo ed ultimo punto da chiarire è di tipo socio-politico piuttosto che nutrizionale. Come si può pensare di alimentare 9 miliardi di persone con l’alimentazione biologica poco efficiente e localizzata? chiedono a gran voce gli scettici e gli affaristi dell’agrochimica.
La risposta appare banale, eppure non compare in nessuna pubblicazione che tende a sminuire i vantaggi del biologico. È vero che l’agricoltura sostenibile necessita di un maggior quantitativo di terre coltivabili, ma non bisogna dimenticare che essa preserva i suoli, non contamina le acque e le falde, garantisce la biodiversità agricola e degli ecosistemi e riduce l’inquinamento derivante dalla produzione dei pesticidi (oltre ai già citati vantaggi riguardanti la contaminazione chimica dei cibi e l’utilizzo di Ogm).
Ma agli accaniti oppositori del «tanto pè magnà» tutto questo non basta e così va sfregata la lampada di Aladino ed espresso l’ultimo desiderio. «Dimmi tu, o Genio della lampada, come rispondo a chi accusa i fautori dell’alimentazione biologica di voler affamare mezzo mondo?». «Facile – risponderebbe il Genio – basterebbero tre semplici azioni: il tuo popolo abile a criticare il buono e la qualità ed osannare il brutto e la quantità, dovrebbe mangiare un po’ di meno, visto che molti di voi sono obesi o quasi, buttare meno cibo e ridurre notevolmente il consumo di carne e pesce, diventare vegetariano o quasi».
Così, con un colpo di genio, ecco risolto l’ultimo dilemma: se accompagnassimo una miglior distribuzione delle risorse alimentari con la riduzione degli sprechi e del cibo di scarsa qualità consumato attualmente e passassimo ad un’alimentazione vegetariana o semi-vegetariana basata prevalentemente su cibi biologici, non avremmo più necessità di maggiori terreni coltivabili (anzi la riduzione del consumo di proteine animali farebbe risparmiare acqua e suoli anche rispetto all’agricoltura tradizionale) e potremmo sentirci felici di mangiar sano, rispettando la nostra salute, quella del Pianeta e di chi ancora, non certo per colpa dei fautori del biologico (anzi) continua a soffrire per malnutrizione.
È davvero affascinante come quest’umanità sia abile nel mistificare la realtà e le evidenze che permetterebbero a tutti di vivere una vita sana e felice, in favore di momentanei interessi economici dettati perlopiù da multinazionali aggressive e disposte a tutto, che ti farebbero ingurgitare tonnellate di mais Ogm, stracarico di pesticidi e proveniente da centinaia di chilometri di distanza pur di permettere al loro magnate di finire nella tomba con un patrimonio milionario.
Peccato che ad un corpo zeppo di sostanze chimiche dannose, che si ammala di cancro per ciò che mangia e si preoccupa di risparmiare 20 euro al mese a scapito dell’acquisto di cibo di qualità (perché il biologico costa di più, è vero, ma è giusto così) pur di comprare il nuovo iPhone o il jeans di marca, serve davvero a poco ciò che porti con te quand’ormai alla vita hai lasciato solo un corpo intriso veleni. Ammalarsi di cibo è la più assurda delle invenzioni dell’uomo. Nessun altro animale è capace di farlo. Ma abbiamo inventato la scienza che ci dice ciò che non fa male.
Quindi, buon piatto di insalata fantasia alla monsanto condita all’industriale, che l’élite di scienziati moralmente devastata ci assicura essere meglio della lattuga coltivata in giardino, tra lumache, passeri e qualche sana gallina a concimarla.