Lanciata una Campagna di crowdfunding. Dal punto di vista politico non c’è stato, e continua a mancare, un coraggioso atto di affermazione del ripristino della biodiversità di tutto il territorio compromesso in sessant’anni di sfruttamento con l’agrochimica; non un incentivo alla necessaria conversione biologica con tutti i benefici per la salubrità del cibo e per la salute pubblica e dell’ambiente
Parliamo del Salento e del tentativo di sconvolgimento del paesaggio e del patrimonio olivicolo di questa terra.
L’emergenza Xylella fastidiosa, batterio della famiglia delle Xanthomonadaceae, che vive e si riproduce all’interno dell’apparato conduttore della linfa grezza apportando gravi danni alle piante colpite, ormai accompagna da tempo il vivere dei salentini, popolo colpito al cuore da un flagello che ha disonorato quello che per questa terra rappresenta una identità culturale, sociale, economica.
Al momento la situazione sembra molto confusa con un’Unione europea che allarga il rischio di infezione andando ad includere altre zone tra quelle ritenute infette e una Regione Puglia che stanzia fondi per gli agricoltori colpiti.
Il dato di fatto è che tutt’ora si tentenna su come agire e su cosa sia necessario fare e cosa invece sia dannoso.
Dal punto di vista politico non c’è stato, e continua a mancare, un coraggioso atto di affermazione del ripristino della biodiversità di tutto il territorio compromesso in sessant’anni di sfruttamento con l’agrochimica; non un incentivo alla necessaria conversione biologica con tutti i benefici che ne potrebbero derivare in termini di salubrità del cibo e di salute pubblica e dell’ambiente.
E le realtà che risultano più sensibili al maltrattamento del proprio territorio non possono che essere loro, le aziende biologiche locali rappresentate dal Comitato SOS Salviamo Ora gli ulivi del Salento, comitato che ha lanciato tempo fa la campagna di crowdfunding «SOS – Salviamo ora gli ulivi del Salento», una campagna che vuole con forza sostenere una rivoluzione culturale come tassello necessario per la salvezza del pianeta e dei suoi abitanti partendo dall’utilizzo di buone pratiche agronomiche, restituendo vitalità al suolo, vietando l’uso di erbicidi e questo partendo dalla martoriata penisola salentina.
Un Comitato che chiede l’attenzione più ampia di tutta quella parte di società civile e di quelle sensibilità che non possono e non vogliono restare a guardare lo scempio che si sta perpetrando contro un ecosistema afflitto da un Piano, voluto dalla Regione Puglia, il Ministero per le Politiche agricole e la Commissione europea, che ha come unica strategia per arginare la presunta avanzata del batterio quella di sradicare gli ulivi e utilizzare a tappeto pesticidi per uccidere la «sputacchina», l’insetto ritenuto responsabile della diffusione del batterio, Xylella fastidiosa.
Un Comitato supportato da altre realtà come l’Unione nazionale dei produttori biologici e biodinamici (Upbio) fondata nel 2011 per iniziativa dei produttori biologici aderenti a FederBio.
Perché l’emergenza Xylella in Salento non smette di preoccupare quanti hanno avuto dal Tar la sospensiva sulle eradicazioni e le irrorazioni massicce con prodotti chimici di sintesi con l’aggravante, rivela Upbio, che i decisori pubblici continuano a ritenere di intervenire «obbligatoriamente ed esclusivamente» con prodotti di sintesi in vasti territori intensamente antropizzati ignorando la proposta elaborata dal comitato tecnico Federbio, con la partecipazione Upbio.
Abbiamo rivolto alcune domande a Michele Monetta, presidente Upbio.
Quale la proposta elaborata dal comitato tecnico Federbio, con la partecipazione Upbio, per il Salento, proposta che al momento viene totalmente ignorata?
Il massiccio trattamento con prodotti chimici di sintesi si limita a contenere l’insetto vettore del batterio senza eradicarlo e quindi curare gli ulivi. Le aziende biologiche sarebbero danneggiate dai fenomeni di deriva con impossibilità di vendere prodotto come biologico. Le perdite economiche sarebbero notevoli per un territorio che meriterebbe ben altre attenzioni. A questo si aggiunga il notevole impatto ambientale con conseguente danno turistico, oltre che una popolazione sottoposta a massicci bombardamenti pesticidi. Il piano alternativo proposto da Federbio prevede l’utilizzo di mezzi tecnici ammessi in agricoltura biologica, quindi testati ed efficaci, ma soprattutto di origine naturale, quindi ad impatto zero o quasi, con risultati pari a quelli ottenuti con la chimica (se non superiori) salvaguardando gli ulivi secolari, la storia, l’economia della Regione e soprattutto la salute dei cittadini.
Quali gli interessi che si celano dietro le eradicazioni delle piante e l’uso massiccio della chimica in agricoltura?
Riteniamo che possano esserci interessi economici che permetterebbero cambi di coltura più redditizi rispetto al «povero» settore olivicolo, oltre che a possibili speculazioni cementizie. Il massiccio utilizzo della chimica rappresenta certamente un business per le multinazionali produttrici.
In che modo Upbio è dalla parte del Comitato SOS salviamo ora il Salento?
Upbio rappresenta gli interessi delle aziende agricole Biologiche dal Friuli alla Sicilia, e non poteva certo far mancare la propria concreta solidarietà alle aziende del Salento proponendo un piano alternativo riteniamo pure più efficace rispetto a quello ufficiale. L’attento consumatore bio marchierebbe il territorio come poco salubre per una produzione alimentare e turistica per questo ci riserviamo azioni legali contro l’attuazione di qualunque piano che non preveda una preliminare attenta Valutazione ambientale strategica (Vas).
Come lo immagina il Salento tra cinquant’anni?
Immaginiamo un territorio caratterizzato da un turismo sostenibile (già in forte crescita) come i consumi bio e che tra cinquant’anni necessariamente dovrà riguardare l’intero pianeta se vogliamo almeno consolidare cambiamenti climatici in atto che potrebbero già essere irreversibili.
Per sostenere la campagna di crowdfunding «SOS – Salviamo ora gli ulivi del Salento».
Elsa Sciancalepore