Salviamo l’Ovile nazionale, monumento della cultura, del paesaggio e dell’ambiente

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foto di M. Marrese
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Il Centro studi naturalistici Onlus, a causa della recente deliberazione ministeriale sulla chiusura dell’Istituto Cra-Zoe di Segezia, esprime la necessità di tutelare l’area in virtù delle sue peculiari caratteristiche vegetazionali e paesaggistiche nonché della cultura locale

Fino a pochi decenni orsono (anni 60 del 900) chi percorreva il Tavoliere si imbatteva in una distesa di pascoli immensi, inframmezzati da «marane», che si formavano con il ristagno delle piogge invernali, e da «mezzane» sagomate dalla presenza dei perastri. Era un ambiente ricco di fauna selvatica che resisteva immutato da migliaia di anni, intimamente collegato a una delle pratiche più antiche: la pastorizia transumante.
I pascoli erano utilizzati da migliaia di pecore che durante il periodo da settembre a maggio affluivano, provenienti dai pascoli estivi di montagna delle regioni vicine (principalmente da Abruzzo e Molise) lungo vere e proprie autostrade verdi, i tratturi. Tale situazione rimase invariata fino alla riforma fondiaria quando la trasformazione del territorio in suolo agricolo mutò completamente il paesaggio della provincia di Foggia.
Maurizio Marrese, botanico del Csn onlus, racconta che nel 1953 Giacomino Sarfatti, illustre botanico del novecento, si cimentò in uno studio intitolato «Considerazioni e ricerche botaniche sui pascoli del Tavoliere». In tale opera Sarfatti si pose alcune domande basilari come, ad esempio, «Dove possiamo studiare la vegetazione più o meno spontanea del Tavoliere?», rimarcando la testimonianza che tale pianura fosse prevalentemente coltivata e che le uniche aree naturali fossero rappresentate dai pascoli dei tratturi e delle mezzane nei pressi delle masserie. Individuò, quindi, il cosiddetto «Ovile nazionale» situato nei pressi di Borgo Segezia come dimostrazione biologica di tali biotopi.
L’Ovile nazionale, afferma decisamente il botanico, è una testimonianza diretta di tali paesaggi. Prati cespugliati a perastri sono oggi habitat protetti dalla Ue, ma gli habitat che caratterizzano l’Ovile nazionale sono unici in Italia, solo parzialmente possono essere paragonati alla «dehesas» spagnola o i «meriagos» della Sardegna, o addirittura alla «savana» africana.
Sarfatti purtroppo non fa alcun cenno all’estensione di tale area, oggi conservata con poco più di 60 Ha (che lentamente vengono ridotti), una piccola residua testimonianza «biologica» delle antiche mezzane del Tavoliere delle Puglie. Dopo Sarfatti nessuno studio specifico è stato realizzato, solo nel 2009 il botanico Maurizio Marrese presentò un primo approccio di studio al Congresso nazionale della Società botanica italiana descrivendo una situazione preoccupante per il futuro della conservazione dell’area.

Da quasi un secolo è stato l’Istituto sperimentale per la zootecnia (Cra–Zoe) custode di tale area anche se non sono mancati alcuni errori gestionali come la estirpazione di antichi perastri come fu segnalato dallo stesso Csn onlus nel 2007 o una lenta riduzione dell’area nel corso dei decenni.

Oggi l’Ovile nazionale è tutelato dal Piano paesaggistico regionale (Pptr) ma ancora c’è tanta strada da fare per riconoscere il valore inestimabile dell’area, pertanto il Centro studi naturalistici Onlus lancia un appello che chiede alle autorità competenti di operare tutte le azioni tese a:

– Istituzione di un Sito d’importanza comunitario (Sic);
– Realizzazione di un piano di gestione dell’area;
– Realizzazione di un museo regionale della Transumanza e della Regia Dogana della Mena delle pecore (ecomuseo).

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