La App inventa un audit che… conferma

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Il colosso cartaio vuol dimostrare di non distruggere le foreste naturali ma la «verifica» non nega che App converta foreste pluviali e torbiere in piantagioni per la produzione di cellulosa. Problemi anche per le società che producono olio di palma

Il colosso cartario indonesiano Asia Pulp & Paper (App) ha annunciato un nuovo audit per dimostrare di essere stato ingiustamente accusato di distruggere le foreste naturali in Indonesia.

La «verifica» però è stata condotta da consulenti già coinvolti nelle pubbliche relazioni dell’impresa, sollevando diversi dubbi circa la sua attendibilità. L’audit si concentra su alcune differenze tra le mappe delle concessioni, ma in realtà non nega che App converta foreste pluviali e torbiere in piantagioni per la produzione di cellulosa. L’audit difatti conferma come la App converta ampie aree di torba profonda, ma sostiene che tale attività non sia affatto illegale secondo i sensi della legge indonesiana: «Il marchio di illegalità alla conversione di torbiere oltre i tre metri di profondità non è assoluto. Le condizioni del decreto permettono numerose attività industriali nelle aree torbiere, tra cui l’estrazione mineraria, la silvicoltura e l’agricoltura», sostiene l’audit.

La App ha assunto la Its globali (Global Strategies International Trade), una impresa che è di proprietà di Alan Oxley, leader della World Growth International, un gruppo che opera per conto della Sinar Mas, il gruppo industriale che controlla la App. La Its Global quindi non ha le carte per presentarsi come revisore indipendente, dato che già gestisce le pubbliche relazioni della Sinar Mas. In altre parole, non ha credibilità, come suggerito da Mongabay.

La World Growth International è nota per le invettive contro le associazioni ambientaliste (Greenpeace, la Rainforest Action Network, Friends of the Earth e Wwf Indonesia) e il loro impegno nella protezione delle foreste e nella prevenzione del cambiamento climatico limite, soprattutto quando questi denunciano le pratiche delle imprese del gruppo Sinar Mas (dalla App alle imprese che producono olio di palma, come la Sinar Mas Agro Resources and Technology, Smart, e la Golden Resources Agri). In questo suo impegno, la World Growth International è arrivata a sostenere che le piantagioni di palma da olio sequestrano più carbonio delle foreste pluviali, e che la principale causa di deforestazione è l’agricoltura di sussistenza, non certo le grandi piantagioni industriali. Gli «studi» della World Growth hanno negato che la conversione delle torbiere in piantagioni generino massicce emissioni di gas serra, o significhino la perdita di habitat per specie minacciate come oranghi e tigri di Sumatra.

Anche l’audit redatto dalla Its Global per la App nega che la conversione delle foreste pluviali in piantagioni minacci il futuro degli oranghi delle tigri di Sumatra, che sarebbero minacciati solo dal bracconaggio. Anche i dati sull’impatto climatico, sono manipolati. L’audit sostiene che l’Indonesia non è sia il terzo emettitore mondiale di gas serra, a differenza di quanto riportato dal Consiglio nazionale sui cambiamenti climatici (Dnpi). Per farlo nasconde i dati assoluti e presenta invece le emissioni pro-capite, che risultano molto più basse, data l’alta popolazione del paese. In aggiunta, la Its Global omette le emissioni derivate dall’utilizzo del suolo, che in Indonesia fanno la parte del leone, proprio a causa della deforestazione. L’audit suggerisce che le piantagioni di palma da olio e di acacia (per la produzione della carta) non figurino tra i principali attori delle emissioni di gas serra in Indonesia. In realtà è oramai noto come oltre metà dell’espansione delle piantagioni di palma da olio tra il 1990 e il 2005 sia avvenuta a spese delle foreste naturali in Indonesia, e che essa, insieme con le piantagioni di acacia, è la principale causa della deforestazione.

Non a caso, il Roundtable on Sustainable Palm Oil (Rspo) ha minacciato il gruppo Sinar Mas di espulsione, a causa delle «gravi non conformità con il Codice di condotta dell’Rspo». Anche Burger King ha pubblicamente annullato i propri contratti di fornitura di olio di palma da Sinar Mas, a causa delle «fondate preoccupazioni su alcune delle pratiche di sostenibilità nella produzione di olio di palma da parte della Sinar Mas, e sul loro impatto sulla foresta pluviale […] Come risultato, abbiamo deciso che non sarà più acquistato olio di palma dalla Sinar Mas o le sue controllate». Anche altre imprese hanno annullato i propri contratti con il gruppo Sinar Mas, a cominciare da Kraft, Nestlé e Unilever.

(Fonte Salva le Foreste)