Fusione nucleare, la prima bobina superconduttrice è italiana

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Successo della collaborazione ricerca pubblica e industria hi-tech. Questo risultato, frutto della collaborazione tra il settore della ricerca pubblica e l’industria hi-tech nazionale, rappresenta un ulteriore passo in avanti per il completamento del Tokamak JT-60SA, che entrerà in funzione a Naka in Giappone per la seconda metà del 2019

È tutta italiana la tecnologia delle bobine superconduttrici che farà fare un passo in avanti alla fusione nucleare, l’energia prodotta con la stessa reazione che avviene nelle stelle.
Per ottenere questa energia occorre avere un gas riscaldato a temperature di milioni di gradi, il plasma. Per via di queste sue altissime temperature il plasma non può entrare in contatto con le superfici della macchina che lo contiene. La soluzione più usata, denominata «Tokamak», prevede un campo magnetico in grado di tenere il plasma in sospensione all’interno di una struttura a forma di ciambella evitando così il contatto con le superfici (confinamento magnetico del plasma).

Dal 2009 è in corso la progettazione e realizzazione della macchina sperimentale Tokamak JT-60SA nell’ambito del programma di ricerca internazionale sulla fusione nucleare tra Europa e Giappone, denominato «Broader Approach», che vede l’Enea tra i partner.

Il campo magnetico utilizzato nella macchina Tokamak JT-60SA è prodotto da un set di bobine superconduttrici a forma di «D» di notevoli dimensioni, 8,5 metri in altezza e 4.5 metri in larghezza. L’Enea, con l’Asg Superconductors Spa di Genova, suo partner industriale, ha già realizzato le prime due bobine del sistema magnetico, che sono le prime a livello mondiale di queste dimensioni e di fabbricazione completamente italiana.

Questo risultato, frutto della collaborazione tra il settore della ricerca pubblica e l’industria hi-tech nazionale, rappresenta un ulteriore passo in avanti per il completamento del Tokamak JT-60SA, che entrerà in funzione a Naka in Giappone per la seconda metà del 2019.