Fuorilegge mille depuratori italiani

756
Tempo di lettura: 2 minuti

La mappa delle località fuorilegge indica che quasi due terzi sono concentrate in quattro regioni: Sicilia, Calabria, Campania e Lombardia. Ma il problema tocca tutto il Paese, poiché l’unica regione «esente» dalle procedure d’infrazione aperte dalla Commissione è il Molise. E non perché sia particolarmente virtuosa, ma perché scarica le sue acque reflue in Puglia e Abruzzo

Un depuratore che non funziona è un depuratore che inquina. Può sembrare una banalità, ma è l’allarmante situazione che emerge dalle informazioni raccolte a Bruxelles, dove la Commissione europea ha accumulato, negli ultimi dieci anni, una serie impressionante di dossier che nel 2017, con molta probabilità, sfoceranno in nuove sanzioni e altri deferimenti alla Corte di giustizia. Secondo il report Ue,evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello «Sportello dei Diritti», in Italia sono quasi mille le località fuorilegge a causa di reti fognarie o impianti di depurazione inadeguati che non solo rappresentano un rischio per la salute e per l’immagine del Paese, ma possono anche costare milioni di euro in termini di multe Ue.
Nel mirino dei servizi dell’esecutivo comunitario ci sono grandi città, mete turistiche di fama internazionale e comuni dove le amministrazioni locali non sono riuscite, nei 25 anni avuti a disposizione, a creare le infrastrutture necessarie per rispettare i limiti fissati per le acque reflue dalla direttiva europea varata nel ’91. Limiti fissati all’epoca per garantire condizioni igienico-sanitarie adeguate per la tutela della salute e dell’ambiente.
La mappa delle località fuorilegge indica che quasi due terzi sono concentrate in quattro regioni: Sicilia, Calabria, Campania e Lombardia. Ma il problema tocca tutto il Paese, poiché l’unica regione «esente» dalle procedure d’infrazione aperte dalla Commissione è il Molise. E non perché sia particolarmente virtuosa, ma perché scarica le sue acque reflue in Puglia e Abruzzo.
Da Cefalù a Courmayeur, da Rapallo a Trieste, da Napoli a Roma e in parte Firenze, da Ancona a Pisa, le carenze registrate nel sistema di raccolta e trattamento delle acque di fogna, nonostante i ripetuti allarmi lanciati da Bruxelles, risultano ancora essere molto, troppo diffuse. La prima procedura d’infrazione risale al 2004, riguarda 80 località, e si è conclusa nel luglio del 2012 con una sentenza di condanna emessa dalla Corte Ue.
L’8 dicembre scorso la Commissione ha deferito nuovamente l’Italia alla Corte accusandola di non aver rispettato la sentenza del 2012 e chiedendo l’applicazione di una doppia sanzione: una multa forfettaria di 62,6 milioni di euro più una penalità di 347mila euro al giorno. La seconda azione incentrata su 27 località data 2009.
Del 2014 è la sentenza di condanna della Corte e ora i tempi sono maturi per un secondo deferimento con multa. La terza procedura d’infrazione riguarda ben 852 agglomerati urbani (di cui 175 in Sicilia, 130 in Calabria e 110 in Campania). Del marzo 2015 è l’ultimatum lanciato all’Italia per mettersi in regole e ora fonti di Bruxelles prevedono che nel 2017 arrivi il deferimento alla Corte di giustizia.
Intanto continua a salire il conto delle multe Ue per le discariche fuorilegge e i rifiuti in Campania. Nel primo caso l’Italia ha sborsato, dalla condanna del dicembre 2014 a oggi, circa 140 milioni di euro riuscendo a dimezzare il numero degli impianti fuori norma. Mentre nel caso Campania dal luglio 2015 si sta pagando una multa da 120mila euro al giorno che sarà bloccata solo quando l’Italia dimostrerà che il ciclo di gestioni dei rifiuti funziona al cento per cento.