Come proteggere i mari e i migranti

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Presentati oggi e domani al Cnr, i risultati del progetto europeo Marsafenet «Network of experts on the legal aspects of Maritime Safety and security», coordinato dall’Isgi-Cnr, che delinea gli aspetti giuridici legati alla conservazione degli ecosistemi marini, sicurezza delle coste e flussi migratori

Ambiente e cambiamenti climatici, immigrazione e pirateria sono le problematiche poste al centro della Cost Action IS1105 «Marsafenet» sugli aspetti giuridici della sicurezza marittima, coordinata dall’Istituto di studi giuridici internazionali del Consiglio nazionale delle ricerche (Isgi-Cnr) che ha coinvolto per quattro anni, dal 2012 al 2016, più di 80 esperti di diritto internazionale del mare.
I risultati di questo lavoro, disponibili anche in Rete, vengono presentati durante la conferenza internazionale «Maritime Safety and Security: Future Perspectives», in corso oggi e domani a Roma presso la sede centrale del Cnr (P.le Aldo Moro 7, Aula Marconi, inizio ore 9).
«Le implicazioni del cambiamento climatico sono ormai note, ma le risposte sul piano giuridico internazionale tardano ancora ad arrivare – dichiara Gemma Andreone dell’Isgi-Cnr, coordinatrice del progetto -. Si pensi al rischio, ormai nemmeno troppo remoto, che a causa dell’aumento del livello del mare alcune isole del Pacifico, nonché delle coste del Bangladesh, vengano sommerse. Quali saranno i provvedimenti che la comunità internazionale adotterà in tal caso per individuare i luoghi dove le relative popolazioni potranno trasferirsi? Un’ipotesi, già allo studio di Stati ed esperti, è quella di creare nuove isole artificiali dove esse possano trasferirsi, vivere e anche continuare a esercitare la loro sovranità territoriale».
Altra emergenza ambientale, quella della biodiversità marina, finora dipendente soprattutto dalla politica di ciascuno Stato. «L’attuale modello giuridico appare evidentemente inadeguato alla gestione di una problematica che riguarda l’intero pianeta – precisa Andreone -. Per questo alle Nazioni Unite si sta per aprire un negoziato multilaterale in materia di protezione della biodiversità dell’alto mare, esplorando la possibilità di creare zone marine protette, in particolare per la salvaguardia delle risorse viventi del fondo marino».
Ai cambiamenti climatici è in parte legata anche la complessa questione delle migrazioni via mare. «Gli Stati costieri devono affrontare un doppio problema: dare soccorso ai naufraghi che rischiano la vita e allo stesso tempo controllare e contenere i flussi migratori. In tale contesto occorrerebbe un sistema comune di repressione per poter colpire le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico illecito – prosegue la ricercatrice dell’Isgi-Cnr -. L’intercettazione dei migranti spesso avviene troppo tardi, solo quando giunge una richiesta di soccorso, occorre ricordare infatti che nel diritto internazionale i poteri degli Stati di fermare la navigazione in alto mare di navi straniere sono limitati, manca una norma che permetta di intervenire, in assenza del consenso dello Stato della bandiera, anche se si tratta di navi stracariche di persone evidentemente sottoposte a trattamenti disumani».
Altro aspetto in qualche modo legato a questi temi, la pirateria. «Un problema sentito soprattutto nelle zone costiere in cui gli Stati sono più deboli e quindi le navi mercantili sono costrette a provvedere alla sicurezza del carico e dell’equipaggio stesso – conclude Andreone -. Molti Stati interessati ai traffici marittimi hanno provveduto con strumenti normativi interni che prevedono la presenza di militari o di guardie private a bordo dei mercantili privati a fini di sicurezza. Questa prassi ha già causato alcuni effetti negativi come nel caso dell’Enrika Lexie, e continua a porre un buon numero di difficoltà giuridiche dovute all’uso della forza in mare e ai conflitti di giurisdizione che ne possono derivare».