I risultati del un nuovo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità in merito agli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico parlano di possibile collegamento con lo sviluppo neurologico, le funzioni cognitive e il diabete e rafforza il nesso di causalità tra PM2,5 e morti per cause cardiovascolari e respiratorie. Oltre l’80% degli europei sono esposti a livelli di particolato superiori a quelli individuati nel 2005
L’esposizione prolungata alle particelle sottili (PM2,5) può provocare arteriosclerosi, disturbi alla nascita e malattie respiratorie nei bambini, secondo recenti dati dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il progetto «Review of evidence on health aspects of air pollution (Revihapp)», di cui sono usciti i primi risultati, suggerisce anche un possibile collegamento con lo sviluppo neurologico, le funzioni cognitive e il diabete e rafforza il nesso di causalità tra PM2,5 e morti per cause cardiovascolari e respiratorie. La ricerca è stata effettuata su richiesta della Commissione europea, nel quadro della revisione 2013 della politica dell’aria dell’Unione europea.
Oltre l’80% degli europei sono esposti a livelli di particolato (PM) superiori a quelli individuati nel 2005 dall’Organizzazione mondiale della sanità nelle Linee guida sulla qualità dell’aria, che offrono una guida globale per la riduzione degli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico, raccomandando limiti per la concentrazione di alcuni inquinanti atmosferici: particolato (PM), ozono (O3), biossido di azoto (NO2) e biossido di zolfo (SO2).
Questo dato di esposizione (più di 80%) priva in media ogni cittadino di quasi 9 mesi di vita. Gli studi dimostrano l’associazione tra PM2,5 e mortalità in presenza di valori inferiori ai 10 μg/m3 annui fissati dalle Linee guida e così l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda una revisione delle linee guida per il PM entro il 2015. La relazione raccomanda inoltre ulteriori modifiche al diritto comunitario, dal momento che l’attuale valore limite che la Direttiva comunitaria fissa per il PM2,5 è il doppio di quello raccomandato dall’Organizzazione mondiale.
Lo studio ha trovato nuove prove rispetto agli effetti di esposizioni a lungo termine all’ozono (O3) sulla mortalità per cause respiratorie e sui decessi tra persone predisposte a patologie croniche. Ciò si aggiunge ai risultati precedenti sugli effetti a breve termine, che sono il fulcro della normativa vigente. Viene anche introdotto un possibile impatto dell’esposizione all’ozono sullo sviluppo cognitivo e la salute riproduttiva, compresa la nascita prematura. Lo studio raccomanda lo sviluppo di linee guida per le concentrazioni di ozono a medio-lungo termine.
Si raccomanda anche una nuova linea guida per il biossido di azoto (NO2), un gas tossico prodotto dal processo di combustione in impianti di riscaldamento, dalla produzione di energia e in particolare dai motori dei veicoli. Nuovi studi hanno associato l’esposizione a breve e lungo termine al biossido di azoto con mortalità, ricoveri ospedalieri e sintomi respiratori in concentrazioni pari o al di sotto degli attuali valori limite Ue (che sono fissati allo stesso livello delle Linee guida).
Questi allarmi sembrerebbero confermati da un altro recente studio internazionale condotto dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlanta da cui emerge che le donne in gravidanza esposte alle polveri sottili avrebbero un rischio maggiore di dare alla luce bambini sottopeso. Lo studio è basato su 14 aree metropolitane di nove paesi del mondo, compresa la Lombardia, e ha avuto come obiettivo principale quello di quantificare l’associazione tra esposizione materna al particolato atmosferico e il peso alla nascita. L’esposizione media delle donne lombarde sarebbe di 40 microgrammi di PM10 per metro cubo, inferiore solo a quella di Seoul tra le aree esaminate.