Questa decisione arriva in seguito alla campagna di mobilitazione condotta da Greenpeace, attraverso la quale più di un milione di persone hanno chiesto a Lego di non promuovere più il marchio Shell sui propri prodotti, a causa dei suoi propositi di trivellare l’immacolato territorio Artico alla ricerca del petrolio
Questa mattina la Lego ha pubblicato sul proprio sito una dichiarazione con la quale si impegna a «non rinnovare il contratto di co-promozione con Shell». Questa decisione arriva in seguito alla campagna di mobilitazione condotta da Greenpeace, attraverso la quale più di un milione di persone hanno chiesto a Lego di non promuovere più il marchio Shell sui propri prodotti, a causa dei suoi propositi di trivellare l’immacolato territorio Artico alla ricerca del petrolio.
A differenza di quella di Shell, la politica aziendale Lego prevede l’impegno a produrre più energia rinnovabile di quella necessaria, l’impegno a eliminare gradualmente il petrolio dai propri prodotti e, in collaborazione con i propri partner, a lasciare un mondo migliore alle generazioni future.
Nella sua nota, Lego ha dichiarato che la disputa è sempre stata tra Greenpeace e Shell. Tuttavia, nonostante Lego stia facendo la cosa giusta spinta dalla pressione dell’opinione pubblica, secondo Greenpeace dovrebbe scegliere i propri partner con più attenzione quando si tratta delle minacce dei cambiamenti climatici che incombono sui nostri figli. A causa di obblighi contrattuali, la promozione in corso con la Shell verrà comunque onorata.
«Questo è un brutto colpo per Shell, che ha bisogno di partner come Lego per ottenere rispettabilità e riparare ai danni che ha subito il marchio dopo le ultime disavventure artiche. La fine della collaborazione con Lego dopo cinquant’anni dimostra chiaramente che questa strategia non può funzionare – commenta Ian Duff, responsabile della campagna Artico per Greenpeace -. Il vento sta cambiando per i colossi delle fonti fossili, per i quali l’Artico è un territorio perfetto da sfruttare invece che da proteggere. Il messaggio dovrebbe essere chiaro: i vostri comportamenti distruttivi per il clima non sono più socialmente accettabili, e dovete lasciare in pace l’Artico altrimenti rischiate di essere ostracizzati dalla società».
Il disastro della Kulluk, che nel dicembre 2012 ha fatto naufragio sulle coste di un’area protetta in Alaska, ha dimostrato la leggerezza e l’incapacità operativa di Shell nelle condizioni estreme dell’Artico. Iceberg giganti e mari in tempesta rendono la navigazione e le trivellazioni petrolifere a queste latitudini estremamente rischiose. Numerosi rapporti ufficiali confermano che una perdita di petrolio nell’Artico sarebbe impossibile da ripulire, conseguenze devastanti per un ecosistema fragile che ospita migliaia di specie uniche.
Nonostante ciò, il 28 agosto 2014 Shell ha presentato all’amministrazione americana nuovi piani per esplorazioni petrolifere al largo dell’Alaska, a dimostrazione che l’azienda è pronta a portare avanti i propri piani di trivellazione già nell’estate 2015.