Dagli stadi alla Crimea, rassegnarci alla violenza?

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Non c’è più traccia di quelli che dovevano essere gli insegnamenti morali ed etici di fondo che costituiscono il tessuto connettivo e identitario di una società e della sua cultura. Ben più importante per alcuni può quindi apparire la salvaguardia di un porto o di una risorsa energetica che sta vedendo in questi giorni crescere i timori per una guerra in Ucraina

La violenza negli stadi, gli attacchi di ottusa follia attraverso gli striscioni che travalicano il tifo e si estendono alla società civile, il tifo che smette di essere tifo e diventa parte decisionale sull’evento stesso, cioè se disputare o meno una partita o come disputarla… sono l’esempio concreto di come la nostra società stia lentamente abdicando e stia virando pericolosamente verso la violenza e la forza.
Non si tratta più di multe o di inventarsi un sistema di accesso agli stadi, il punto, ora, è prendere coscienza di un cambiamento culturale che sta distruggendo tutto quello che fino ad ora abbiamo costruito. Non c’è più traccia di quelli che dovevano essere gli insegnamenti morali ed etici di fondo che costituiscono il tessuto connettivo e identitario di una società e della sua cultura.
Quando si arriva ai livelli più bassi della mercificazione del proprio corpo e non perché costretti o da altra violenza o dalle necessità primarie ma semplicemente per procurarsi oggetti legati all’apparire e che nulla hanno di essenziale è la prova che nella mente è avvenuto il passaggio culturale che mi fa vedere l’inutilità come utilità esistenziale pena la perdita del mio ruolo nel gruppo, allora vuol dire che la società dell’inutilità, quella che ci bombarda da tv e cartelloni stradali è riuscita a capovolgere la nostra vita.

Ben più importante per alcuni può quindi apparire la salvaguardia di un porto o di una risorsa energetica che sta vedendo in questi giorni crescere i timori per una guerra in Ucraina.
«C’è da auspicare che venute meno le grandi contrapposizioni ideologiche del Novecento, possano trovarsi a breve nuovi equilibri che portino la pace e la prosperità nel Villaggio Globale». Ricorda Vincenzo Valenzi nel pensare al ruolo della Crimea e ai legami scientifici di quella parte del mondo che ha avuto ed ha un posto significativo che purtroppo rischia di passare in secondo piano.
«La democrazia – continua – sembra nonostante tutto il sistema più evoluto di organizzazione delle società moderne che non hanno più bisogno di salvatori né di colpi di stato per regolare i giochi politici. Appare evidente che nelle varie primavere questa evoluzione ancora non è giunta a maturazione è quindi bene evitare di abusare dei concetti democratici maltrattando i quali la parola passa inevitabilmente su altri piani come abbiamo visto in un altro Egitto e come si vede in queste ore».

Allora cosa aspettiamo? Possibile che non si capisca che l’aver sostituito lo sviluppo con la crescita ha capovolto i valori fondamentali dell’uomo? Possibile che si debba ancora dare credito a coloro che ci assicurano il paradiso in terra attraverso l’accumulo di ricchezze e l’acquisto di oggetti inutili creati solo da bisogni inventati ma non reali? Possibile aver perso completamente il significato di parole ed averle cedute senza discutere a fabbricanti di futilità che si arricchiscono e ci lasciano nella miseria più nera con le promesse di benessere, felicità, giovinezza, salute…?
Che i ricercatori escano dalle loro torri, nascosti fra progetti, ricerca di finanziamenti, test e statistiche dove li hanno cacciati i ladri di speranza, i mistificatori della realtà e gli ignoranti che hanno rubato anche la parole trasformando lo sviluppo in crescita, l’ambiente come luogo di saccheggio, il benessere come un’alimentazione che nulla più ha a che vedere con il cibo naturale esponendoci ad allergie a ripetizione.
Possiamo ancora dire basta, e salvarci. Ma serve l’aiuto di tutti, non si può più stare a guardare, qui non se la cava nessuno, neanche gli aguzzini.