All’Istituto nanoscienze messo a punto un metodo per produrre fibre di biossido di silicio che riproduce quello delle spugne di mare. Già in fase di brevettazione, potrebbe diventare un’alternativa innovativa ed eco-compatibile ai processi industriali
Prendere spunto dai meccanismi biologici per sviluppare tecnologie più vantaggiose. È quanto hanno fatto i ricercatori dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Nano-Cnr) di Lecce in collaborazione con colleghi dell’Università di Mainz (Germania) che, in uno studio appena pubblicato sulla rivista del gruppo Nature «Scientific Reports», mostrano come produrre in laboratorio microfibre di biossido di silicio ispirandosi a quanto fanno le spugne marine per sintetizzare questo materiale. Un metodo già in fase di brevettazione, che potrebbe svilupparsi in una vera e propria tecnologia alternativa agli attuali metodi di produzione industriale, più economica ed ecologica.
«Minerale tra i più abbondanti in natura, la silice o biossido di silicio è il componente principale di vetro e ceramica, della maggior parte delle fibre ottiche e si usa nei processi di catalisi, nei dispositivi elettronici e in molte tecnologie mediche – spiega Dario Pisignano di Nano-Cnr che ha coordinato i ricercatori -. In natura esistono diversi organismi in grado di sintetizzare la silice: molti tipi di spugne di mare, ad esempio, impiegano una proteina, la silicateina, per innescare la sintesi di silice e guidarne la crescita in strutture ordinate che diventano l’impalcatura del loro scheletro».
Il gruppo Nano-Cnr, attivo presso i Laboratori Nnl dell’Università del Salento, di cui fanno parte Alessandro Polini, Stefano Pagliara e Andrea Camposeo, ha «copiato» in laboratorio questo complesso meccanismo biologico. «Utilizzando una variante sintetica della silicateina e tecniche litografiche abbiamo guidato la crescita di silice in geometrie controllate. Le microfibre artificiali ottenute sono analoghe alla struttura microscopica dello scheletro di una spugna naturale – prosegue il ricercatore -. Strutture di questo tipo potrebbero essere integrate come guide ottiche per la luce in micro-dispositivi portatili, i cosiddetti lab-on-a-chip, dove è necessario trasportare segnali luminosi per distanze molto ridotte con estrema precisione. Stiamo anche lavorando su potenziali applicazioni della biosilice sintetica per realizzare strati elettricamente isolanti per l’elettronica».
Già in fase di brevettazione, il metodo sviluppato dai ricercatori appare vantaggioso ed eco-sostenibile: «Mentre i metodi convenzionali impiegano temperature elevate e soluzioni caustiche, che li rendono molto inquinanti ed energeticamente costosi, i processi biologici di produzione di silice si svolgono a temperatura ambiente, a pressione atmosferica e con soluzioni acquose neutre – conclude Pisignano -. I prossimi passi sono rivolti a controllare meglio la crescita per realizzare nuove geometrie e a ottimizzare le caratteristiche ottiche ed elettroniche della biosilice sintetica».
Nella foto del titolo la spugna del paguro (Suberites domuncula) è una spugna silicea.
(Fonte Cnr)