È la terza volta che Bennet vince una battaglia legale per i Boscimani: la prima volta fu nel 2006, quando gli indigeni si videro riconoscere il diritto di tornare a vivere nella terra ancestrale; la seconda, nel 2011, quando vinsero il diritto di scavare pozzi d’acqua nella loro terra, nonostante tutti i tentativi fatti dal governo per impedirlo
Con una mossa senza precedenti, definita «vendicativa e repressiva», il governo del Botswana sta impedendo all’avvocato britannico Gordon Bennet di entrare nel paese. Bennet dovrebbe rappresentare i Boscimani del Kalahari in un’importante e imminente udienza della Corte Suprema, chiamata a decidere del libero accesso della tribù alla terra ancestrale.
L’avvocato è stato inserito in una «lista dei visti» dopo l’ennesima vittoria giudiziaria segnata nel giugno scorso, quando, in rappresentanza dei suoi clienti boscimani, riuscì a impedire lo sfratto della comunità di Ranyane. È la terza volta che Bennet vince una battaglia legale per i Boscimani: la prima volta fu nel 2006, quando gli indigeni si videro riconoscere il diritto di tornare a vivere nella terra ancestrale; la seconda, nel 2011, quando vinsero il diritto di scavare pozzi d’acqua nella loro terra, nonostante tutti i tentativi fatti dal governo per impedirlo.
Normalmente i cittadini britannici non hanno bisogno di un visto per entrare in Botswana, ma dopo la vittoria di Ranyane, Bennet è stato inserito in una lista di persone che lo devono richiedere. Sembra che nessuno dei nomi elencati nella lista abbia mai ricevuto un visto. Bennet ne ha fatto richiesta, ma si è dovuto confrontare con una serie di manovre messe in atto dalle autorità di Gaborone per ritardare il permesso; tattiche che sembrano costruite ad arte per far sì che la domanda possa essere esaminata solo dopo l’udienza, quando il visto sarà ormai diventato inutile.
«Il diritto a un processo equo normalmente include il diritto a essere assistiti da un avvocato di propria scelta, ma non in Botswana a quanto pare, o almeno, non se si cita in giudizio il governo – ha commentato oggi Gordon Bennet -. La maggior parte di noi stenterebbe a capire perché a una delle parti in causa in un’azione legale dovrebbe essere concesso di privare l’altra dell’assistenza scelta, ma il governo non ci vede nessun problema. Non ritiene nemmeno necessario dare spiegazioni. Non è decisamente una buona giornata per lo stato di diritto in Botswana».
L’udienza è fissata per lunedì 29 luglio. I Boscimani torneranno in tribunale per la terza volta perché il governo del Botswana continua a rifiutare loro il libero accesso alla terra ancestrale della Central Kalahari Game Reserve (CKGR), da cui furono sfrattati nel 2002.
In aperta violazione della sentenza della Corte Suprema del 2006, infatti, oggi la maggior parte dei Boscimani deve richiedere un permesso per entrare nella CKGR, e deve affrontare continue molestie e intimidazioni da parte del governo.
«Non avremmo mai voluto andare in tribunale – ha detto a Survival il Boscimane Jumanda Gakelebone -. Ma le repressioni, gli sfratti, le molestie e le torture del governo del Botswana ci hanno obbligato a farlo».
Nel 2006, con una sentenza definita storica, la Corte Suprema del Botswana confermò il diritto dei Boscimani a entrare nella CKGR senza bisogno di permessi. Il memorabile processo, di cui Gordon Bennet era il principale avvocato, è stato il primo ad affermare in Africa il principio del diritto nativo alla terra.
Ma oggi il governo sostiene che solo le 189 persone registrate formalmente nel processo, e i loro figli fino all’età di 16 anni, hanno libero accesso alla riserva; tutti gli altri, dovono fare domanda per un permesso d’ingresso della durata di un mese. Ma questo contraddice le dichiarazioni fatte nel 2002, all’inizio del processo, quando il governo riconobbe che la sentenza si sarebbe applicata a tutti i 700 Boscimani sfrattati, inclusi i bambini.
I Boscimani vivono con la paura costante della scadenza del permesso, tra ondate di arresti e violenze perpetrate sulla tribù dalla polizia paramilitare e dai guardaparchi.
«Questa è un’altra mossa del Presidente Khama per impedire ai Boscimani il ricorso alla giustizia – ha dichiarato oggi il Direttore generale di Survival International, Stephen Corry -. È assurdo che il Botswana sia ancora considerato un paese “trasparente” e “democratico” quando sono anni che il suo governo cerca di distruggere i suoi popoli originari. Dopo aver vinto in tribunale, oggi ai Boscimani non è neanche permesso di avere il loro avvocato. È un atto vendicativo e repressivo».