«L’intero evento mi ha riempito di una emozione enorme, sentendomi partecipe, anche senza invito, di un successo, che premia non solo le bellezze del territorio, ma anche la comunità locale che quelle bellezze conosce da sempre e le difende. Chi conosce la mia storia comprende subito il senso di questa intensa ed incontenibile emozione. È il senso di un orgoglio, di una identità personale e collettiva, che ha segnato le storie di molti di noi, dei tanti abitanti del Pollino»
Come il pianeta è frutto della sua storia geologica che noi studiamo e apprezziamo, così la nostra rete sociale è frutto degli uomini che ci hanno preceduto ed hanno contributo a tessere. Così, chi non conosce l’importanza di un sasso e gli dà un calcio, è solo un uomo che distrugge e non costruisce. Calcio dopo calcio annientiamo noi stessi. Allo stesso modo chi non conosce e non apprezza la rete sociale già costruita e la laceriamo convinti di saper fare meglio, siamo condannati a rifare le stesse azioni e ricominciare daccapo con spreco di risorse, energie e tempo. E quanto di più idiota può fare l’uomo dimostrando solo la sua ignoranza a fronte della ricchezza che ha ereditato. Pubblichiamo il contributo appassionato di Annibale Formica, già direttore del Parco, dalla storia sofferta. Un uomo della Basilicata che ha speso la sua vita per la propria terra.
Timpa di Noepoli sul Pollino
«Il Pollino diventa patrimonio dell’Unesco», «Il Pollino diventa capitale italiana della geologia», «Geoparchi a confronto guardano all’Unesco», sono i titoli che hanno accompagnato, nei giorni scorsi, sui quotidiani locali, gli incontri, i confronti e le visite guidate, in alcuni geositi del Parco, delle delegazioni dei Geoparchi italiani aderenti alla rete Global Park Unesco, convenute il 4, 5 e 6 luglio sul Pollino.
L’intero evento mi ha riempito di una emozione enorme, sentendomi partecipe, anche senza invito, di un successo, che premia non solo le bellezze del territorio, ma anche la comunità locale che quelle bellezze conosce da sempre e le difende. Chi conosce la mia storia comprende subito il senso di questa intensa ed incontenibile emozione. È il senso di un orgoglio, di una identità personale e collettiva, che ha segnato le storie di molti di noi, dei tanti abitanti del Pollino.
Confesso: insieme a tanto orgoglio per un riconoscimento, che gratifica idee, iniziative, progetti, impegni, responsabilità anche mie, sento, però, struggente il rammarico di una occasione dalla quale sono stato escluso, mentre mi sarebbe piaciuto esserne coinvolto per portare una testimonianza del patrimonio naturale e culturale, riconosciuto oggi Geoparco dall’Unesco, che ha segnato più di cinquant’anni della mia esistenza. Per non cadere nell’oblio e per non lasciare le nostre terre, tutte ancora da raccontare, in mano al «bracconaggio delle idee», mi sarebbe piaciuto raccontare, per esempio, che Timpa di Pietrasasso e Timpa delle Murge, sono i luoghi del paesaggio identitario della Valle del Sarmento, dove io sono nato e cresciuto e dove vivo. Sono luoghi che hanno una storia umana, oltre che naturale; che parlano con l’anima, con quell’anima che nel libro «L’anima e il suo destino» Vito Mancuso, l’autore, con coscienza laica descrive «come qualcosa di naturale»; che raccontano di storie umane, in cui la natura e i suoi abitanti reciprocamente influenzano i loro destini e il loro modo di rappresentarli. Raccontano la storia, per esempio, dei quattro alunni che a Terranova di Pollino, anni fa, per superare le loro difficoltà, avevano frequentato a Casa del Conte, nel cuore del Pollino, la «scuola familiare I Care don Milani». Uno di loro, agli esami di terza media sostenuti in una scuola lontana dal Parco, aveva portato la ricerca, fatta insieme agli altri compagni, sul «Museo Naturale di Timpa delle Murge e Pietrasasso». In una lettera, che i quattro ragazzi, inviarono al Parco, parteciparono la loro «scoperta» di «un sito geologico di importanza internazionale. Vengono dalle università d’Italia e del mondo per studiare queste rocce ignee e sedimentarie presenti nella stessa sequenza di come si trovavano in fondo al mare antico Tetide. Abbiamo un tesoro ma purtroppo né noi né gli abitanti della zona lo sapevamo». Chiedevano che io, in qualità di direttore del Parco, potessi e dovessi «fare qualcosa in più per fare conoscere questo luogo. Insieme con i geologi e gli amici del Centro educazione ambientale di Terranova di Pollino possiamo discutere con voi di un progetto per realizzare un percorso didattico naturalistico con pannelli, tettoie e staccionate in legno. Va sistemato subito anche il sentiero molto pericoloso. Infatti quando siamo andati con la terza media della scuola di Bari, dove Vincenzo ha sostenuto gli esami, più di qualche ragazza è scivolata ed ha rischiato di farsi male».
Nell’incontro con loro lungo il sentiero di Timpa delle Murge, dove anch’io durante il sopralluogo sono scivolato rischiando di farmi male, abbiamo assunto insieme l’impegno di promuovere e svolgere attività di educazione ambientale e di interpretazione naturalistica e di intervenire subito per la realizzazione di un «percorso didattico–naturalistico» da loro voluto e suggerito. È stata, cioè, un’occasione stimolante per accelerare i processi di conservazione, tutela e valorizzazione di quella eccezionalità geologica, unica nel suo genere, «di basalti di 160 milioni di anni, cioè di estrusioni laviche formatesi nei fondi oceanici e trasportate qui, a 1.300 metri di quota, come veniva descritto nel Progetto Pollino nel 1980, a seguito di immensi sommovimenti tettonici». E tutto questo è detto per dichiarare il valore non solo alla «bellezza» in sé delle risorse naturali del Parco, ma anche al vero significato del riconoscimento di «patrimonio dell’umanità» da parte dell’Unesco. Chissà se quei ragazzi, hanno avuto modo di sapere che il loro Pollino è diventato, anche per merito loro, «Capitale della Geologia»?