Ecco perché le rinnovabili non crescono in Italia

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In Italia l’autoproduzione da rinnovabili è stata bloccata da vari interventi normativi. Ostacoli che non consentono di rilanciare gli investimenti nel settore. Se ne è parlato in un convegno di Legambiente dove sono state presentate alcune interessanti proposte per superarli

In Italia si assiste da qualche tempo a un attacco all’autoproduzione, e dunque all’autoconsumo, da fonti rinnovabili. Eppure la forza dirompente della generazione distribuita e delle fonti rinnovabili sta proprio nel riuscire a portare a livelli molto elevati il consumo della elettricità e calore prodotti con il proprio impianto alimentato da energia pulita, a cominciare da quello solare.
Svilire questo aspetto, gravandolo di oneri e tasse, è restare ancorati a forme energetiche centralizzate tipiche del secolo scorso. Oggi la figura del prosumer, colui che è al tempo stesso produttore e consumatore di elettricità, deve diventare la vera protagonista di un nuovo modello di energia, con possibili spinte verso l’innovazione anche sulla gestione dell’energia. Ma secondo la vecchia logica, presente non solo in Italia (vedi il caso della Spagna), questo soggetto può diventare anche il nemico del sistema energetico tradizionale.
Di questo si è discusso a Roma nel corso di un convegno organizzato da Legambiente dal titolo «Liberiamo in Italia l’autoproduzione da energie pulite».

La situazione

Oggi nel nostro paese la situazione per l’autoproduzione non è delle migliori. Se pensiamo solo alla riforma delle tariffe elettriche che riducono la convenienza delle famiglie e delle imprese ad utilizzare energia autoprodotta con le rinnovabili oppure al divieto di fornire elettricità pulita a multiutenze come condomini, centri commerciali, aeroporti, distretti produttivi, capiamo bene quale tappo si stia mettendo alle enormi potenzialità di fonti e nuove tecnologie che vedono ridursi in maniera costante i loro costi (ad esempio quelli del FV sono calati di oltre il 60% in 6 anni).
Edoardo Zanchini di Legambiente spiegava che in Italia una raffineria, una centrale a turbogas e un impianto fotovoltaico pagano la stessa tassa sull’autoconsumo. È per questo motivo che Legambiente e altri attori a diversi livelli vogliono ora aprire un confronto pubblico su questo punto nodale: l’eliminazione delle barriere all’autoproduzione nell’interesse di famiglie e imprese.
Attraverso questa strada si dovranno e si potranno affrontare alcune criticità tipiche di un mix energetico che vede crescere il ruolo delle fonti rinnovabili, per loro natura intermittenti.
Ad esempio nel corso del convegno si è spiegato che favorendo l’autoproduzione da rinnovabili nelle multiutenze e consentire lo scambio di energia tra imprese si può creare una gestione integrata di impianti di produzione e di accumulo, sistemi efficienti in grado di offrire un efficiente servizio di bilanciamento e dispacciamentorispetto alla rete, e capace di programmare immissioni e prelievi.
Un’altra criticità, che ha una particolare attenzione, probabilmente eccessiva ai limiti dell’allarmismo, da parte del nostro regolatore, l’Aeegsi, è quella che riguarda gli oneri di sistema che si pagano in bolletta per ora quasi esclusivamente sull’energia prelevata dalla rete. Il timore dell’Autorità è che un’autoproduzione spinta possa ridurre la platea di coloro che partecipano al pagamento di tali oneri.
La proposta che esce dal convegno è di stabilire una partecipazione agli oneri di sistema legata al tipo di fonte energetica utilizzata e in relazione alle sue emissioni, potendo fare nel tempo un controllo dell’evoluzione di questi oneri, così da apportare eventuali interventi correttivi. Qui servirà un confronto aperto con il regolatore perché si dovranno introdurre regole nuove per accompagnare questa prospettiva e poi verificare i risultati.

Una proposta

A tal proposito Legambiente ha presentato cinque punti per una proposta complessiva di rilancio dell’autoproduzione da rinnovabili, che spiegano più nel dettaglio quanto detto sopra. Eccole:

1) All’interno degli edifici deve essere consentita la distribuzione di energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili attraverso reti private.
La cessione dell’energia elettrica è regolata da contratti di vendita diretta tra privati sulla base di accordi bilaterali nel rispetto delle condizioni di sicurezza e stabilità del servizio. L’edificio può avere uno o più punti di connessione con la rete di distribuzione.
La produzione elettrica deve essere da fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento e integrata con sistemi di accumulo.
Con il gestore di rete sarà definito un contratto di immissione in rete con individuazione di una tolleranza massima del 10%.
Le ragioni sono nella opportunità di promuovere innovazioni nella gestione energetica all’interno degli edifici, per ridurre consumi e costi, nella direzione promossa dalle Direttive europee (2010/31/UE, Energy Performance Building Directive).
Attraverso la produzione e distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili direttamente alle utenze poste all’interno dell’edificio, si possono spingere investimenti in tecnologie integrate (solare, efficienza, accumulo) per elettricità e calore per il riscaldamento e raffrescamento.
Un sistema di questo tipo riduce il numero di scambi con la rete e l’oscillazione rispetto a produzione e consumi, attraverso il ruolo dell’accumulo e la possibilità di sottoscrivere contratti di prelievo e immissione programmabili.
Questi sistemi devono essere normati a livello nazionale, nell’ambito oggi consentito dall’articolo 28 della direttiva 2009/72/CE, e dovrebbero presentare le caratteristiche dei sistemi di distribuzione chiusi (Sdc).
Il nostro Governo e i parlamentari europei italiani dovrebbero sollecitare una modifica alla Direttiva per estendere anche alle utenze domestiche queste possibilità, oggi non previste.

2) Tra aziende limitrofe deve essere consentito lo scambio di energia elettrica prodotta da impianti da fonti rinnovabili o in cogenerazione ad alto rendimento (Car) attraverso reti private.
La cessione dell’energia elettrica è regolata da contratti di vendita diretta tra privati sulla base di accordi bilaterali nel rispetto delle condizioni di sicurezza e stabilità del servizio. La produzione elettrica deve essere da fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento e integrata con sistemi di accumulo.
Con il gestore di rete sarà definito un contratto di immissione in rete con individuazione di una tolleranza massima del 10%. Queste fattispecie contrattuali valgono nei distretti produttivi, nelle aree artigianali e tra aziende limitrofe fino alla distanza massima di 1 km dai confini catastali.
Le ragioni sono nella opportunità di promuovere innovazioni nella gestione energetica delle imprese, promuovendo gestioni e produzioni condivise, per ridurre consumi e costi. Attraverso la produzione e distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili direttamente alle utenze poste in aree limitrofe, si riducono i costi per il sistema e si possono spingere investimenti oltre che negli impianti rinnovabili, anche nella gestione integrata dell’energia (elettricità e calore, efficienza, accumulo, ecc.).
Questi sistemi devono essere normati a livello nazionale, e dovrebbero presentare le caratteristiche dei sistemi di distribuzione chiusi (Sdc).
Un sistema di questo tipo riduce il numero di scambi con la rete e l’oscillazione rispetto a produzione e consumi, attraverso il ruolo dell’accumulo e la possibilità di sottoscrivere contratti di prelievo e immissione programmabili.
In particolare consente di azzerare le eccedenze immesse nella rete pubblica da parte degli impianti da fonti rinnovabili e per la cogenerazione di dare la necessaria simmetria fra utenze elettriche e utenze termiche, che con l’attuale disciplina invece non può essere raggiunta, visto che non si può avere più di una utenza elettrica.

3) Le Amministrazioni Pubbliche devono poter utilizzare la rete elettrica per lo scambio di energia prodotta da impianti da fonti rinnovabili tra edifici di proprietà.
Gli Enti locali possono usufruire per gli impianti posizionati su edifici di loro proprietà del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e in cogenerazione ad alto rendimento a copertura dei consumi di proprie utenze, senza tener conto dell’obbligo di coincidenza tra il punto di immissione e i punti di prelievo dell’energia scambiata con la rete ed esonerando tali sistemi dal pagamento degli oneri di rete e di sistema.
Il meccanismo rimarrà in vigore per 3 anni, per verificarne risultati, replicabilità, modifiche nella direzione della spinta all’efficienza energetica negli edifici di proprietà della pubblica amministrazione e nella direzione promossa dalle Direttive europee (2010/31/UE, Energy Performance Building Directive).
Le ragioni sono nella opportunità per gli Enti Locali di promuovere innovazioni nella gestione energetica, per ridurre consumi e costi. Gli edifici pubblici sono infatti posti in luoghi diversi e spesso con caratteri tali da rendere impossibile, per caratteri storici e localizzazione, la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Attraverso lo scambio sul posto tra le utenze dell’amministrazione si rendono possibili investimenti nelle rinnovabili in edifici di proprietà di un Ente Locale che permettono di coprire i consumi di altri edifici. In questo modo diventa possibile realizzare impianti, anche in assenza di incentivi diretti, ma semplicemente usando la rete pubblica come vettore ed esonerandoli dagli oneri di rete e di sistema.

4) Le utenze domestiche devono poter beneficiare di vantaggi fiscali e semplificazioni nell’autoproduzione da fonti rinnovabili.
L’accesso al meccanismo dello scambio sul posto è semplificato con conguaglio della produzione e dei consumi su base annuale.
La semplificazione vale per utenze residenziali con impianti da fonti rinnovabili fino a 12 kW di potenza installata.
Il meccanismo rimarrà in vigore per 3 anni, per verificarne risultati, replicabilità, modifiche nella direzione della spinta all’autoproduzione da parte delle utenze domestiche integrata con sistemi di accumulo piuttosto che con scambio di energia elettrica con la rete.
Le ragioni sono nella opportunità di aprire a innovazioni energetiche che aiutano le famiglie a ridurre consumi e costi. Attualmente lo scambio sul posto risulta complesso da gestire per le famiglie, perché prevede una compensazione non quantitativa (tanto metto in rete, tanto prelevo), ma economica sulla base del costo dell’energia nei diversi momenti.
Attraverso una semplificazione del regime di scambio sul posto per le famiglie, si rendono convenienti investimenti nella produzione da fonti rinnovabili, ma anche nella riqualificazione energetica degli edifici, nell’utilizzo delle pompe di calore, nell’efficienza e nella mobilità elettrica.

5) L’autoproduzione di energia elettrica da rinnovabili deve beneficiare di vantaggi sugli oneri parafiscali in bolletta per i vantaggi ambientali che determina.
Gli oneri generali di sistema sono una componente imprescindibile di intervento per creare opportunità di intervento nell’autoconsumo la cui riduzione deve essere legata al tipo di fonte utilizzata e al vantaggio portato al sistema.
Le esenzioni devono essere determinate con la massima trasparenza, articolate e motivate, nel rispetto dei principi stabiliti dall’Unione europea con le Linee Guida sugli aiuti di Stato.
Attraverso la rimodulazione proposta si interviene sugli oneri di sistema, superando le attuali contraddizioni, attraverso una articolazione motivata sulla base dell’impatto ambientale delle diverse forme di autoconsumo. Le esenzioni dovrebbero valere per un periodo di 5 anni e prevedere verifiche annuali rispetto all’impatto determinato rispetto agli oneri generali di sistema.

Sugli oneri di sistema

Infine, sempre allo scopo di sbloccare l’autoproduzione da fonti rinnovabili, si valuta che almeno il 75% del gettito degli oneri di sistema deve provenire dalla componente variabile commisurata al prelievo di elettricità dalle reti.
Le ragioni sono nella spinta a investimenti nell’autoproduzione che possono trovare vantaggio da una fiscalità incentrata sulla parte variabile invece che su quella fissa. In questo modo si mantiene una convenienza economica per investimenti che puntano a ridurre il prelievo di energia.
Per quanto riguarda la parte variabile soggetta a esenzione per l’autoconsumo, si chiede che:
– per gli impianti da fonti rinnovabili sotto i 20 kW è pari al 100% (come previsto dalla Legge 116/2014);
– per gli impianti da fonti rinnovabili sopra i 20 kW non incentivati è pari al 95%;
– per gli impianti da fonti rinnovabili che usufruiscono dello scambio sul posto o degli incentivi in conto energia è pari al 70%;
– per gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento è pari al 70% degli oneri di sistema, se non godono dei certificati bianchi, altrimenti del 60%;
– per gli impianti alimentati da fonti fossili non cogenerativi è pari a 0% degli oneri di sistema.
Le ragioni sono di tipo ambientale e nel differente impatto delle diverse forme di autoconsumo.