Non declassate il camoscio d’Abruzzo

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Nella prossima riunione del Comitato esecutivo della Convenzione di Washington, che si terrà a Bangkok dal 3 al 14 marzo 2013, su richiesta dei paesi europei guidati dalla Danimarca (senza l’opposizione dell’Italia), sarà richiesto il declassamento della specie Camoscio d’Abruzzo. Quali le conseguenze

Il Comitato parchi nazionali, il Centro Studi Ecologici Appenninici e il Gruppo Camoscio Italia hanno reso noto che nella prossima riunione del Comitato esecutivo della Convenzione di Washington, normalmente conosciuta come Cites, che si terrà a Bangkok dal 3 al 14 marzo 2013, su richiesta dei paesi europei guidati dalla Danimarca (senza l’opposizione dell’Italia), sarà richiesto il declassamento della specie Camoscio d’Abruzzo (Rupicapra ornata, Neumann 1899) con l’esclusione dall’Allegato I della suddetta Convenzione di Washington.
Richiesta incomprensibile e non condivisibile, dato che l’inclusione nell’Allegato I assicura la massima protezione e quindi la massima repressione per la difesa e tutela delle specie inserite.
È noto che in Italia purtroppo è ancora diffuso il bracconaggio a scopo commerciale e collezionistico su specie rarissime, e ne consegue quindi che un declassamento incentiverebbe sicuramente tale pratica, spuntando le armi a chi è delegato alla repressione di questi fenomeni, e mettendo a serio rischio la sopravvivenza della specie.
Il Parco nazionale d’Abruzzo fu istituito nel 1922 proprio per tutelare l’ultimo nucleo di Camosci rifugiatosi nella Camosciara: questo perché pochi anni prima, nel 1913, era stata calcolata la sopravvivenza di un nucleo residuo di appena 15-30 superstiti in quel territorio, e quindi in tutta l’Italia.
Nel 1969 il nucleo risultava composto da circa 150-200 esemplari, quindi sempre con serissimo rischio di totale estinzione; in quell’anno assumeva la direzione del Parco Franco Tassi, che dava nuovo impulso alle politiche di tutela e repressione di abusi, compreso il bracconaggio, grazie alla rivitalizzazione dell’Ente e alla motivazione del personale. I risultati non tardarono, consentendo al Camoscio una lenta e costante espansione fino a superare il numero di circa 500 individui negli anni novanta.
Successivamente l’Ente Parco avviò anche una lungimirante operazione di ricostituzione di nuclei di Camosci in altri territori dove era stato presente storicamente (Gran Sasso e Maiella), al fine di consentire una più sicura difesa della specie con la creazione di nuovi nuclei distanti dall’areale originario.
Al 2012 la specie risulta presente nei Parchi d’Abruzzo, Maiella, Gran Sasso, Sirente-Velino e Monti Sibillini, raggiungendo un numero di individui calcolato intorno ai duemila capi: ovviamente la specie non può ancora essere dichiarata fuori pericolo, ma va costantemente tutelata e monitorata per consentirne un graduale e sicuro aumento.
Ma la richiesta di declassamento risulta oltretutto inammissibile, perché il Camoscio d’Abruzzo non rappresenta una semplice sottospecie marginale del Camoscio dei Pirenei, come qualcuno vorrebbe far ritenere, bensì una buona specie a sé stante, come la Direzione del Parco aveva sostenuto, e come confermano ora recenti accurate indagini genetiche.
Pertanto l’Associazione I Lupi dell’Appennino chiede ai rappresentanti italiani in seno alla Commissione della Convenzione di Washington di opporsi al declassamento della specie Camoscio d’Abruzzo (Rupicapra ornata), impedendo che siano vanificati gli sforzi compiuti dallo Stato e dai dipendenti (dal Direttore a tutti i dipendenti dell’Ente autonomo parco nazionale d’Abruzzo) che in tutti questi anni, con abnegazione e spirito di sacrificio si sono impegnati nella tutela di questo mammifero, da tutti considerato il più bel Camoscio del mondo.
Raccomanda quindi di confermare la sua inclusione al massimo livello di protezione nell’Allegato I.