il Presidente del Consiglio nazionale geologi, Gian Vito Graziano, ha scritto una lettera per riportare all’attenzione della politica il tema del dissesto idrogeologico in una Italia ormai quasi assuefatta agli eventi calamitosi e prossima alla rassegnazione nella conta dei danni e delle vittime dopo ogni evento. Apprezzamento per il lavoro svolto da un gruppo misto di tecnici, professionisti, amministratori e associazioni
L’avvicinarsi della stagione autunnale con le copiose piogge che nel nostro Paese e in tutta Europa causano alluvioni e frane ha spinto il Presidente del Consiglio nazionale geologi, Gian Vito Graziano, a riportare all’attenzione della politica il tema del dissesto idrogeologico in una Italia ormai quasi assuefatta agli eventi calamitosi e prossima alla rassegnazione nella conta dei danni e delle vittime dopo ogni evento.
Il recente «Annuario dei Dati ambientali 2012» predisposto dall’Ispra (Istituto per la protezione e la ricerca ambientale) raccoglie come ogni anno i dati sullo stato dell’ambiente.
In Italia si consumano 8 metri quadri al secondo, questi ritmi in un anno producono una cementificazione pari alla superficie dei comuni di Milano e di Firenze, spesso occupando aree ad alto rischio idrogeologico. Il presidente Graziano ricorda, citando l’annuario dell’Ispra, che nel nostro Paese la popolazione esposta a fenomeni franosi ammonta a quasi 1 milione di abitanti, mentre quella esposta alle alluvioni supera i sei milioni di abitanti.
Numeri che descrivono un’incapacità di intervenire concretamente con politiche mirate alla difesa del suolo e delle vite che esso ospita. Parallelamente all’Annuario Ispra, il recente rapporto «Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012» dell’Aea (Agenzia europea dell’ambiente) rileva che le inondazioni e altre calamità idrogeologiche rappresentano circa i due terzi dei costi dei danni delle catastrofi naturali.
Dal 1980 si registra un netto aumento degli eventi idrogeologici con effetti devastanti sul territorio e sulla popolazione, tra le cause direttamente collegate all’azione dell’uomo ci sono la trasformazione nell’utilizzo del suolo e l’aumento della popolazione e delle attività umane in aree con acclamata pericolosità idrogeologica. Sulla base di questi scenari diverse città europee stanno lavorando a iniziative mirate alla riduzione della vulnerabilità alle inondazioni. In Paesi come l’Ungheria e la Romania stanno ripristinando le zone umide lungo alcuni tratti del Danubio che avevano subito alluvioni devastanti, mentre nei Paesi Bassi, attenti alle politiche a tutela del territorio e alla difesa idraulica, hanno già cautelativamente modificato la propria normativa, aumentando la fascia di non edificabilità rispetto ai corsi d’acqua; azioni queste che guardano più alla previsione degli eventi e prevenzione dagli eventi che al singolo intervento dopo l’evento idrogeologico catastrofico.
In Italia l’unica azione politica con obiettivi concreti è stata avviata da una rete trasversale costituita delle principali associazioni ambientaliste, dei rappresentanti delle figure professionali tecniche, dal mondo della ricerca e da amministratori, che dallo scorso febbraio ha intrapreso un percorso comune di discussione e di confronto per rispondere in maniera efficace alle ripetute emergenze legate al rischio idrogeologico in Italia. I tre aspetti fondamentali alla base del gruppo di lavoro sono: la semplificazione della normativa per il governo del territorio, il reperimento e la continuità delle risorse economiche e un nuovo approccio tecnico-scientifico al problema, adeguato alle novità e ai cambiamenti in atto.
Conclude il comunicato il presidente Graziano con il suo apprezzamento all’azione del gruppo di lavoro, che nei giorni scorsi ha incontrato il ministro dell’Ambiente Orlando, rilevando come «la proposta formulata mette in campo una politica integrata, in grado di coinvolgere diversi soggetti interessati, per passare dalla logica della riparazione localizzata a quella della prevenzione e della riqualificazione territoriale. La condizione per attuare una buona politica di governo del territorio, con ricadute in termini di sicurezza, ma anche in termini di rilancio economico e occupazionale, è che il territorio stesso sia una priorità vera, e non solo dichiarata, nei programmi dei Governi».