Fabio Matacchiera, che ha levato il velo della reale situazione ambientale a Taranto, ha scandito i tempi e le storie della situazione tarantina a causa dei danni creati dall’Ilva, un’azienda che non è stata in grado di non danneggiare il territorio e che è andata fuori mercato lasciando una scia di danni che lentamente si cerca di sanare
Fabio Matacchiera è stato ospite dell’ultimo incontro del ciclo Terra Madre, organizzato dal gruppo DifferenziaNoci, in occasione della settimana europea sulla riduzione dei rifiuti, tenuto a Noci (Bari) sabato 28 novembre.
Fabio Matacchiera è un insegnante ed è un ambientalista vero, che con tenacia, perseveranza, passione e tanto amore per la sua città, è riuscito a sensibilizzare i suoi concittadini e ha portato la causa ambientale di Taranto all’attenzione della Commissione Ambiente della Comunità europea, e quest’anno anche al festival di Venezia.
Nel lontano 1991 fondò l’associazione Caretta Caretta per la difesa del mare di Taranto, prelevò campioni nerastri dai fondali del tratto di mare sito di fronte all’acciaieria e li fece analizzare scoprendo già allora, un importante inquinamento da idrocarburi aromatici policiclici (Ipa) e diossine. Denunciò sia i responsabili dell’inquinamento sia gli organi di controllo, fu rinviato a giudizio nove volte ma non è mai stato condannato.
Fare gli ambientalisti è difficile e rischioso, soprattutto quando si toccano interessi straordinariamente grandi e l’acciaieria, per molto tempo, è stata considerata un tabù (ed è rimasto tale fino a pochi anni fa) perché dava lavoro a molti tarantini. Vincevano l’incredulità e la preoccupazione per il lavoro.
Tuttavia, il polo industriale così vicino alla città (ma fumi e polveri, in presenza di forti venti, possono raggiungere anche territori a 160 km di distanza), nel tempo ha cominciato a provocare malattie e morte e, dopo un lungo periodo in cui la città sembrava rassegnata, nel 2012, grazie al magistrato Patrizia Todisco, prende il via il processo «Ambiente Svenduto» contro i dirigenti dell’Ilva e alcuni politici.
Non è stato più possibile chiudere gli occhi. Il territorio è così inquinato che a Taranto non ci sono più masserie con ovini e caprini perché tutti gli allevamenti sono stati distrutti; oltre duemila capi di bestiame sono stati abbattuti perché nelle loro carni sono stati trovati valori altissimi di diossine e di policlorobifenili (pcb) e vietato il pascolo, a causa dell’inquinamento del suolo, per un raggio di 20 Km dal polo industriale).
C’è stato un periodo, quando non si era ancora dotati di tutti i dispositivi di sicurezza, in cui il sindaco è stato costretto ad emanare l’ordinanza con la quale si vietava di seppellire i morti nel cimitero che è adiacente all’acciaieria perché smuovere il terreno avrebbe significato mettere in pericolo la salute dei necrofori.
Nel gennaio 2011, grazie ai fondi della onlus del Fondo Antidiossina, si cominciò ad analizzare i mitili e le lumache di terra. Le lumache avevano oltre 27 μg/g di diossine e pcb quando per abbattere un bue sono necessari 4 μg/g di tessuto, al massimo.
Poi si fecero anche analizzare il latte materno di venti donne e si sono riscontrati valori altissimi. Addirittura c’era una mamma, che poi si è ammalata di cancro, che aveva 39,9 μg/g di pcb e diossina. Per avere un’idea di quanto questi valori siano alti, basti pensare che il latte vaccino per essere a norma non deve superare 6 μg/g. È intuitivo come questo latte materno potrebbe essere pericoloso per il bambino e questo è gravissimo. I bambini sono i soggetti più vulnerabili.
Si sono fatte analizzare le uova delle galline che razzolano a terra non solo nei dintorni di Taranto ma fino a Crispiano, Martina Franca, Palagiano e si è trovato, in alcuni casi, che erano contaminate.
Tutte queste analisi non sarebbero state possibili senza il Fondo Antidiossina (di cui Matacchiera è presidente) perché costano moltissimo in quanto devono essere effettuate in laboratori autorizzati per essere attendibili. Il Fondo si distingue per l’estrema trasparenza; basta entrare nella homebanking del sito ed è tracciato ogni singolo euro. Questa onlus ha riscontrato un notevole successo perché negli ultimi anni, finalmente, la gente vuol sapere.
Uno dei meriti di Matacchiera e dei suoi collaboratori è stato quello di non arrendersi, di aver usato ogni mezzo per informare i tarantini e non solo: congressi, convegni, incontri, TV e poi il web, che ha semplificato molto le cose. Oggi c’è molta più attenzione e sensibilità.
Sempre avendo come obiettivo quello di sensibilizzare le coscienze e attirare l’attenzione sull’immane disastro ambientale che si sta consumando a Taranto e dintorni, è stato prodotto dal Fondo Antidiossina Onlus un cortometraggio dal titolo «Oltre le Nubi», presentato alla 72a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e nato da un’idea di Fabio Matacchiera e della giornalista Annagrazia Angolano. Il corto è stato interamente girato a Taranto da Marcella Mitaritonna e ha potuto contare sul contributo di professionisti del grande schermo, del calibro di Blasco Giurato, direttore della fotografia, premio Oscar per il film «Nuovo Cinema Paradiso».
«Oltre le Nubi» ha ricevuto al festival di Venezia, la menzione speciale per l’ambiente da «Green Cross Italia», la filiale italiana di Green Cross International, l’organizzazione non governativa ambientalista, fondata da Mikhail Gorbaciov.
Il 21 dicembre sarà proiettato al Cinema Teatro Orfeo di Taranto per la terza volta e preceduto da un evento musicale. I ricavati della serata saranno devoluti al «Fondo Antidiossina».
Qual è il futuro dell’Ilva? Il suo destino sembra essere segnato non solo per l’inquinamento, ma anche perché non è più un’industria competitiva e ogni mese ha un deficit di cinquanta milioni di euro.
Una bonifica del territorio è davvero possibile?
Molto probabilmente no, tuttavia si spera che qualcosa venga fatta in tempi brevi perché questa città non può più aspettare. Grazie a Fabio Matacchiera e ai suoi collaboratori per alimentare la speranza di un futuro migliore.