Per un vero cambiamento ci vuole volontà politica

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L’attuale governo Renzi vede il perseguire politiche che risultano in netto contrasto rispetto alla necessità di mettere in atto una transizione energetica verso le tecnologie rinnovabili, politiche che non sono coerenti con gli impegni internazionali assunti dall’Italia con la ratifica dell’Accordo di Parigi

Le Associazioni A Sud e il Centro documentazione conflitti ambientali (Cdca) hanno presentato il dossier «L’Italia vista da Parigi. Impegni internazionali e politiche nazionali per la lotta ai cambianti climatici».
Un giorno importante, quello scelto per la presentazione, in quanto coincidente con l’avvio dei lavori della Cop22 di Marrakech e a tre giorni dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi.
Un dossier che ha la volontà di fare il punto sulle ultime evidenze scientifiche, attraverso lo studio e il confronto di dati e analisi, sul futuro dell’Accordo e sull’adeguatezza delle politiche messe in campo dall’Italia rispetto agli impegni assunti in sede internazionale per quella che rappresenta la più grave delle crisi ambientali in atto, quella climatica.
Un anno fa la firma dell’Accordo di Parigi, un accordo che ha portato con sé tante promesse ma che non sembra vedere il mondo pronto a compiere quella svolta a U necessaria a riscrivere i destini climatici del pianeta.
Già ratificato da un numero di Parti tale da permetterne l’entrata in vigore anticipata, l’Accordo rappresenta senza dubbio un fondamentale punto di partenza per costruire un quadro di riferimento globale e vincolante nella lotta contro il tempo per scongiurare la più grande catastrofe che pende sull’umanità, quella climatica.
Le questioni aperte sono tante e vanno sciolte quanto prima per dare quel seguito necessario che permetta concretamente di realizzare la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
E in questo quadro molte le contraddizioni che risultano presenti…
L’Italia, ad esempio, si è posta come obiettivo quello di ridurre del 33% le emissioni entro il 2030, ma questo progetto non è accompagnato da politiche adeguate vedendo ancora moltiplicarsi gli investimenti in progetti di sfruttamento di energie fossili, in infrastrutture per il trasporto su gomma, in politiche di incenerimento dei rifiuti e il tutto unito alla mancanza di adeguati incentivi per la transizione energetica e la decarbonizzazione.
Impegni che pertanto perdono di significato e risultano dichiarazioni di rito non sostanziate al momento dalle necessarie assunzioni di responsabilità politica.
Ma vediamo più nel dettaglio la situazione in Italia.
Il quadro normativo di riferimento in ambito energetico resta la Strategia Energetica Nazionale (Sen) varata dal governo Monti con il decreto interministeriale dell’8 marzo 2013. Anche se nella Sen si legge che «Rilanciare la competitività non implica un compromesso con le scelte di sostenibilità ambientale che sono state fatte con l’adesione agli obiettivi europei per il 2020 e con la definizione del percorso di decarbonizzazione verso il 2050», nello stesso documento viene promossa la «produzione sostenibile di idrocarburi nazionali».
Appare evidente che la produzione di idrocarburi non è e non può in alcun modo considerarsi sostenibile.
Anche l’attuale governo Renzi vede il perseguire di politiche che risultano in netto contrasto rispetto alla necessità di mettere in atto una transizione energetica verso le tecnologie rinnovabili, politiche che non sono coerenti con gli impegni internazionali assunti dall’Italia con la ratifica dell’Accordo di Parigi.
Con l’aggravante che la promozione del petrolio e delle fonti fossili rispetto alle rinnovabili ha orientato il mercato energetico in maniera evidente, come dimostrano i dati relativi agli investimenti nei vari settori.
Una politica italiana che, sino ad oggi, ha continuato a guardare al passato facendo passi insufficienti a generare un cambiamento.
Diversi studi mostrano come un cambio radicale delle scelte energetiche potrebbe portare l’Italia alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e alla indipendenza energetica (studio Verso un’Italia low Carbon: sistema energetico, occupazione e investimenti, pubblicato dall’Enea nel 2013).
E se quello dell’Enea è uno studio abbastanza datato, studi più recenti confermano tale trend, indicando come il varo di politiche adeguate possa permettere di raggiungere traguardi importanti in termini di sostenibilità energetica (studio redatto dall’Istituto di ricerca ambientale Ce Delf e ripreso da Greenpeace per il rapporto Potential for citizen-produced electricity in the EU pubblicato nel settembre 2016). Secondo tale studio nel 2050 due italiani su cinque potrebbe contribuire alla produzione di energia, arrivando così a produrre il 34% del totale dell’elettricità grazie a fonti rinnovabili distribuite. In particolare il 37% dell’autoproduzione potrebbe provenire da impianti domestici, il 25% da piccole e medie imprese, e l’1% dall’apporto degli enti pubblici.
Le istituzioni sono in definitiva chiamate ad impegnarsi maggiormente, facilitando l’autoproduzione e l’autoconsumo ed incentivando la crescita dei cosiddetti energy citizens, e questo per avviare un processo di transizione ecologica che potrebbe fare diventare l’Italia nel medio periodo 100% rinnovabile, utilizzando ad esempio le Isole Italiane per progetti pilota da implementare poi in tutto il Paese.
Progetti che necessariamente richiedono di bloccare la realizzazione di nuove centrali da fonti fossili (es. la nuova centrale in progetto a Favignana vicino Cala Azzurra e Cala Blu Marino), di approvare piani per far diventare le isole 100% rinnovabili.
Una transizione energetica verso 100% rinnovabili che può essere messa in atto anche per tutto il territorio nazionale con un mix di parchi solari, eolico terrestre, pannelli solari su abitazioni private e su edifici pubblici, idroelettrico, energia del moto ondoso, eolico in mare ed energia geotermica che consentirebbe all’Italia di raggiungere questo obiettivo.
In conclusione, per far fronte alla sfida del cambiamento climatico l’Italia ha bisogno di un nuovo ed ambizioso piano energetico, orientato alla programmazione a tappe serrate dell’abbandono delle fonti fossili. Questo comporta la rinuncia immediata a nuovi progetti estrattivi in terra e in mare.
E le soluzioni esistono… quello che manca è la volontà politica ed è su questa che l’azione dei cittadini può essere determinante, sia in termini di pressione e controllo sociale sia di azioni legali e questo appellandosi ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione.
Perché i cittadini possono modificare decisioni e cambiare le sorti del mondo intero rivendicando la tutela di beni giuridici rilevanti come la protezione dell’ambiente, della vita, della salute e il rispetto dei diritti delle generazioni future.