«Avevamo obiettivi molto più alti, sia in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, sia di progresso tecnologico. Se l’Europa non avanza, si sarà lasciata indietro. Abbiamo anche il problema sistemico della minoranza di blocco in seno al Consiglio, che si sviluppa a volte in una dittatura della minoranza, con gli Stati membri che hanno paura del futuro». Un sollievo per il disboscamento di foreste
Un progetto di legge per fissare un tetto massimo alla produzione di biocarburanti derivati da colture agricole e per accelerare il passaggio a fonti alternative è stato votato dal Parlamento europeo. Il piano mira a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dal crescente utilizzo di terreni agricoli per le colture impiegate per la produzione di biocarburanti.
Parliamo insomma della volontà di utilizzare in maniera più spinta carburanti di seconda generazione e questo a seguito di quanto disposto dal progetto di legge che ha come obiettivo quello di fissare un tetto massimo alla produzione di biocarburanti derivati da colture agricole.
«Siamo riusciti a finalizzare un dossier molto tecnico, tecnologico e ideologico», questo quanto sottolineato dall’eurodeputato Nils Torvalds, relatore della proposta, dopo che il Parlamento ha approvato la relazione.
Lo stesso, prosegue: «Avevamo obiettivi molto più alti, sia in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, sia di progresso tecnologico. Se l’Europa non avanza, si sarà lasciata indietro. Abbiamo anche il problema sistemico della minoranza di blocco in seno al Consiglio, che si sviluppa a volte in una dittatura della minoranza, con gli Stati membri che hanno paura del futuro».
Ma cosa sono i biocarburanti di prima generazione e quali quelli di seconda generazione?
Bene, la maggior parte dei biocarburanti di prima generazione è prodotta a partire da zucchero di canna o colza mentre i biocarburanti di seconda generazione sono prodotti a partire da rifiuti o alghe.
La normativa vigente impone agli Stati membri dell’Ue di garantire che, entro il 2020, l’energia rinnovabile rappresenti almeno il 10% del consumo di energia totale nel settore dei trasporti. La nuova normativa approvata dal Parlamento Ue stabilisce che:
– i biocarburanti di prima generazione (derivati da colture su terreni agricoli) dovrebbero rappresentare entro il 2020 non oltre il 7% del consumo totale di energia nel settore dei trasporti;
– i fornitori di combustibili devono riferire ai paesi dell’Ue e alla Commissione europea il livello stimato di emissioni di gas serra, causate dal «cambiamento dell’uso indiretto del suolo (Iluc)», vale a dire liberando più colture per la coltivazione di cibo, in modo da compensare il passaggio alla produzione di biocarburante;
– la Commissione deve riferire e pubblicare i dati sulle emissioni collegate all’Iluc;
– la Commissione deve riferire al Parlamento europeo e al Consiglio dei ministri sulla possibilità di includere i valori relativi alle emissioni collegate all’Iluc nei criteri di sostenibilità già esistenti.
E per far questo gli Stati membri dovranno fissare, non più tardi di 18 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva dell’Ue, un obiettivo nazionale per la quota di biocarburanti di seconda generazione, per esempio quelli derivati da alcuni tipi di rifiuti, di residui e da nuove fonti come le alghe, nel consumo totale nel settore dei trasporti applicando la normativa entro il 2017.
In definitiva, l’utilizzo di terreni agricoli per la produzione di biocarburanti riduce la superficie disponibile per le colture alimentari. Ciò si aggiunge alla necessità di liberare più terreno, per esempio attraverso la deforestazione, per produrre più cibo, un processo noto come il cambiamento di uso indiretto del suolo (Iulc). La deforestazione aumenta però le emissioni di gas a effetto serra, che possono annullare una parte o, in certi casi, anche tutti gli effetti benefici dell’uso dei biocarburanti. L’utilizzo più spinto di biocarburanti di seconda generazione dovrebbe garantire l’interruzione di questo circolo vizioso e un cambiamento di tendenza andando a limitare l’utilizzo di suolo a fini produttivi ed evitando una malsana competizione, nell’utilizzo del suolo, per la produzione di cibo con conseguente diminuzione di fenomeni quali la deforestazione che di certo fa registrare solo un’impennata dell’effetto serra.