Inquinamento luminoso, grave colpa delle Amministrazioni

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Non vi sono leggi più disattese, se non completamente ignorate, pur essendoci norme recepite peraltro in quasi tutte le realtà regionali italiane. La presenza di luci e lucette spesso situate anche in luoghi naturali come al limite dei boschi, nelle gravine o nei parchi rappresentano un danno enorme. Si tratta di una vita notturna che mostra un pericoloso cedimento di popolazione invertebrata almeno del 60/70% rispetto a quanto rilevato alcuni decenni addietro

Valentino Valentini, direttore del Museo laboratorio della fauna minore, Mezzana Salice di San Severino Lucano (Pz), quale entomologo ha a cura anche la sorte dei lepidotteri. Può sembrare qualcosa di marginale ma in realtà è di altissima importanza perché la loro preoccupante rarefazione causa un enorme problema nella catena biologica. Poiché è stato da poco varato il Piano paesaggistico della Puglia, coglie l’occasione per sottolineare questa problematica e scrive una lettera aperta ad Angela Barbanente, assessore alla Qualità e all’Assetto del Territorio della Regione Puglia; a Lorenzo Nicastro, assessore alla Qualità dell’Ambiente ed Ecologia della Regione Puglia, Giuseppe Maestri, Ufficio Inquinamenti e Grandi Impianti della Regione Puglia, Franco Fiore, Vicepresidente del Parco Nazionale del Pollino.
Di seguito il suo intervento.

Quando solo una trentina d’anni fa noi entomologi si voleva fare una bella «scorpacciata» di insetti a volo crepuscolare e notturno, in particolar modo di falene (sapete, proprio quei lepidotteri che di solito vediamo volare nottetempo verso le luci artificiali, pubbliche o private, rovinando assai spesso maldestramente contro le stesse e diventando altrettanto spesso preda di altri animali che delle malcapitate fanno gran banchettare…), quando se ne volevano catturare in gran numero, dicevo, anche per motivi di studio, la trappola tipo era costituita da un bel telo candido che faceva da schermo ad una luce d’una certa potenza, possibilmente ricca in raggi ultravioletti, ed ubicata in un luogo che dominasse una vallata, oppure delle praterie, il margine di boschi, ma anche di orti e di giardini, espediente questo atto a cogliere quei piccoli alati nei loro diversi habitat, habitat che oggi sono parte integrante proprio di quel «paesaggio» che si vuol tutelare attraverso lo strumento del Piano Paesaggistico Regionale, sopratutto laddove è stato deturpato, compromesso e degradato.

Veramente grandi tali progetti, specie quando si tratti di ricomporre, immagino con grande lavoro ed impegno, equilibri che sono stati alterati dalla mano dell’uomo: alla stregua di ciò, spero mi permetterete di ricordare (e me ne assumo tutta la responsabilità) che al giorno d’oggi questo «paesaggio» risulta violentato d’una delle sue componenti ecologiche fondamentali, costituito appunto dalla fauna invertebrata a volo crepuscolare e notturno, questo per l’allegro, spensierato, spesso illegittimo proliferare di fari e faretti, luci e lucette pubbliche e private che riproducono d’un numero di volte infinitamente grande la trappola mortale sopra descritta, cioè luce schermata da un muro (generalmente chiaro…) su cui va a schiantarsi, spesso con esiti letali, quel che ancora resta delle decine e decine di specie che, come ricordavo sopra, un bel tempo riempivano di forme e di colori le notti, molto più oscure, d’un naturalista appassionato.

Nella mitteleuropa, dove tali ecatombe di animali così utili all’ecosistema non passano certo inosservate, sono state promulgate leggi che «promuovono la riduzione dell’inquinamento luminoso e dei consumi energetici da esso derivanti, al fine di conservare e proteggere l’ambiente naturale, sia all’interno sia all’esterno delle aree naturali protette», considerando «inquinamento luminoso ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, in particolar modo se orientata al di sopra della linea dell’orizzonte», esattamente come recepito nella L. R. 23 nov. 2005 n° 15 della nostra Regione, cui è seguito il relativo Regolamento del 22 agosto 2006, n° 13.
Ho stampato Legge e Regolamento, così come mi sono procurato da internet «La prevenzione dell’inquinamento luminoso» dell’ing. Marco Vedovato e pubblicato a cura dell’«Associazione Cielo Buio» sulle cause di tale forma d’inquinamento, sui vari apparecchi d’illuminazione, curve fotometriche, luminanza, un utilissimo e rigoroso studio questo che già nella prefazione osserva come nel nostro Paese non vi siano leggi più disattese, se non completamente ignorate di quella appena citata, recepita peraltro in quasi tutte le realtà regionali italiane.
Il risultato mi sembra sotto gli occhi di tutti (è proprio il caso di dirlo) col vertiginoso, irrefrenabile, dilagante aumento delle luci notturne (+ 7/8% l’anno…), quasi tutte tranquillamente poste contro/su muro chiaro ed orientate «ad sidera», fatto questo che, come tutti ben sanno, è seguito all’edificazione selvaggia ed incontrollata di case e casette, ville e villette costruite un po’ dovunque, ahimé… anche sul margine di territori naturali meritevoli di tutela, come boschi e boscaglie della murgia o margini di gravine, addirittura «dentro» le gravine stesse (è il caso di Ginosa!), con impianti anche molto costosi piazzati sino al fondo della gravina, così, tanto per… estetica!
Voglio fare un altro esempio: percorrendo in auto i primi chilometri della statale 172 che da Taranto porta a Martina Franca, vi sono luci, neon, fari e faretti «ad sidera» che illuminano quasi a giorno edifici industriali, lo stesso dicasi dell’Ospedale Civile Nord, costruito al margine di tipica macchia mediterranea bassa ma strailluminato a tutto spiano, passando poi, qualche chilometro più avanti, ad un complesso di case tra l’economico ed il residenziale, costruite abusivamente e poi sanate, che menano luci dapertutto (qualche decennio fa la zona era immersa nel buio più assoluto e coperta da macchia mediterranea che otteneva la sua buona biodiversità…), ancora più avanti, in territorio di Crispiano e in vista del gradone murgiano (straordinariamente percorso da bellissime gravine, boschi e macchia mediterranea) altri capannoni, altre luci «ad sidera»… ma il «coltello nella piaga» ci vien girato quando, in vista dell’incrocio con San Paolo (agro di Martina) una piccola zona residenziale, proprio al margine dei preziosissimi boschi dell’Orimini, ci mostra tutta una girandola di luci, fari e lampioncini («ad sidera» anche questi e non schermati…) che appartengono a case di cura e di riposo… per gli umani, non per i piccoli animali notturni che da diversi anni con certezza matematica vanno a sbatterci contro!

Potrei continuare, mi fermo qui… nella nostra Puglia situazioni come queste ve ne sono a migliaia!
I Lettori comprenderanno bene che è un attimino improprio istituire Sic e Zps, parchi e zone di pregio naturalistico se ai margini o anche all’interno di queste da marzo a tutto autunno si verificano mattanze di quegli stessi invertebrati che costituiscolo la base delle catene trofiche: come si fa, per esempio, a tutelare gli Anuri (rospi e rane, sempre più rari…) quando gli insetti scarseggiano, anche per le cause sopra esposte? Avete idea di quanta gente ci chieda, per esempio, il perchè della sparizione quasi totale delle lucciole?
Oltre alla possibilità d’orientare le luci a terra e schermarle convenientemente (anche con pannelli, piantumazioni di bordure, ecc.), l’illuminazione notturna si può, si deve ridurre, come ha deciso recentemente il Comune di Lecce, cui spero presto altri enti locali s’accodino, seguendo tale saggia decisione che coniuga risparmio energetico al rispetto per la vita: una vita notturna che, a mio sommesso avviso, mostra un pericoloso cedimento di popolazione invertebrata almeno del 60/70% rispetto a quanto rilevato alcuni decenni addietro.
Lo si sta già facendo in Inghilterra e in Germania, in Francia migliaia di Comuni spengono le luci a partire dalle 11 di sera sino alle 5/6 del mattino.
Concludo coll’auspicare che questo Piano Paesaggistico possa restituire, per quanto possibile, al nostro «paesaggio» quell’oscurità naturale che migliaia di specie vegetali ed animali hanno eletto a scenario ecologico della loro esistenza.
Non lo diceva anche il grande Einstein che senza quei piccoli alati il nostro è un Pianeta… finito?