Il titolo, «Efficienza ultima spiaggia», dà l’idea dell’emergenza dell’argomento clima, e un po’ tutti i numeri di quest’anno guardavano a questo appuntamento caricato forse da troppe aspettative rispetto all’appesantimento culturale, economico e di potere che grava sui governanti del pianeta
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Il numero di «Villaggio Globale», appena messo on line, è dedicato all’efficienza energetica, alle energie rinnovabili e ai nuovi materiali.
È pubblicato in contemporanea all’apertura della Cop21 di Parigi, non è una summa degli argomenti sul tappeto ma vuole dare un piccolo contributo coprendo quegli aspetti che sono il sale della nostra presenza sulla terra: L’efficienza, come migliorare alcune tecnologie già presenti, che ruolo hanno le tecnologie nella nostra vita, quali interessi sono dietro il tavolo delle trattative.
Il titolo, «Efficienza ultima spiaggia», dà l’idea dell’emergenza dell’argomento clima, e un po’ tutti i numeri di quest’anno guardavano a questo appuntamento caricato forse da troppe aspettative rispetto all’appesantimento culturale, economico e di potere che grava sui governanti del pianeta.
Nell’Editoriale che vi proponiamo sono sintetizzati un po’ questi argomenti che contengono riflessioni e proposte.
L’efficienza energetica e la ricerca di nuove tecnologie, sono da sempre presenti nelle attività umane e affiancano il cammino dell’evoluzione tecnologica dell’uomo: dalla caverna alle palafitte, dai castelli ai grattacieli.
Soltanto recentemente, quando l’uomo ha realizzato che certe risorse non sono infinite e si è accorto dei limiti del pianeta, l’efficienza è quasi diventata un imperativo e la ricerca di nuovi materiali un obbligo.
Tutto questo sta modificando radicalmente il nostro stile di vita, il paesaggio e il nostro posto nella natura.
Forse questo segnerà la vera svolta dell’umanità.
Tuttavia è bene avere la consapevolezza che questo non sarà in automatico.
Il concetto dell’inesauribilità della crescita non è definitivamente sconfitto. Le azioni di costruire camini e sputare fumi, fabbricare automobili, asfaltare ettari ed ettari di superfici, costruire dovunque… sono entrate in crisi con il cambiamento climatico, l’inquinamento delle città, l’aumento delle malattie polmonari, i dissesti idrogeologici. I segni di un’inversione di tendenza sono ora evidenti ed avanzano nuovi modelli culturali ma siamo in un momento di passaggio e sebbene noi, che abbiamo determinato una crescita accelerata e disordinata, cerchiamo ora di porre rimedio, subendone tutto il carico per evitare alle future generazioni situazioni peggiori, ci corre l’obbligo di incanalare la crescita verso uno sviluppo responsabile.
Noi, per energia, intendiamo principalmente quella occorrente per far funzionare un congegno, poi pensiamo anche all’energia che serve ad un uomo per vivere. Volendo superare questi limiti, possiamo dire che l’efficienza energetica in agricoltura è l’irrigazione a goccia, come anche è considerato spreco il gettare lontano dai campi il taglio di parti non commerciabili delle piante che così non restano nel terreno per favorirne il prosieguo naturale del ciclo.
L’efficienza tocca anche il miglioramento delle fonti energetiche per far muovere macchinari per l’agricoltura o illuminare, riscaldare o raffrescare le abitazioni.
E poi c’è il concetto del km 0, il percorso che deve fare un prodotto per raggiungere il consumatore finale.
L’agricoltura di tutto il mondo si poggia sulla ricchezza di una cultura agricola creata dai nostri avi.
Si viveva in case molto meglio isolate da quelle delle città, si produceva olio che serviva anche per illuminare, dagli scarti del legno o dalle bucce di mandorle si creava il carbone o la carbonella che servivano per riscaldarsi.
C’erano dei rischi per la salute, certo, per cui un evviva per le nuove tecnologie. La vita si è organizzata meglio e la qualità di vita ha raggiunto livelli eccellenti anche nelle campagne. Bene! Ma perché quel modello di quasi autosufficienza non può continuare grazie alle tecnologie e ai nuovi materiali?
La risposta è nella complessità della società che abbiamo creato. Ci stiamo portando dietro, come un peso ormai insostenibile ed anacronistico, vere e proprie forme parassitarie di privilegi che non hanno più motivo di esistere e, quel che è peggio, con la saldatura che c’è stata fra potere politico e potere economico, i nostri governanti non stanno più dalla nostra parte.
Bisogna avere la forza di interrompere tutto questo circuito, tagliare subito ciò che non serve e godere, finalmente, dei vantaggi che l’ingegno umano ha creato.
Lo chauffeur era chi alimentava il fuoco, divenendo poi il «fuochista» delle macchine a vapore, e siamo nel 1600. Ci sono voluti più di due secoli, nel 1900, quando questa parola divenne sinonimo di conducente e la figura dell’autista divenne una professione al servizio di ricchi ed autorità varie. Solo vari anni dopo è stato possibile ad ognuno guidare la propria auto così come avviene ora. Adesso immaginate se dovessimo aspettare due secoli per poter acquistare (ad un costo non appesantito da burocrazia ed imposte che ne limitano e falsano la libera concorrenza) un pannello solare e una batteria per illuminare, riscaldare e raffrescare la nostra abitazione. O immaginate se per non disturbare la lobby degli autisti dovessimo considerare il loro costo nell’acquisto di un’auto…
Ma già avviene qualcosa del genere e di aberrante se consideriamo che noi paghiamo costi di energia tradizionale, di energia alternativa, di riciclaggio di materiale elettrico, di spazzatura, di differenziata, di depurazione delle acque… senza che la nostra qualità di vita e il decoro delle città abbiano subito un balzo in avanti conseguente.
Ed ora, di fronte all’avanzata delle energie alternative ed alla loro disponibilità immediata, l’Autorità per l’energia, il gas e per il servizio idrico (Aeegsi) sta pensando di cambiare il costo dell’energia abolendo completamente la premialità all’autoconsumo elettrico e agli interventi di efficienza, e addirittura premiando chi consuma di più. In pratica vengono alzati i costi della bolletta energetica per la gran parte dei cittadini e viene resa molto meno fattibile la riduzione dei costi della bolletta attraverso la riduzione dei consumi. In pratica viene incentivato l’utilizzo dell’energia elettrica dalla rete e ostacolata la possibilità di fare generazione distribuita non inquinante da fonte rinnovabile per autoconsumo.
Speriamo proprio di non dover aspettare due secoli prima di liberarci da questi lacci e lacciuoli perché, considerando la via dell’autonomia (alimentare ed energetica) che molte comunità hanno intrapreso, il rischio è di non riuscire ad affrancarci da una gestione retriva, punitiva e condizionante della cosa pubblica che rischia di determinare un arretramento secco di alcuni paesi rispetto ad altri. E speriamo di non dover rimpiangere l’autonomia alimentare ed energetica dei nostri avi visto che secoli fa loro già l’avevano.