Tutte le grotte sono luoghi vivi, sono un habitat delicatissimo e prezioso che va conosciuto e gestito scientificamente. In quelle di Castellana si aggrava la lampenflora, aumentano le deturpazioni dei turisti, manca un Comitato tecnico scientifico, mancano studi scientifici che individuino o riconsiderino le scelte di intervento e tutto nell’assenza di Regione, geologi, speleologi…
Le Grotte di Castellana sono un sito geologico e speleologico di primaria importanza per la Puglia e l’Italia. Non è un ammasso di pietre spettacolari formatesi nel tempo ed ora a disposizione di tutti per sciamare nei passaggi, prendere souvenir e fare spettacoli e senza una guida scientifica che abbia voce in capitolo.
Le Grotte, tutte le grotte, sono luoghi vivi, che continuano a vivere, sono un habitat delicatissimo e prezioso che va conosciuto e gestito scientificamente.
Pensavamo che fossero note queste esigenze, specialmente quando, negli Anni 90, il direttore prof. Fulvio Zezza, in un periodo critico per le grotte, quando percolavano liquami, diede un’impronta scientifica e didattica alla loro gestione, portandole a nuova vita, e sicuramente rendendo giustizia allo speleologo Franco Anelli che le scoprì il 23 gennaio del 1938.
Allora furono riviste la rete di illuminazione e le modalità di accesso, furono fatti corsi di preparazione per le guide ed installato un sistema di monitoraggio ambientale.
Che cosa ne è stato di tutto questo?
Che fine ha fatto il Comitato tecnico scientifico?
Purtroppo, sentendo le lamentele e le segnalazioni di visitatori accorti ed esperti del mondo speleologico, se ne ricava un quadro desolante e allarmante.
È mai possibile che un luogo altamente delicato e da curare scientificamente non abbia un Comitato tecnico scientifico con voce in capitolo? Ma tutt’ora esiste? È stato rinnovato?
Fra gli organi previsti, oltre al CdA e al Collegio sindacale, v’è la figura del Comitato tecnico scientifico (Cts). Quest’ultimo ha un ruolo delicatissimo e centrale sia dal punto di vista della ricerca (esplorativa e scientifica) sia dal punto di vista della tutela del bene.
Infatti, il Direttore scientifico (coordinatore del Cts) nello Statuto originario era organo consultivo invitato (obbligatoriamente) a tutte le riunioni del CdA.
Aveva ruolo consultivo, quindi non con diritto di voto sulle deliberazioni, ma la sua presenza permetteva di avere cognizione di ogni attività gestionale in progress.
Ma è successo che circa 8 anni fa, a seguito dell’insediamento della nuova Giunta (capeggiata dall’attuale sindaco) fu votata in Consiglio comunale una variazione statutaria, dannosissima, che eliminò l’obbligo d’invito del Direttore scientifico alle sedute del CdA.
È facile immaginare gli effetti deleteri di una tale impostazione. Infatti, da quel momento si è creato un vero e proprio scollamento fra attività gestionale e attività di ricerca (e tutela) presso il sito.
Infatti sono saltati i veri e propri protocolli scientifici finalizzati a monitorare, studiare e se possibile risolvere alcuni problemi delle Grotte, avviati dalle precedenti gestioni.
Alcune emergenze
Si spiegano così alcuni gravi danneggiamenti alla salute delle grotte, a cominciare dalla lampenflora (il verde che compare attorno a fonti luminose dette «calde»). Dopo una serie di interventi ormai risalenti a 4/5 anni fa nulla più viene fatto. Tant’è vero che il problema si è ripresentato in modo molto impattante.
Altro aspetto trascurato, specialmente nei periodi di maggiore affluenza, sono i gruppi di turisti «scaricati» in grotta. Gli obblighi regolamentari ben precisi in ordine ai numeri componenti/gruppo non sono una stupida limitazione ma servono a garantire un adeguato controllo durante le visite. Infatti spesso accade che i visitatori non siano proprio rispettosi e aggrediscono letteralmente le concrezioni. E i controlli mancano totalmente lungo i percorsi. E inoltre, i visitatori respirano e a seconda del numero il loro apporto deve potersi compensare e non sovrastare l’equilibrio delle grotte.
E poi che cosa segnalano le centraline di monitoraggio che permettono analisi di temperatura, umidità, CO2? Che tipo di monitoraggio viene oggi svolto? I dati raccolti (in automatico) dalle centraline prima venivano scientificamente e professionalmente elaborate dal Cts e del Direttore scientifico, ed ora?
La stessa curiosità sul funzionamento vale per il cosiddetto aeratore che, all’altezza della «Cupola», alimenta le Grotte di aria proveniente dall’esterno. Nei giorni in cui la temperatura esterna (come durante tutta questa estate) è particolarmente elevata, l’aria che viene insufflata a che temperatura raggiunge gli ambienti ipogei?
Vengono svolti, promossi, finanziati progetti di ricerca tesi a monitorare la salute delle grotte anche dal punto di vista della fauna presente o di ogni altra disciplina afferente al settore geologico/morfologico e speleo-carsico?
L’unico dinamismo che si percepisce è quello di dare un’immagine solo spettacolare delle Grotte sia nei termini sensazionalistici ambientali, sia proprio inerenti l’organizzazione di eventi all’interno del sito. Ma è stata fatta una valutazione per capire se quel sito regga o meno certi tipi di stress d’inquinamento ambientale/acustico e via discorrendo?
Domande in attesa di risposte
Ma viene anche da chiedersi: non ci sono organi di controllo? Le Grotte sono una proprietà privata del Comune? Per l’Ordine dei Geologi va bene così? E la Regione che sta promuovendo la campagna per far conoscere e proteggere gli ipogei non si fa domande sulla più importante emergenza speleologica della regione?
L’area delle grotte è Sito di interesse comunitario (Sic) Cod. IT9120001, ai sensi del nuovo Piano paesaggistico territoriale è individuata tra gli Ulteriori Contesti come Grotte, Geosito, Inghiottitoio e con specifiche misure di salvaguardia.
Inoltre è individuata con Decreto ministeriale ai sensi della 1497 con Decreto del 14-11-1983 pubblicato sulla G.U. n. 38 del 08-02-1984, con «Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona in comune di Castellana Grotte». Ora, quello che si fa o non si fa è coerente con tali norme?
Il nodo dei visitatori
Le questioni che risultano sicuramente più importanti sono legate alla presenza di una tipologia di inquinamento dovuta a vari fattori, tra cui il continuo flusso di visitatori e l’illuminazione. Una delle forme di inquinamento più rilevanti è rappresentata dalla crescita di vegetazione (alghe, licheni) a ridosso delle superfici illuminate dai fari. Tale fenomeno, che in letteratura è conosciuto con il nome di lampenflora, nelle Grotte di Castellana è stato affrontato saltuariamente, con tecniche diverse nel corso dei decenni, dai diserbanti al semplice lavaggio con acqua in pressione, tecnica efficace, poco invasiva, ma di durata limitata.
Il primo intervento concreto, avvenuto in seguito ad uno studio condotto dal Comitato scientifico delle Grotte di Castellana nel 2004, è culminato nella pulizia completa dell’itinerario parziale nel 2006 succeduto da un altro della cui realizzazione è stato incaricato il Gruppo Puglia Grotte (Gpg) nei primi mesi del 2013.
Ed è stato durante l’esecuzione dei lavori nel 2013 che è stato evidenziato un fenomeno molto importante per la salute della grotta stessa, ovvero la presenza di polvere che si manifesta o in adiacenza del percorso turistico o nella classica modalità di pilucco ossia quella peluria prodotta dall’usura degli indumenti, fenomeno già noto a Franco Anelli, scopritore delle Grotte di Castellana nel lontano 1938.
L’eliminazione della polvere da effettuare in maniera costante non porterebbe benefici solo estetici ma potrebbe essere anche un ulteriore deterrente contro la lampenflora in quanto, andando ad eliminare la patina polverosa, verrebbe meno il substrato su cui, con le giuste condizioni ambientali, tende ad attecchire la lampenflora stessa.
Dalla presenza di un inquinamento dovuto allo sfrenato flusso dei visitatori e da un errato impiego della giusta illuminazione da utilizzare in grotta discendono anche altri elementi.
La grotta infatti che dal punto di vista etimologico deriva dal latino volgare grupta, corruzione del latino classico crypta, a sua volta prestito greco (da κρύπτη, kryptē) dal significato di «(luogo) nascosto» può essere considerata come un ambiente quasi isolato. Anche le Grotta di Castellana, se pur con una grande vocazione turistica, necessitano di mantenere la perturbazione dell’ambiente entro un valore soglia limitando la modificazione di alcuni parametri fondamentali (temperatura, concentrazione della CO2, correnti d’aria, ecc.) dovuta alla presenza dei visitatori.
Per far questo risulta necessario utilizzare il concetto della capacità ricettiva dei visitatori che può essere definita come il numero massimo di visitatori ammissibile nell’unità di tempo ed in condizioni definite che non comporti una modificazione permanente dei parametri ambientali rilevanti.
Bisogna a tal fine chiedersi, pur essendoci un fiume di letteratura al riguardo, il perché ci siano così seri problemi nelle Grotte di Castellana, problemi stimolati da visitatori attenti che non gradiscono il modo in cui viene gestito un bene di così grande pregio.
Sappiamo infatti che, in merito al fenomeno della lampenflora, ci sono studi che hanno messo in risalto il fatto che l’impiego di illuminazione adeguata, negli impianti di grotte turistiche, può ostacolare la formazione di alghe e muschi sulle pareti direttamente illuminate. Tali considerazioni teoriche traggono origine dal confronto tra lo spettro di assorbimento dei pigmenti foto sintetici (in particolare della clorofilla) e lo spettro di emissione delle lampade comunemente utilizzate negli impianti di illuminazione.
Come anche sappiamo, da uno studio fatto sulle Grotte di Castellana tra il 1966 ed il 1983, che la crescita del numero di visitatori ha determinato, e non si hanno motivi per pensare che non continui a farlo, un aumento della temperatura media lungo l’intero percorso delle grotte e specialmente nel tratto finale.
Quello che risulta necessario è l’emanazione di una normativa a carattere nazionale che tuteli le grotte turistiche dai rischi derivanti dalla scorretta utilizzazione dei territori carsici, dalla assenza di programmazione e di educazione speleologica, dalla superficialità o dalla mancanza di studi scientifici che individuino o riconsiderino le scelte di intervento.
Un passo questo necessario e non più prorogabile se si vuole che tali ecosistemi siano preservati e tramandati alle future generazioni. L’interpretazione ambientale dei complessi carsici, e delle Grotte di Castellana nello specifico, pur non escludendo il legittimo godimento da parte della collettività, presenta a tutt’oggi numerosi interrogativi che dovranno essere affrontati e risolti in tempi non geologici.