«Viviamo in una cultura di irresponsabilità istituzionalizzata dobbiamo renderci conto che l’economia della finanza è un’illusione pazzesca almeno finché viaggerà su binari paralleli che non incrociano l’economia reale». «L’eccesso di disuguaglianze è insopportabile dalle democrazie moderne. Ecco perché dobbiamo reimpostare i nostri stili di vita, usare il volontariato come anticorpi di una società che vuole continuare a lavorare insieme, contro una economia che tende a dividere»
Due realtà che come linee parallele camminano senza incontrarsi mai. Può essere questo una sorta di filo conduttore che si riesce a tracciare dopo le due giornate di incontri ai «Colloqui di Martina Franca» che si sono tenuti nel comune tarantino lo scorso fine settimana, organizzati anche per questa terza edizione dal consorzio pugliese Costellazione Apulia.
«Quale uomo per quale impresa» il tema centrale delle riflessioni di quest’anno a chiusura di una trilogia di temi, uno per ogni anno, che ha visto nel 2015 «Quale impresa per quale economia» e precedentemente nel 2014 «Quale economia per quale benessere».
«Abbiamo bisogno di bravi cittadini, ancor prima che di imprenditori» spiega Vito Albino coordinatore scientifico dei Colloqui, per evidenziare che non si tratta di un confronto su dove va l’impresa, ma dove sta arrivando l’uomo, qualunque sia «l’impresa» che deve compiere.
E proprio tanti sono stati gli ambiti e i racconti tracciati dai relatori a cominciare da Paola Caridi, giornalista, esperta di Medio Oriente e nord Africa che ha raccontato delle battaglie che quotidianamente portano avanti i giovani egiziani contro la dittatura al potere. «Questi giovani che con Internet portano avanti la loro battaglia per la libertà stanno reclamando il loro diritto a poter scegliere ed esprimersi, al rispetto dei diritti civili, ma lo cercano a modo loro e non seguendo i nostri modelli occidentali – spiega la Caridi – vengono perseguitati, imprigionati, torturati, uccisi, sono costretti ad emigrare, ma continuano la loro lotta». Combattono a colpi di blog ed idee contro la dittatura che cerca di schiacciarli, sono ragazzi che pongono un problema al cuore stesso d’Europa, più disponibile a scendere a compromessi con un potere dittatoriale piuttosto che cercare soluzioni. Mondi paralleli, giovani da una parte, potere soffocante dall’altro; idee rivoluzionarie che si muovono attraverso la Rete e armi che impongono limiti. Due mondi che vivono e si scontrano senza che l’uno riesca a prendere veramente il sopravvento sull’altro.
«Viviamo in una cultura di irresponsabilità istituzionalizzata – sottolinea Rolf Ostmann, economista tedesco – dobbiamo renderci conto che l’economia della finanza è un’illusione pazzesca almeno finché viaggerà su binari paralleli che non incrociano l’economia reale». Semplicemente destabilizzante.
«Oggi siamo in un’era dove sono finite le grandi narrazioni – chiarisce Felice di Lernia, antropologo – usando una metafora possiamo dire che semanticamente siamo una società che è passata da Fausto Coppi a Fabrizio Corona. Coppi, grande campione, uomo di successo, viene messo da parte per la sua storia adulterina con una donna sposata; Corona, senza alcun tipo di meriti, diventa testimonial di una grande azienda di abbigliamento nonostante una condanna penale». Due modelli che si specchiano e che appartengono a due società sostanzialmente differenti. «Siamo passati da una intelligenza collettiva che proiettava il singolo in un più ampio Noi, ad un sistema connettivo che facebook rappresenta perfettamente: tantissimi amici, ma nessuna relazione vera».
Una «evoluzione» nei costumi dove il potere politico non è irresponsabile: distruggere l’intelligenza collettiva significa isolare il singolo, più semplice così da controllare, in modo da impedirgli qualsiasi «impresa».
«Le disuguaglianze economiche, l’azzeramento della classe media, la polarizzazione dei redditi che fa sì che l’1% della popolazione detenga il 50% della ricchezza mondiale, non è solo un problema etico ma sostanziale – spiega Nicola Costantino, professore di ingegneria economica e già rettore del Politecnico di Bari -. L’eccesso di disuguaglianze è insopportabile dalle democrazie moderne. Ecco perché dobbiamo reimpostare i nostri stili di vita, usare il volontariato come anticorpi di una società che vuole continuare a lavorare insieme, contro una economia che tende a dividere».
Naturalmente servono soluzioni globali perché un processo del genere possa aver successo e forse un piccolo germe di questo cambiamento si può trovare in una esperienza francese che si sta allargando a macchia d’olio. «OuiShare cerca di mettere al centro dello scambio economico le persone e le relazioni – spiega Silvia Candida, sindacalista e membro di Ouishare – si riprendono le tecniche dei nostri nonni, attraverso il baratto declinato in varie forme per dimostrare che è possibile risparmiare e creare valore attraverso una differente economia».
Condivisione, collaborazione, sharing economy, ecco che forse strategie simili possono far sì che sistemi differenti, che spesso vivono l’uno accanto all’altro senza incontrarsi mai possano venire in contatto e magari dar vita a nuovi paradigmi, in una sorta di «vita tua, vita mea».
E se si parla di nuova vita ecco che forse è bene ripartire dall’ambiente, dalla terra che da decenni stiamo devastando per cercare di estrarre quante più risorse possibili. Serve una rivoluzione verde come quella che illustra Cristos Xiloyannis, professore all’Università della Basilicata. «Oggi produciamo molto di più di quello che abbiamo bisogno. In agricoltura si raccoglie solo quello che è perfetto da vendere e si lascia sulle piante oltre il 20%. Lungo tutta la filiera che dal raccolto arriva ai supermercati e poi la nostra tavola si spreca un altro 50%. È indispensabile tagliare gli sprechi per diminuire l’inquinamento e soprattutto dobbiamo salvaguardare il terreno. In questi ultimi anni per poter avere prodotti belli da vendere abbiamo inondato i campi di concimi chimici, tanto da inquinare l’acqua con i fertilizzanti, da distruggere la biodiversità. Dobbiamo capire che questo modello che abbassa i costi e aumenta la produzione non è più sostenibile». Una vera impresa dove il consumatore va rieducato a non pretendere tutto sempre, a saper comprare frutta e verdura di stagione e prodotti quanto più vicino possibile.
«L’uomo è il vero fattore del cambiamento – sottolinea Jascha Rohr, sociologo e filosofo – e quindi solo noi possiamo fare la differenza sul pianeta. La soluzione si trova solo collaborando, è questa la nostra vera ricchezza, e per farlo bisogna aprirsi agli altri, cercare il dono che ognuno di noi può dare alla comunità».
Concetti completamente opposti dal «compro dunque sono» così imperante oggi o dall’apparire ad ogni costo, ma gli unici modi perché un uomo possa riuscire a fare impresa e con essa la sua vita.