La resilienza come risposta al cambiamento

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Una resilienza che esplora i modi in cui gestire un mondo che ormai non è più in equilibrio e che da una parte cerca di costruire dentro le comunità, istituzioni e infrastrutture una maggiore elasticità e capacità di reagire ad eventi estremi mentre dall’altra sostiene la capacità dei singoli individui di gestire psicologicamente e fisiologicamente situazioni stressanti

Siamo nel corso della seconda settimana della Cop22 a Marrakech.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto che l’azione sui cambiamenti climatici è diventata «inarrestabile», e ha espresso la speranza che il presidente degli Stati Uniti d’America eletto, Donald Trump, scelga l’uscita da un’economia sostenuta dai combustibili fossili quale strategia di sviluppo.
L’accordo di Parigi avendo come obiettivo quello di eliminare gradualmente le emissioni di gas a effetto serra è stato una vera e propria svolta avvenuta dopo più di due decenni di negoziati, una svolta costruita su una maggiore certezza scientifica che vede le emissioni antropiche maggiori responsabili del susseguirsi di ondate di calore, inondazioni e innalzamento del livello del mare.
Ma mentre il mondo istituzionale si sforza di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, la comunità intera è chiamata a prepararsi per modificare le economie ed i luoghi in cui vive.
Di questo si è parlato ieri al 2016 Fuller Science for Nature Symposium «2° LATER: Resilience in a Changing World» svoltosi presso il Grosvenor Auditorium della National geographic society in Washington e organizzato da Wwf.
Una comunità in cambiamento che deve abbracciare un nuovo approccio alla conservazione costruita intorno alla gestione di un clima che cambia, adattandosi e trasformandosi di conseguenza, in una sola parola: Resilienza.
Il Fuller Simposio ha riunito una gamma diversificata di esperti per discutere di come la resilienza, capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, può essere un utile quadro di riferimento per ripensare la sostenibilità e la conservazione nell’era dei cambiamenti climatici.
Si osserva come le persone e gli ecosistemi rispondano al rapido cambiamento, spesso irreversibile, che il nostro pianeta sta vivendo, e come abbiano bisogno di gestire le scelte difficili, come ad esempio dove si dovrà meglio investire le nostre scarse risorse per il futuro.
Una resilienza che esplora i modi in cui gestire un mondo che ormai non è più in equilibrio e che da una parte cerca di costruire dentro le comunità, istituzioni e infrastrutture una maggiore elasticità e capacità di reagire ad eventi estremi mentre dall’altra sostiene la capacità dei singoli individui di gestire psicologicamente e fisiologicamente situazioni stressanti.
Perché i cambiamenti climatici sono destinati ad accelerare e l’adattamento è urgente.
Il cambiamento climatico avrà serie conseguenze su ogni singolo aspetto delle nostre vite oltre che provocare pesanti ricadute sull’economia globale.
In questo scenario è necessario che i singoli paesi adattino proprie misure al cambiamento climatico e questo per essere meno vulnerabili a tale processo.
Una resilienza che permetta di reagire in maniera positiva al cambiamento adattandosi con un’ampia gamma di attività e politiche finalizzate a ridurre le conseguenze e i danni del cambiamento climatico avendo come finalità quella di aiutare la società a conservare la propria salute e a svilupparsi anche con un clima in mutamento.