La «guerra» Enel-Greenpeace

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Procedimenti e serie di richieste di risarcimento da parte dell’Enel contro le manifestazioni di Greenpeace, ma nessuna risposta alle accuse. I dati sugli impatti della produzione a carbone dell’Enel furono già oggetto, la scorsa estate, di un ricorso dell’azienda contro Greenpeace, ma il Tribunale Civile di Roma respinse le ingenti richieste economiche di risarcimento di Enel per diffamazione e danno d’immagine, nonché il ricorso in toto, giudicando fondate e coerenti con la ricerca scientifica internazionale le accuse di Greenpeace

«Enel tenta di ridurci al silenzio attraverso le vie legali. Un’azienda ancora oggi largamente controllata dallo Stato non risponde alle contestazioni che Greenpeace le muove riguardo agli impatti sanitari, ambientali ed economici delle sue attività, e invece cerca la strada delle aule di tribunale, convinta di poterci zittire a suon di richieste di risarcimento e denunce. Ma queste intimidazioni non ci fermeranno».

Con queste parole, il direttore esecutivo di Greenpeace Giuseppe Onufrio, rende pubblico l’ultimo capitolo della contesa tra la grande multinazionale energetica e Greenpeace.
Venerdì prossimo, 5 aprile, l’associazione ambientalista compare in aula a Milano, accusata da Enel di uso illegittimo del suo marchio; il 19 aprile prosegue il processo per le proteste di Greenpeace contro la centrale di Porto Tolle del 2006, a fine maggio inizia un processo contro alcuni attivisti di Greenpeace per un’azione non violenta tenutasi presso la centrale di Brindisi (l’impianto industriale più inquinante d’Italia, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente) nel 2009, in concomitanza con il G8; per fatti analoghi, avvenuti però presso la centrale di Civitavecchia, Greenpeace tornerà nuovamente in aula il 21 giugno.

Nel frattempo sono in corso due procedimenti penali per una denuncia sporta da Enel (al momento «contro ignoti») in relazione a un cortometraggio realizzato dall’associazione ambientalista (con la regia di Mimmo Calopresti, la partecipazione di Alessandro Haber, Pino Quartullo, Sandra Ceccarelli, Paolo Briguglia, le musiche dei Subsonica) presentato lo scorso ottobre: in quel filmato si denunciano gli effetti dell’inquinamento che viene dalle centrali a carbone dell’azienda, causa in Italia di una morte prematura al giorno e di danni per 1,8 miliardi di euro l’anno.

I dati sugli impatti della produzione a carbone dell’Enel furono già oggetto, la scorsa estate, di un ricorso dell’azienda contro Greenpeace, ma il Tribunale Civile di Roma respinse le ingenti richieste economiche di risarcimento di Enel per diffamazione e danno d’immagine, nonché il ricorso in toto, giudicando fondate e coerenti con la ricerca scientifica internazionale le accuse di Greenpeace.

Infine sull’associazione ambientalista pende da tempo una richiesta di risarcimento danni inoltrata da Enel (per le dimostrazioni pacifiche tenutesi negli anni presso i suoi impianti di produzione), che ammonta a 1,6 milioni di euro.

«Enel sta tentando tutte le strade per zittirci – ha proseguito Onufrio -. Venerdì prossimo dovremo rispondere all’accusa surreale di fare raccolta fondi ”sfruttando” la campagna che conduciamo contro il carbone di una azienda elettrica che ha oltre 70 miliardi di fatturato. Greenpeace è un’associazione indipendente, che non accetta soldi da istituzioni pubbliche, aziende o partiti e chiede il sostegno economico solo ai cittadini che condividono le nostre battaglie. I fondi che raccogliamo, 6 milioni nel 2012, non basterebbero nemmeno a coprire un terzo degli emolumenti del CdA dell’azienda».

Greenpeace ritiene ancor più grave e censorio l’atteggiamento di Enel quando procede per vie penali contro un prodotto cinematografico, in cui alcuni tra i migliori artisti italiani chiedono conto dei danni che l’azienda causa all’ambiente, alla salute pubblica, all’economia del Paese.

«La verità è che Enel col carbone realizza extra profitti ai danni della salute dei cittadini e dell’ambiente. Una strategia energetica diversa è possibile, ma va cambiata la politica dell’azienda e i suoi vertici: investono troppo su carbone e troppo poco sulle rinnovabili», conclude Onufrio.