Un elemento di contraddittorietà è reso evidente dal pressoché universale accoglimento del principio di globalità. Lo si applica senza reticenze al mercato; peraltro non si riflette abbastanza che, più che di mercato impersonale e virtuale, trattasi di mercanti che si danno regole sovranazionali e, sbandierando la causale della «legge di mercato», azionano avanzamenti e retromarce sui valori della moneta stessa, degli scambi e delle differenziazioni delle economie con principale ed unico riferimento sottaciuto ai profitti e all’emarginazione delle economie deboli. La debolezza e l’avversa congiuntura di territori e di stati sono l’occasione propizia per costoro per l’accaparramento delle proprietà, magari sotto forma di protettorato, con l’effetto del trust di nuova generazione.
Così si arretra nel riconoscere il Diritto come determinazione proporzionale universale, davvero globale, in base a cui l’uomo è tale sotto tutti i cieli.
Come è mai possibile che sia globale un derivato e non sia tale anche la sua fonte? Se ci si mette in capo la mitra dell’universalismo del mercato necessariamente bisognerà accogliere la ricaduta delle infule sulle spalle.
L’immigrazione vanta dei diritti che promanano dalla vera globalità, non quella dei mercanti, ma quella della natura individuale ed universale dell’esistenza umana: non la terra comanda, non il mare, non le cose, non la ricchezza né la povertà, non il dominio né la sudditanza, ma l’essere in divenire dell’umanità che astratta non è ma che da individuale diventa universale e globale. Non sono le linee di demarcazione tracciate su carte per convenzione o per vittorie militari che possono snaturare il Diritto Individuale alla vita. Quei tratti grafici si proiettano sulle acque e nell’aria e costituiscono i confini degli spazi entro i quali viene esteso il potere e la sovranità. Possono queste stesse tracciare e circoscrivere l’ambito vitale?
Interrogarsi alla luce di questi elementi sulla condizione della terra e dell’aria assume una connotazione trascinante, perché è l’ambiente che accoglie ciascuno e tutti e il Diritto è come la linfa che alimenta la pianta dalle radici fino alle nuove gemme.
Gli accordi che le nazioni, anche quelle europee, elasticamente affermano, in un andirivieni di do ut des, lascia allibiti di fronte anche al pur minimo senso del diritto di romana memoria, un diritto quello certamente limitato dalla volontà di potere ed imperialismo in cui il civis completo riconosciuto era quello che apparteneva al privilegio e alla concessione di esso. Il dictator possedeva di diritto la pienezza del potere e della decisionalità e la funzione si attribuiva all’imperatore o al comandante in capo delle forze militari in tempo di guerra: la dittatura a sostegno della legge e della salvezza della patria!
Leggere oggi le azioni dittatoriali dei poteri costituiti e di quelli cosiddetti forti ma occulti, significa intercettare le radici di quella globalità che ferisce il Diritto Individuale e quello Relativo senza dei quali il senso dell’umanità svanisce in una foschia che non permette la penetrazione della ricerca della verità quella di cui può dirsi: «verum et bonum convertuntur» (il vero e il bene convergono fino a coincidere)!
Le emigrazioni contemporanee lette dal punto di vista di immigrazioni ci offrono una chiave di lettura di tutte quelle trasmigrazioni che hanno segnato la storia dell’uomo fin dai passi del Neanderthal che, partito dai continenti oggi definiti terzo mondo, ha avviato il cammino della civiltà. Possiamo credere che dai passaggi moderni di sofferenza e rifiuto giungerà in futuro una era nuova per tutta l’umanità? Questo è nella storia reale e dice molto alla miopia che vede solo nei postumi delle guerre i cambiamenti epocali e segna con le date delle paci effimere l’evoluzione della civiltà.
Ma la Storia, quella che è maestra, è fuori dalla portata dei piani economici e delle paure delle piccole borghesie occidentali, dagli alfabeti roboanti ma dalla povertà interiore che grida il suo rifugio nella globalità come tana e trincea contro la marea che supera gli argini fragili e segna il sopraggiungere di un’epoca nuova che non ci è dato conoscere ancora. Solo la sua attesa critica e saggia ci salverà dalle paure e trasformerà l’attesa in scoperta, l’occhio vigile in cuore aperto al futuro.
L’umanesimo contemporaneo interpretato dalle forze armate chiamate a soccorrere o ad arginare, non basta a frenare i flussi. La politica della saggia prevenzione dovrà cercare l’iniziativa comune internazionale per sanare i vulnus del Diritto alla fonte, nei territori di provenienza. Non bastano gli accordi tra Stati, perché gli Stati-fonte-migratoria sono sovente i responsabili della rottura dei diritti umani locali.
Prima ancora che l’Isis cavalchi la fiumana dei diseredati gettando le basi di una nuova guerra mondiale, la saggezza del Diritto potrebbe sovvertire il piano diabolico e fanatico. Ma, a sostegno di questa nuova concezione della pace, dobbiamo rivisitare le norme, reinterpretare il Diritto, reinventare la democrazia globale.
Il continente che fu culla del Diritto sancito ha fin qui mostrato la sua inadeguatezza lasciando buona parte del lavoro al volontariato e al suo attivismo per l’amministrazione dell’accoglienza. Ci si può permettere quindi il lusso di dubitare che la vista del bimbo morto con la faccia sulla sabbia possa avere trasformato alcune politiche europee da rifiuto in accoglienza. È del tutto probabile che altri calcoli si nascondano mentre facilmente si fa distinzione tra profughi siriani ed il resto dei fuggiaschi. Somiglia molto alla conversione di alcuni governi dalla pretesa del rigore all’aiuto alle economie deboli in vista di un’opa e di scalate verso la proprietà di beni e di valori che diventano oggetto di esproprio: anche qui, in nome di una migliore e più redditizia gestione e profitto.
La Lega Nord in Italia può ancora additare a saggezza la distinzione tedesca, austriaca ed inglese contro l’abbraccio indiscriminato del governo italiano o maltese, citando un fatto vero: «Fermate la guerra nella nostra terra e non verremo più da voi!» grida il ragazzino appena approdato.
Rimane innegabile però il senso del Diritto Universale verso i singoli emigranti, i singoli fuggiaschi, i singoli cercatori di salute e dignità. Questo il grande problema dell’Occidente che ha i mezzi per contribuire ad una rinnovata diplomazia oggettiva.