Paolo Cappadona, consigliere del Consiglio nazionale dei geologi: «Dichiarazioni che danno la misura dell’inadeguatezza di un’intera classe dirigente a dir poco impreparata ad affrontare l’emergenza “dissesto idrogeologico” che la cronaca degli ultimi mesi impone drammaticamente alla nostra attenzione». L’evento del Trevigiano è di monito a tutti gli amministratori e governanti che possono in un certo modo recuperare la loro ideologia e limitare il dissesto idrogeologico che dilaga in Italia
Lo straripamento del Torrente Lierza nel Trevigiano che ha invaso l’area nella quale era stata montata una tenda per ospitare sagre estive, causando la morte di quattro persone e il ferimento di altre 8, ha svegliato lo spirito istituzionale di molti che hanno in ordine sparso rilasciato dichiarazioni. Le dichiarazioni registrate in questi giorni sui giornali e in televisione da parte di alcuni rappresentati delle istituzioni fanno comprendere che in Italia si è passati, in poco tempo, dal dissesto idrogeologico al «dissesto ideologico». L’ideologia rappresenta quel complesso d’idee e di finalità che costituiscono la ragione d’essere e il programma di una classe dirigente o che almeno aspira a essere tale.
Riportiamo due dichiarazioni sull’accaduto e una terza che indirettamente si collega all’uso del suolo/abuso che in questi anni si è fatto in Italia.
Luca Zaia (Governatore del Veneto – Lega Nord) è stato uno dei primi a recarsi a Refrontolo, il paese del Trevigiano dove l’area prossima al Torrente Lierza era regolarmente utilizzata per manifestazioni aperte al pubblico. Il Governatore subito ha chiesto più finanziamenti, tanto da invocare un «Piano Marshall» per la difesa del suolo. Zaia ha attribuito l’imprevedibilità dell’evento ai cambiamenti climatici, dimenticando che egli è stato nei mesi scorsi artefice di una campagna contro le previsioni meteo che dilagano in video e sugli smartphone, influenzano negativamente le scelte dei turisti e danneggiano uno dei settori trainanti del Veneto. Il Governatore era più preoccupato delle previsioni sbagliate, in un certo senso anche a ragion veduta, che delle previsioni corrette che individuano le aree potenzialmente critiche.
Gian Luca Galletti (ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Unione di Centro) ha subito dichiarato «Il nostro è un Paese morfologicamente malato: il dissesto è uno dei principali problemi italiani e il suo contrasto è stato messo fin dal primo giorno tra le priorità del governo. Il nostro primo atto è stato la creazione di un’unità di missione proprio sul dissesto idrogeologico, una cabina di regia a Palazzo Chigi per coordinare l’attività dei ministeri». Affermazioni mal accolte da Paolo Cappadona, consigliere del Consiglio nazionale dei geologi, che in un’attenta analisi ha voluto esprimere il suo stupore precisando: «Dichiarazioni che danno la misura dell’inadeguatezza di un’intera classe dirigente a dir poco impreparata ad affrontare l’emergenza “dissesto idrogeologico” che la cronaca degli ultimi mesi impone drammaticamente alla nostra attenzione».
Nunzia De Girolamo (ex ministro dell’Agricoltura nel Governo Letta, attualmente parlamentare Nuovo Centro Destra) in una trasmissione televisiva su La7 ha criticato aspramente l’ex Governatore della Campania, Antonio Bassolino, che è stato l’unico, in qualità di Presidente di Regione, a non aderire al condono edilizio promosso dal Governo Berlusconi nel 2003. La motivazione? In questa maniera i campani, abusivi e fuori legge, sono stati danneggiati rispetto ad altri cittadini che hanno goduto del condono. La stessa si è impegnata ad affiancare l’attuale Governatore della Campania, Stefano Caldoro, per riprendere l’argomento e per correggere questa ingiustizia nei confronti del popolo campano.
L’evento del Trevigiano è di monito a tutti gli amministratori e governanti che possono in un certo modo recuperare la loro ideologia e limitare il dissesto idrogeologico che dilaga in Italia. Il piazzale sul quale era stata montata la tenda spazzata via dalla piena del Torrente Lierza era già stato alluvionato nel 2010 e nel febbraio del 2014. Tra l’allagamento della tenda, pochi decimetri d’acqua, e l’onda di fango, detriti e acqua che con forza devastante hanno travolto tutto seminando morte e terrore, sono passati circa trenta minuti. Il piazzale non era un luogo sicuro, ma in quei trenta minuti si sarebbero potuti mettere tutti in salvo. Azione che si sarebbe potuta compiere solo con un minimo di consapevolezza; quella consapevolezza che amministratori e governati devono trasmettere ai cittadini.
Oggi come ieri si piangono vittime che si sentivano protette sotto una tenda montata in un luogo, che sicuro non era.