Parchi, riaprire il confronto con le Associazioni

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Foto di C. Andriani
Uno scorci del Parco nazionale dell'Alta Murgia, foto C. Andriani
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Se la Camera non cambierà il testo di riforma su alcuni punti essenziali potremo dire addio ai parchi nazionali. Una nota di Wwf e Cai. Quali sono i maggiori rischi. La nostra inchiesta

La legge di riforma dei Parchi è presso la Camera e, come abbiamo approfondito nella nostra inchiesta con numerosi autorevoli interventi, se non verranno apportati alcuni correttivi, i Parchi subiranno gravi danni e limitazioni, dalla caccia all’attività mineraria, a cominciare dalle estrazioni petrolifere, ad un depotenziamento dei Direttivi che gestiscono i parchi.
Le Associazioni sono tornate alla carica, dal Cai al Wwf. In particolare il Wwf chiede espressamente che «nell’aggiornare la Legge 394/91, vera e propria “Piccola Costituzione delle Aree Protette”, si riapra il confronto nel merito con il fronte delle Associazioni e si abbia come obiettivo il mantenimento dell’importante ruolo e funzione di Parchi nazionali e Aree Marine Protette, puntando sulle competenze e sull’innovazione, così come si fece con l’approvazione della legge 394: se lo Stato rinuncia alle sue competenze in tema di conservazione della natura rischiamo di tornare indietro di vent’anni nelle politiche di gestione della natura». Lo ha detto la presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi nel corso dell’audizione delle Associazioni ambientaliste alla commissione Ambiente alla Camera dei Deputati.

«Dal patrimonio naturale del Paese – continua la nota del Wwf – non solo dipende la bellezza del nostro paesaggio e la ricchezza della nostra biodiversità ma anche il benessere economico e sociale delle future generazioni: ricordiamo che la Costituzione, in modo chiaro e inequivocabile, attribuisce allo Stato doveri e obblighi, precisi e irrinunciabili, per la conservazione della natura e la tutela degli ecosistemi – continua la Bianchi nel suo intervento -. Nel testo licenziato dal Senato non ci sono solo articoli da rivedere ma anche questioni fondamentali non affrontate come l’insufficienza delle risorse che comportano pericolose compensazioni come il ricorso alle royalty o la questione delle Riserve Naturali dello Stato, le piante organiche insufficienti».

«Il testo del Senato non solo ha sollevato fortissime preoccupazioni da parte di personalità della cultura e del mondo scientifico ma ha spinto tutte le principali Associazioni ambientaliste a predisporre e sottoscrivere il documento unitario “Aree protette, tesoro italiano”, chiedendo un radicale ripensamento dell’impostazione della riforma – spiega la presidente de Wwf -. Nel tentativo di rendere più snella la Legge sulle Aree naturali protette, il Senato ha, di fatto, indebolito la portata “nazionale” dei Parchi, accentuando l’influenza di interessi locali e logiche estranee alla corretta gestione del comune patrimonio naturale del Paese. Gravi passi indietro sono stati fatti per quanto riguarda la governance degli Enti Parco di cui viene stravolta completamente l’originaria funzione di raccordo e sintesi tra interessi locali e nazionali, tra conservazione e promozione del territorio».

«Se la Camera non cambierà radicalmente il testo approvato dal Senato, riavviando un proficuo confronto sui problemi, sulle possibili soluzioni e sulla visione per il futuro, il nostro Paese corre il rischio di fare grandi passi indietro in questo campo finendo oltretutto per avere Parchi solo nominalmente “nazionali” e Aree Marine Protette in mano ai soli Enti locali. Le Aree Marine protette devono diventare dei veri e propri Parchi Marini: è inconcepibile che mentre nel mondo si istituiscono Parchi marini straordinari l’Italia continui politiche di retroguardia nella tutela del suo patrimonio marino – conclude Donatella Bianchi -. La tutela dell’ambiente è il presupposto stesso del nostro futuro e sul mantenimento del capitale naturale si basa ogni prospettiva di benessere: le aree naturali protette costituiscono al tempo stesso uno strumento di conservazione e un banco di prova per lo sviluppo sostenibile».

I punti critici evidenziati dal Wwf rispetto al testo approvato al Senato e su cui si chiede di intervenire (come le Associazioni ambientaliste avevano già sollecitato al Senato) sono la governance dei parchi con la mancanza di competenze specifiche per la gestione, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e ambientali previste per la nomina del presidente e del direttore del parco e il difficile equilibrio nei Consigli direttivi con l’ingresso nella componente riservata allo stato di rappresentanti del mondo agricolo e la scomparsa della componente scientifica; le Aree Marine Protette per le quali, nonostante insistano sull’ambito demaniale «per eccellenza», il mare, non è previsto nessun ruolo nella gestione per lo Stato. Inoltre i loro Enti di gestione vengono trattati come enti di serie B; Preoccupa il totale silenzio sul potenziamento della sorveglianza e delle dotazioni organiche dei Parchi drammaticamente insufficienti rispetto agli importanti compiti di difesa e valorizzazione di un patrimonio indisponibile dello Stato; le Riserve Naturali dello Stato che anche quando sono comprese all’interno dei Parchi Nazionali restano in capo al ministero delle Politiche agricole, con una evidente contraddizione gestionale; la gestione della fauna; il Piano del Parco, l’utilizzo dei loghi/marchi del Parco che deve essere omogeneo; le royalty che devono confluire in un apposito fondo gestito dal ministero dell’Ambiente, dedicato ad attività di conservazione; Il silenzio assenso previsto dall’articolo 12 del testo approvato dal Senato è un punto di estrema delicatezza che rischia di essere sottovalutato visto che come richiamano le considerazioni, più volte ribadite, della Corte di Giustizia europea l’interesse all’ambiente sia di tale importanza da richiedere sempre un’espressa valutazione da parte delle autorità che dia conto dell’istruttoria svolta; infine, l’istituzione del Parco del Delta del Po rispetto per il quale non era necessario una ulteriore previsione normativa (visto che la legge 394/91 escludeva esplicitamente la possibilità di due parchi nazionali e prevedeva, dopo il 31 dicembre 1993, l’istituzione di un Parco Nazionale). Visto che quel termine è da tempo scaduto si proceda subito all’istituzione di un Parco Nazionale.

Anche il Cai, in una sua nota, ribadisce come «il rilancio e lo sviluppo di intere aree montane del paese è spesso legato al rilancio e al rafforzamento del ruolo e dei poteri dei Parchi nazionali. Perciò essi devono poter disporre di risorse certe, anche con entrate che possono pervenire dalla loro frequentazione, tramite la contribuzione dei turisti a fronte di servizi di qualità offerti dai Parchi stessi.
«I Parchi nazionali infatti devono sempre più assolvere a compiti nuovi, che rappresentano un ottimo volano per la valorizzazione anche economica del territorio, non solo dal punto di vista del turismo sostenibile, ma anche per la qualificazione di determinati ambiti di attività produttive, artigianali e commerciali, assolutamente indispensabili per garantire che la montagna continui ad essere abitata».
Queste le osservazioni espresse dal Club alpino italiano, tramite il Vicepresidente generale on. Erminio Quartiani, alla commissione Ambiente della Camera dei Deputati.
Per il Cai appare dunque troppo dilazionata nel tempo la previsione di una delega sulla valorizzazione dei servizi ecosistemici, da esercitarsi entro 12 mesi dall’approvazione della legge da parte del Governo. Sarebbe meglio indicare l’inserimento della stessa nella prima legge di bilancio utile.

Si chiede poi di cominciare dalle Aree protette a vietare esplicitamente la pratica dell’eliski e dell’uso dei sentieri da parte dei mezzi motorizzati, scrivendolo nella norma senza aspettare un rivisitazione del codice della strada. I sentieri sono infatti un essenziale strumento ad uso dei frequentatori, necessario per il rispetto della flora e della fauna e parte significativa della tradizione e della storia delle popolazioni che hanno da secoli abitato i parchi e plasmato quei territori.

Quanto ai servizi per il turismo, il Sodalizio ritiene opportuno che tutti i Parchi per norma adottino la medesima segnaletica sui percorsi e i sentieri, facendo riferimento a quella riconosciuta e sperimentata dal Cai lungo i 65.000 km di sentieri di cui si occupa anche in forza di una legge dello Stato. Un’omogeneità che già in molti parchi si sta attuando, attraverso appositi protocolli con lo stesso Cai.

Si chiede inoltre una maggiore collaborazione interstatale per quanto riguarda le Aree protette transfrontaliere alpine e una ripresa forte del progetto APE, Appennino Parco d’Europa, che non va lasciato alla spontanea e volenterosa iniziativa delle Regioni, per quanto riguarda i Parchi appenninici.

Quanto alla fauna e al ruolo dei Parchi nel risarcimento danni determinati dalla presenza di grandi carnivori (come lupo e orso), occorre investire in prevenzione, formazione e informazione, per la quale i bilanci dei Parchi devono prevedere precisi stanziamenti.