La Russia non doveva sequestrare l’«Arctic Sunrise»

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Il caso di Greenpeace noto come «Arctic 30». La nave rimase sotto sequestro per otto mesi, mentre i trenta membri dell’equipaggio, 28 attivisti e due giornalisti, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro, furono ingiustamente incarcerati per due mesi

La Corte permanente di arbitrato dell’Aja, la stessa presso cui l’Italia ha avviato una procedura per il caso dei due Marò, ha dichiarato illegale il sequestro avvenuto due anni fa della nave di Greenpeace «Arctic Sunrise» e del suo equipaggio di 30 persone, diventate famose come gli «Arctic 30».

Per la Corte il governo russo violò il diritto internazionale abbordando la nave di Greenpeace e sequestrando il suo equipaggio, che protestava pacificamente contro le trivellazioni petrolifere nell’Artico.
Secondo la Corte sono stati violati diversi articoli della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare. Ora le Autorità russe dovranno risarcire il governo olandese che aveva portato il caso in tribunale, perché la nave batte bandiera olandese.
L’istituzione di una zona di sicurezza di tre miglia nautiche attorno alla piattaforma non aveva infatti alcuna base legale e le autorità russe non potevano abbordare la nave senza il consenso del governo olandese.

«La sentenza di oggi costituisce un precedente importante. I governi esistono per far rispettare le leggi, non per tutelare con uomini armati gli interessi dell’industria petrolifera. Questo non accade solo in Russia: in diverse parti del mondo gli attivisti che difendono l’ambiente sono sottoposti a intimidazioni da parte di chi vuole metterli a tacere. La protesta è avvenuta ben al di fuori delle acque territoriali russe e non poteva in alcun modo essere configurata come pirateria o vandalismo. Ci auguriamo che questa sentenza serva da deterrente per altri governi che cercano di chiudere la bocca al dissenso, a terra come in mare», afferma Daniel Simons, consulente legale di Greenpeace International.

Le Forze speciali russe abbordarono l’«Arctic Sunrise» il 19 settembre 2013, un giorno dopo la protesta degli attivisti di Greenpeace sulla piattaforma petrolifera Prirazlomnaya, gestita dall’azienda di stato Gazprom. La nave rimase sotto sequestro per otto mesi, mentre i trenta membri dell’equipaggio, 28 attivisti e due giornalisti, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro, furono ingiustamente incarcerati per due mesi.

La sentenza 

La storia degli Arctic 30