«Erbe spontanee in tavola», altro che erbacce…

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L’autrice ci accompagna alla scoperta delle piante selvatiche e del loro uso creativo in cucina: dai campi sin nei nostri piatti per un risveglio dei sensi attraverso un ritrovato contatto con la Natura

«La spontaneità salverà il mondo? Se sapremo accoglierla, sono convinta di sì», questa frase di Annalisa Malerba riassume la filosofia contenuta nelle 224 pagine del ricettario 100% vegetale: «Erbe spontanee in tavola. Per una cucina selvatica con ricette sane, naturali e locali» (Sonda Editrice, 19,90 €). Affiancano le sue sapienti parole gli scatti di Carla Leni così reali da far venire l’acquolina in bocca.
Il cognome Malerba è stato per lei un destino, le cosiddette malerbe erano sulla sua strada e lei non ha esitato a percorrerla con entusiasmo, un entusiasmo con cui cerca di contagiare il lettore.
«Mi piace ricordare come il termine “verde”, indicativo nella nostra società, sia assolutamente generico e non descrittivo per i popoli che vivono nelle foreste: tante sono le parole che, nei loro idiomi, corrispondono alle diverse tonalità», così scrive l’autrice e ho ripensato a «Il senso di Smilla per la neve» in cui si racconta che i popoli del Nord della Groenlandia hanno tanti nomi per il ghiaccio. Potremmo dunque parlare di un senso di Annalisa per le erbe. Aprire il libro «Erbe spontanee in tavola» (di cui troviamo un e-book di anteprima, un «antipasto», scaricabile dal web) significa spalancare gli occhi su un mondo che ci è accanto e purtroppo guardiamo attraverso un pregiudizio che è già nei termine dispregiativo usato: erbacce.
Per l’agricoltura biologica sono «erbe accompagnatrici», un capovolgimento di sguardo.
L’autrice ci accompagna alla scoperta delle piante selvatiche e del loro uso creativo in cucina: dai campi sin nei nostri piatti per un risveglio dei sensi attraverso un ritrovato contatto con la Natura.
«Vi incoraggio a uscire per una passeggiata e a guardare ai vostri piedi. Anche in un parco urbano, lungo i cigli delle strade, lungo i marciapiedi». Sembra una curiosa caccia al tesoro, e quante sorprese! Vi garantisco che dopo la lettura vi accorgerete di osservare con occhi nuovi quei ciuffetti d’erba a cui non avete mai fatto caso. Durante la guerra si praticava la fitoalimurgia, l’uso delle specie vegetali a scopo alimentare. Si andavano a raccogliere in campagna le erbe edibili, gran risorsa in tempi di magra, i nonni ricordano ad esempio il caffè fatto con la cicoria.
Anche oggi «andar per verdure» può essere salutare in ogni senso. Sono cibi poveri di calorie e ricchi di vitamine, minerali e antiossidanti.
Dopo aver scoperto nell’introduzione «I mille volti delle malerbe: botanica, cultura, agri-cultura e cucina» ci tuffiamo tra i menù fantasiosi, sono sedici le specie in ordine alfabetico: dalla A di Amaranto alla V della Violetta passando per l’erba cipollina, la menta, il papavero e il tarassaco. «Sbocciano» tra le pagine le gustose ricette e non solo, ne conosciamo i nomi, le note etimologiche, la descrizione, l’habitat, la raccolta, e anche eventuali precauzioni. Bisogna «tornare bambini e girare col naso in giù», scrive la fotografa Carla Leni, ritrovare lo spirito del «fanciullino» pascoliano che «ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce».
E poi dopo la ricerca della flora commestibile che, non dimentichiamo, è anche l’habitat di tante minuscole creature che vivendoci tutelano la biodiversità, possiamo seguire l’autrice nella sua cucina-laboratorio dove sono state preparate oltre 80 ricette in cui golosità e salute vanno a braccetto.
Si può dialogare con la chef-contadina nel suo blog dove è possibile condividere l’amore per le erbe e la sua visione: «Cucinare è prima di tutto il contatto della pelle con materia vivente, il Cibo».

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