Respiriamo peggio di 25 anni fa

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Gli attacchi d’asma sono passati dal 3,4% al 7,2%, per la rinite allergica si è saliti dal 16,2% al 37,4%, l’espettorato ha superato il 19% rispetto all’8,7% del 1985 e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) ha raggiunto il 6,8% contro il 2,1% iniziale. Uno studio lungo 25 anni, portato avanti dall’Ifc-Cnr di Pisa e pubblicato su «Respiratory Medicine», ha evidenziato la presenza dei disturbi respiratori negli ultimi 25 anni. Confermata l’importanza di fattori di rischio quali fumo e ambiente urbano

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I nostri polmoni stanno sempre peggio. A dirlo è un’indagine dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) di Pisa, condotta in collaborazione con l’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare (Ibim-Cnr) di Palermo e le università di Pisa e Verona. Lo studio ha monitorato dal 1985 ad oggi un campione di oltre 3.000 soggetti residenti nel comune di Pisa per indagare l’evoluzione della prevalenza delle malattie respiratorie; i risultati, che confermano il preoccupante andamento riscontrato in altri Paesi, sono stati pubblicati su «Respiratory Medicine».
«I tassi di prevalenza di alcuni disturbi polmonari sono più che raddoppiati negli ultimi 25 anni – spiega Sara Maio dell’Ifc-Cnr di Pisa -. In particolare, gli attacchi d’asma sono passati dal 3,4% al 7,2%, per la rinite allergica si è saliti dal 16,2% al 37,4%, l’espettorato ha superato il 19% rispetto all’8,7% del 1985 e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), ostruzione delle vie respiratorie non completamente reversibile, ha raggiunto il 6,8% contro il 2,1% iniziale. Questi elementi confermano analoghi studi condotti a livello nazionale e in altri Paesi come la Svezia».
L’osservazione è stata svolta partendo da un campione di gruppi familiari scelto casualmente e poi estesa, con il passare degli anni, ai nuovi membri delle famiglie. «Lo studio è stato articolato su tre periodi: dal 1985 al 1988, dal 1991 al ’93 e dal 2009 al 2011. Per ogni fase è stato chiesto ai volontari di rispondere a un questionario, indicando a quali fattori di rischio fossero esposti e a quali disturbi fossero soggetti – specifica la ricercatrice -. Come già mostrato da ricerche precedenti, l’abitudine al fumo e l’esposizione lavorativa restano fra i più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di affezioni respiratorie. Ad esempio, chi fuma anche meno di 7 pacchetti di sigarette all’anno rischia di soffrire in più rispetto ai non fumatori, dell’85% per quanto riguarda la tosse e dell’80% per l’espettorato».
Ma anche il «fattore urbano» rimane un elemento importante, sia per le allergopatie sia per le malattie croniche ostruttive: «In particolare, i risultati hanno mostrato nei soggetti residenti in area cittadina, rispetto a quelli che risiedono in zone suburbane, un rischio maggiore del 19% di rinite allergica, del 14% di tosse, del 30% di espettorato e del 54% di Bpco – conclude Giovanni Viegi, dell’Ibim-Cnr di Palermo -. L’incremento dell’impatto delle malattie respiratorie sulla popolazione indicato dai risultati suggerisce di prestare ancora maggior attenzione agli sviluppi e alle cause di disturbi così comuni, di pianificare indagini epidemiologiche longitudinali e ampliare le conoscenze sui fattori (allergeni, inquinanti atmosferici…) potenzialmente associati a tale aumento».