Associazioni tecniche, associazioni di protezione ambientale e ordini professionali promuovono a Roma per mercoledì 6 febbraio una conferenza nazionale sul rischio idrogeologico dal titolo: Prevenzione e mitigazione del rischio. Le priorità per il governo del paese
A memoria non si ricorda una così ampia e variegata compagine di promotori in tema di rischio idrogeologico, sono 18 le sigle che hanno deciso di promuovere un confronto costruttivo su un argomento, come quello del rischio idrogeologico, che da sempre ha visto il nostro paese pagare gravi tributi in termini di perdita di vite umane, beni e risorse finanziare senza realmente individuare la vera politica di previsione e prevenzione.
Per capire l’entità dell’impegno della società civile e delle professioni è bene elencare tutte le sigle per esteso: Legambiente, Associazione nazionale comuni d’Italia (Anci), Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Istituto nazionale di urbanistica (Inu), Coldiretti, Associazione nazionale biotecnologi italiani (Anbi), World wildlife fund Italia (Wwf), Touring club italiano (Tci), Slow Food Italia, Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale (Cirf), Associazione italiana per l’ingegneria naturalistica (Aipin), Società italiana di geologia ambientale (Sigea), Associazione italiana per l’agricoltura biologica (Aiab), Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo 183.
I lavori, attesi molto proficui, sono stati organizzati in due tappe fondamentali. Nella mattinata sono previste due sessioni: una dedicata alle azioni per la mitigazione del rischio idrogeologico e l’altra rivolta all’adattamento ai cambiamenti climatici e la mitigazione dei loro effetti con l’obiettivo di individuare le priorità per l’Italia. Nel pomeriggio dopo la sessione plenaria dedicata alla costruzione di una politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, i lavori proseguiranno per sessioni parallele nella discussione e raccolta dei contributi e delle osservazioni in merito a tre questioni centrali: reperimento e destinazione delle risorse economiche; governo del territorio e semplificazione normativa; approfondimenti tecnico-scientifici e approccio al problema.
Se volessimo analizzare il dissesto idrogeologico in Italia, i dati parlano chiaro: negli ultimi 60 anni si sono verificati oltre 3.300 eventi naturali a carattere disastroso. Eventi questi collegabili principalmente a fenomeni quali improvvise inondazioni torrenziali, frane o colate di fango e detriti. Centinaia di migliaia il numero di sfollati e senzatetto, migliaia i morti; ingenti danni al patrimonio immobiliare e culturale, basti ricordare l’alluvione di Firenze del 1966, migliaia di milioni di euro spesi nel tentativo di risanamento delle numerose «cicatrici» apertesi sul territorio.
Da sempre lo schema del post evento calamitoso, e limitato solo a un breve periodo del post evento, è lo stesso: si contano le vittime, si stimano i danni, si crea la solidarietà nazionale con raccolta fondi e fiaccolate di solidarietà, si cerca di capire le cause, si approccia con cautela a comprendere le responsabilità tecniche e politiche, si stanziano i fondi per ricostruire. Magari la ricostruzione sarà nello stesso luogo, dove la natura ha tentato di riprendersi i suoi spazi. Lo schema ormai collaudato è pronto per essere applicato per altro evento calamitoso, in altra stagione e in altra regione. Tra le cause si è ormai consapevoli che concorrono con incidenza diversa secondo le situazioni l’abbandono delle campagne, l’edilizia distratta dagli interessi economici, l’abusivismo edilizio, l’assenza di manutenzione dei corsi d’acqua, gli incendi boschivi, i cambiamenti climatici, e altro.
Si nota come, nel non completo elenco sopra riportato, delle cause che concorrono al dissesto idrogeologico, la maggior parte delle cause sono attribuibili direttamente e indirettamente all’azione dell’uomo. Oggi si può affermare che all’origine del tragico ripetersi degli eventi calamitosi c’è un problema esclusivamente di ordine culturale e non tecnico, un problema che dopo i tentativi poco convincenti del Governo tecnico possono essere affrontati e risolti solo da un’azione politica che abbia la seria volontà di ritornare a curare la popolazione e il territorio, lasciando a quest’ultimo il suo naturale evolversi.
Con questo scenario 18 sigle, tra quelle più impegnate nella tutela del territorio, potranno avviare le prove generali per definire l’agenda sui temi del dissesto idrogeologico per il nuovo Governo della nazione. Agenda che dovrà partire della tutela del cittadino e del territorio, argomenti che una campagna elettorale corta e volutamente concentrata su altre questioni non sta permettendo di affrontare e sviluppare con la giusta attenzione.