L’Ue ha chiesto alla Corte di Giustizia di infliggere la penalità pari a 150.787 euro al giorno. Le motivazioni del deferimento dell’Italia. Entro febbraio la legge vivisezione? Il parere della Commissione e la risposta dell’Italia. La Commissione non si fida del nostro paese. Perché questi ritardi e le motivazioni secondo gli animalisti
La Commissione europea ha reso note stamani le motivazioni della segnalazione dell’Italia alla Corte di Giustizia europea a seguito del mancato recepimento della Direttiva sulla sperimentazione animale del settembre 2010.
La Commissione rileva a tal proposito come il tema susciti notevole preoccupazione nell’opinione pubblica. La direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, sottolinea sempre la Commissione, doveva essere emanata dall’Italia entro il 10 novembre 2012. Dunque, su raccomandazione del Commissario per l’ambiente Janez Potočnik, la Commissione europea chiede ora alla Corte di infliggere la penalità, pari a 150.787 euro al giorno.
Se uno Stato membro non recepisce la legislazione Ue nel diritto nazionale entro il termine stabilito, la Commissione può chiedere alla Corte le sanzioni finanziarie già al primo deferimento, senza cioè dovere ricorrere ad una seconda sentenza.
Le sanzioni, riferisce sempre la Commissione europea, tengono conto della gravità e della durata della violazione . Le penalità giornaliere vengono calcolate a partire dalla data della sentenza e fino a quando il processo di recepimento non si sia completato. Questo fatto salvo che lo Stato membro non abbia recepito ancor prima della sentenza.
Per questo la Commissione ha inviato una lettera di diffida all’Italia già il 31 gennaio 2013 e un parere motivato il 21 giugno dello stesso anno. L’Italia aveva risposto che il recepimento era atteso per il dicembre 2013, ma la scadenza era stata posticipata al febbraio 2014. L’Italia ha inviato alla Commissione ulteriori informazioni il 13 dicembre 2013, ma la Commissione è preoccupata del fatto che il nostro paese non possa incorrere ulteriori ritardi.
La Commissione, in ultimo, sottolinea coma la direttiva 2010/63/UE mira ad eliminare le disparità tra gli Stati membri nel campo della protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali, educativi e ad altri fini scientifici. La Direttiva, sempre secondo la Commissione, mira a minimizzare l’uso di animali negli esperimenti, in particolare animali vertebrati e cefalopodi, e richiede soluzioni alternative da utilizzare, ove possibile. Nel contempo viene assicurato che la ricerca nella Ue rimane di qualità superiore.
Questo secondo la Commissione. Ieri, all’annuncio del deferimento, vi erano state molte reazioni in campo animalista.
In pochi hanno notato la contemporaneità dell’annuncio ed ancor meno cosa questo potrebbe significare alla luce della legge recante «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea». Si tratta del provvedimento che ha mandato in soffitta la vecchia «legge Buttiglione» del 2005, introducendo le nuove norme attuative della legislazione europea. La vecchia «legge comunitaria» è stata in tal maniera sdoppiata in «legge europea» e «legge di delegazione europea». In quest’ultimo provvedimento è contenuto il famoso articolo 13 che secondo alcune componenti animaliste facenti capo alla Federazione presieduta dall’on.le Brambilla, apporterebbe norme più restrittive in tema di vivisezione che però sarebbero state ignorate, a detta delle stesse associazioni, dal Governo Letta. Secondo le critiche diffuse, il Governo sarebbe invece stato obbligato a recepire le indicazioni pervenute nelle precedenti fasi parlamentari.
Forse però le indicazioni del Parlamento non sono vincolanti, trattandosi di pareri che il Governo può tra l’altro del tutto ignorare come ad esempio previsto dall’art. 37 delle «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea».
Secondo tale articolo «il Presidente del Consiglio dei ministri o il ministro per gli Affari europei può proporre al Consiglio dei ministri l’adozione dei provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell’Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea ovvero dell’avvio di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all’anno di riferimento».
Ora le critiche sulle responsabilità di tale procedura di infrazione. Di chi è la colpa?
Secondo un comunicato diffuso dall’Enpa «la responsabilità è della lobby della sperimentazione animale e di quanti hanno ritardato il recepimento della direttiva (che, lo ricordiamo è datata 2010, N.d.R.) proprio per arrivare a questo punto».
In altri termini la procedura di infrazione sarebbe utilizzata come uno strumento di pressione per ottenere una regolamentazione della materia in favore della sperimentazione animale. L’Enpa, a tale proposito, si domanda come sia «possibile, a tre anni di distanza dall’emanazione della direttiva stessa, che ci si sia accorti solo oggi che il nostro Paese corre il rischio di essere condannato in sede europea? E come mai questo senso di improcrastinabile urgenza che viene avvertito per le numerose altre procedure a carico dell’Italia (molte proprio in materia ambientale), dalle quali rischiamo multe altrettanto salate?».
Conclusioni analoghe ma punto di partenza diverso nel comunicato dell’Eurodeputato Pd Andrea Zanoni, che sembra sottolineare come la Direttiva del 2010 sia stata approvata senza sostanziale opposizione. Un problema che si amplifica proprio ora, ovvero in fase di recepimento. «La Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici – ha riferito nel suo comunicato l’on.le Zanoni – è stata chiaramente un’occasione persa per superare la sperimentazione animale, tuttavia chiedo al Governo italiano di recepire nella sua interezza l’articolo 13 della Legge di delegazione europea, che pur non vietando del tutto la vivisezione, costituisce un modo lungimirante di introdurre innovazione nella ricerca, sviluppando una ricerca maggiormente orientata ai metodi alternativi».
Una Direttiva europea che lo stesso Zanoni definisce «sbagliata nel principio». Poi le inadempienze italiane ricordate dall’Eurodeputato. L’Italia è l’unico Paese Ue che non ha rispettato la scadenza del 10 novembre 2012 per recepire la direttiva all’interno dell’ordinamento nazionale. La Commissione aveva già scritto all’Italia il 31 gennaio 2013 per incentivare il recepimento, ma da allora le autorità italiane non hanno più risposto.
Di sovvertimento da parte del Governo dei principi contenuti nell’articolo 13 (su questo articolo molto si erano spese le associazioni aderenti alla Federazione presieduta dall’on.le Brambilla) parla anche la Senatrice del Gruppo Misto-Sel Loredana De Petris. Anche secondo la Senatrice si deve «ringraziare la lobby della vivisezione se oggi l’Italia rischia una condanna da parte della Corte di Giustizia europea e un’ammenda di 150.000 euro al giorno per il mancato recepimento della normativa europea».