Ma si possono oscurare i dati sui terremoti?

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Dopo le recenti dichiarazioni del responsabile dell’Ingv apriamo un dibattito sulla qualità della ricerca italiana sui sismi. Interviene Alessandro Martelli, Responsabile della Sezione Prevenzione Rischi Naturali e Mitigazione Effetti dell’Enea. Eliminare le incertezze dei dati e quelli metodologici «superando gli attuali immotivati pregiudizi sulla validità di quanto è fatto da altri»

All’85° congresso della Società geologica italiana che si sta svolgendo a Pisa, non potevano mancare riferimenti allo sciame sismico che sta interessando la tormentata zona dell’Aquila.

Le notizie, sappiamo, sono colorate da polemiche, nel rispetto delle professionalità. Ed anche noi, nei giorni scorsi, avevamo sollevato qualche perplessità sulla sicurezza delle risposte di fronte ad una materia su cui il dibattito è apertissimo a livello internazionale.

Guido Bertolaso, capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del consiglio dei ministri, e il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi, non hanno ovviamente perso l’occasione per intervenire sulla materia terremoti e relative polemiche.

Boschi ha sostenuto che in Italia esisterebbero «falsi profeti di terremoti che utilizzano dati falsati a scopo di lucro». Ed ha rincarato la dose dicendo che si sta valutando di non divulgare più via web i dati sulle zone a rischio terremoto, sulle scosse che vengono registrate dai sistemi funzionanti h24, dati resi noti quasi in tempo reale. E più in là ha aggiunto che «i terremoti non si possono prevedere in alcun modo, quello che si può e si deve fare è prevenire le conseguenze di un sisma. E in Italia la situazione del rischio sismico si conosce bene ma si continua a non far nulla per la prevenzione».

Chi è depositario della verità?

Affermazioni sulle quali non ci piove, teoricamente. Ma praticamente si possono sottrarre i dati proprio a coloro che se ne servono per edificare? E i dati storici sui terremoti sono di proprietà dell’Ingv? E se un giornale pubblica notizie «false e tendenziose» non ci sono forse i mezzi per intervenire quando queste procurano allarme sociale?

Ma tutto questo che c’entra con il dibattito scientifico? C’è qualcuno che è depositario della verità?

L’effetto triggering, l’effetto clustering, la subsidenza, le estrazioni di gas e petrolio, i cambiamenti climatici e fermiamoci senza arrivare alle reazioni degli animali prima di un terremoto… certo è che ce n’è abbastanza per discuterne e per paventare delle perplessità. La ricerca è fatta di questo: il dubbio. O si deve arrivare ai tentativi di veto della Chiesa di fronte alle prime previsioni meteo perché: non si può prevedere il futuro?… e senza scomodare Galileo.

La voce del mondo scientifico

«Villaggio Globale» ha sempre sollecitato il mondo scientifico al dibattito, all’apertura e non alle chiusure dogmatiche. Per questo apriamo volentieri un confronto fra quanti vorranno intervenire, proponendo una relazione di Alessandro Martelli, Responsabile della Sezione Prevenzione Rischi Naturali e Mitigazione Effetti dell’Enea e di Giuliano Panza,Professore ordinario di Sismologia al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Trieste, presentata recentemente al convegno di Miramare (Trieste).

Sulla questione terremoti e relative polemiche, vogliamo sottolineare che per noi la questione è ben chiara e va divisa in due parti. C’è l’aspetto delle deficienze costruttive ma c’è anche l’aspetto della prevenzione. Se in Giappone i terremoti non creano vittime è certamente per le tecniche costruttive ma anche per l’educazione dei cittadini a convivere e a reagire ai terremoti.

Se si annuvola noi sappiamo che potrebbe piovere, se inizia a tuonare sappiamo che la pioggia è imminente, non sappiamo quando esattamente cadrà la prima goccia, ma certamente ci muniamo di ombrello o cerchiamo un riparo per tempo… questo è appunto il secondo aspetto. Quello che irrita il manovratore e che alimenta le polemiche.

«È vero – ci dice Alessandro Martelli – che in Italia si costruisce male e, soprattutto, che mancano i controlli sulla buona esecuzione delle costruzioni (come ho personalmente avuto spesso modo di verificare, non solo a L’Aquila, ma anche in tante altre località italiane). È vero che ancora manca, in Italia, la cultura della prevenzione (paradossalmente, a mio parere, perché, da noi, i terremoti “non sono abbastanza frequenti”, in Giappone, come ho dichiarato dopo il terremoto in Abruzzo, terremoti come quello difficilmente avrebbero trovato spazio sui giornali, semplicemente perché non avrebbero causato vittime, e sui media fanno notizia solo i morti!).
«Ma è anche vero – continua Martelli – che i dati di pericolosità sismica che abbiamo a disposizione noi ingegneri, per la progettazione di opere in zona sismica “non sono il Vangelo”, sono ancora affetti da tante incertezze: alcune di queste incertezze sono ineliminabili, ma altre sono dovute alle metodologie puramente probabilistiche in base alle quali i dati di pericolosità sismica, in Italia, così come in altri paesi, sono attualmente stimati».

La conoscenza e la cultura del territorio sono aspetti fondamentali per la sicurezza. «Ad esempio – ci dice ancora il Responsabile della Sezione Prevenzione Rischi Naturali e Mitigazione Effetti dell’Enea – prima del terremoto del Molise e della Puglia del 2002 il comune di San Giuliano di Puglia non era classificato sismico, semplicemente perché non era noto alcun terremoto significativo che fosse avvenuto, nel suo territorio, nei 1.000 anni precedenti. E questo non è certamente solo un problema italiano: per citare soltanto un altro caso recente, basti pensare al terremoto del Sichuan, che tante vittime causò in Cina due anni fa: l’evento che fu caratterizzato da valori dell’accelerazione di picco del terreno quasi 10 volte superiori a quelli definiti dalla normativa (anche in questo caso, con le metodologie probabilistiche)».

Aprire alla ricerca

Ecco, da qui l’apertura alla ricerca: «Per migliorare le stime della pericolosità sismica – sottolinea Martelli – i sismologi, in Italia così come negli altri paesi, hanno in corso numerosi studi e dei buoni risultati ne hanno già ottenuto. Hanno definito metodologie (come quelle deterministiche) che io ritengo debbano essere considerate complementari a quelle probabilistiche (occorrerebbe non rifiutarsi, per partito preso, di confrontare i risultati delle analisi condotte con ambedue le metodologie, superando gli attuali immotivati pregiudizi sulla validità di quanto è fatto da altri). I sismologi, poi, stanno conducendo “esperimenti di previsione” i cui risultati (se presi in debita considerazione, invece di essere ignorati) sono in grado di fornire utilissime informazioni alla protezione civile».

«Ovviamente, però, per affinare le ricerche suddette, i sismologi hanno assoluto bisogno di dati. In Italia, sismologi di valore ve ne sono in diverse istituzioni e nelle università. Nessuno è depositario della verità, nessuno è infallibile. Il confronto di idee e di approcci di ricerca è fondamentale in un settore delicatissimo come quello della sismologia».

«È vero – conclude Martelli – spesso i dati sono travisati, da qualcuno “desideroso di apparire”, e spesso i media giungono a “conclusioni che non stanno né in cielo né in terra”. Ma la soluzione di questo problema non sta nel black-out dell’informazione; sta, invece, nel confronto delle idee e dei dati, in un’informazione seria e continua, non solo limitata ai periodi di emergenza. E, a tal fine, è indispensabile che anche i media facciano la loro parte. L'”affermarsi di profeti di sventura” è una logica conseguenza della situazione attuale, di cui tutti abbiamo un po’ di colpa, non solo i media ed i politici locali, ma anche le istituzioni preposte e, in generale, noi italiani, così poco propensi all’investimento: perché la prevenzione è investimento, significa spendere “in tempo di pace”, cioè quando il problema non c’è, per evitare che in futuro (“forse”, molti pensano, ma “prima o poi”, dico invece io) ci sia. È questa una cosa che non solo interessa assai poco ai nostri politici, ma non trova entusiasta neppure l’italiano medio. E poi non tutti i “profeti di sventura” hanno torto: ricordiamoci che, stando agli antichi, Cassandra, purtroppo, di previsioni ne azzeccava…».