La promozione delle politiche ambientali è un percorso ad ostacoli con una trama già vissuta in cui l’unico e prepotente tessitore è sempre il potere e quindi il denaro. Ora c’è un altro vento, più forte e più consapevole, sembrerebbe la volta buona, ma una voce antica ci dice di stare attenti, di osservare. Un’altra voce ci tranquillizza, e viviamo nuove sensazioni e nuove speranze. Ma perché questa volta le cose dovrebbero essere diverse?
«È inutile nasconderci che gli equilibri internazionali si reggono sugli equilibri interni. Prima era facile gestire le risorse: eravamo di meno e ce n’erano di più a disposizione. Si aveva il tempo di speculare e le ideologie erano come invisibili briglie che qualcuno manovrava. Poi l’economia (la febbre della crescita) dettò nuove norme ma ancora era in nome dell’ideologia che si mascheravano i bisogni e le idee. Ora sono rimasti solo i bisogni che rischiano di diventare emergenze. Le guerre esplodono per l’energia, per l’acqua, per la pesca con ritmi ben più alti rispetto al passato. La Cia lo sa bene tanto che ha aperto un servizio accertamenti di carattere ambientale con uffici periferici ed esperti ambientali nei vari consigli di sicurezza e difesa. Ora non si guarda più solo la forza d’attacco militare di un paese, ma si tengono sotto osservazione le risorse d’acqua potabile, l’erosione o la desertificazione.
«Per questo non è prudente che il ricercatore sia chiuso nel suo laboratorio, l’insegnante stia con i suoi studenti e l’amministratore sia travolto dalla gestione del traffico. Bisogna scendere tutti in piazza, nella nuova piazza del villaggio globale e parlare, parlare, parlare. Mai come questa volta il silenzio può ucciderci».
Si concludeva così il nostro editoriale sul primo numero di «Villaggio Globale», 1° marzo 1998.
Molte cose sono cambiate da allora ma tutte di una terribile e mortale monotonia.
Da quando verso la fine degli Anni Sessanta aumentarono gli allarmi, gli studi sull’ambiente e i relativi danni perpetrati dall’uomo, si instaurò il mortale gioco della cooptazione ed omologazione del pensiero e delle persone, per il marketing politico ed associativo, si aprì un’autostrada. Gradatamente ogni cosa fu tinteggiata di verde e noi ne denunciammo i pericoli subito.
Più volte abbiamo intravisto la possibilità di una speranza nell’apertura di nuovi corsi nella politica ma sempre siamo stati sistematicamente delusi.
La politica si è impadronita di parole e metodi, qua e là qualche aggiustamento ma mai una visione d’insieme ed un reale cambiamento nell’organizzazione della società, degli stili di vita e, piano piano, l’autoreferenzialità ha inglobato tutto.
Le associazioni idem, sfruttando il potenziale dell’entusiasmo giovanile, si sono strutturate e sono diventate anch’esse centri di potere ed autoreferenziali.
Una delusione dopo l’altra ed un infaticabile inseguimento per svegliare le coscienze e tentare di allargare l’area delle conoscenze e del sapere: l’informazione scientifica come unico baluardo per l’allargamento di una coscienza consapevole che fungesse da argine al dilagare dell’ignoranza e dell’interesse. Tutto questo, da allora, è stato il nostro impegno. Non parole ma fatti da verificare facilmente nel nostro database che è on line.
Ma anche qui, battaglie, trappole, trucchi, interessi. Un percorso ad ostacoli con una trama già vissuta in cui l’unico e prepotente tessitore è sempre il potere e quindi il denaro.
Ora c’è un altro vento, più forte e più consapevole, sembrerebbe la volta buona, ma una voce antica ci dice di stare attenti, di osservare. Un’altra voce ci tranquillizza, e viviamo nuove sensazioni e nuove speranze. Ma perché questa volta le cose dovrebbero essere diverse?
Su questo apriamo una riflessione.