Clima e fragilità del territorio, ecco cosa fare

930
Tempo di lettura: 5 minuti

Strategica l’importanza della nuova Carta Idrogeomorfologica della Puglia, redatta dall’Autorità di Bacino. In fase di costante aggiornamento intende contribuire alla conoscenza e gestione dei rischi rappresentando un valido strumento operativo in grado di fornire un efficace supporto conoscitivo finalizzato ad una più corretta politica di integrazione delle dinamiche idrauliche naturali nelle scelte di pianificazione e programmazione dei futuri assetti del territorio pugliese a diversa scala

È in atto un cambiamento climatico «i cui effetti, sull’ambiente e sulle attività umane, possono essere contenuti e mitigati solo in un’ottica di resilienza, rafforzando le politiche di pianificazione multidisciplinare e coinvolgendo la popolazione in termini di consapevolezza e educazione all’autoprotezione». Ha esordito così Antonello Fiore, Presidente nazionale della Sigea, aprendo l’importante convegno che si svolge ad Ostuni presso la Sala consiliare del Palazzo di Città: «Il regime delle precipitazioni intense: effetti al suolo delle precipitazioni di forte intensità e breve durata», convegno seguito dalla tavola rotonda «Difendere il territorio, difendere l’uomo: prevenzione o resilienza?».
Un’iniziativa di estrema attualità organizzata dal Comune di Ostuni e dalla Società italiana di geologia ambientale (Sigea), con il patrocinio del Consiglio regionale della Puglia, e che ha avuto come obiettivo quello di accendere i riflettori sull’analisi degli eventi piovosi estremi che si stanno verificando in Puglia con effetti significatavi sul suolo.
Durante i lavori sono state analizzate le politiche più incisive per la mitigazione del rischio alluvionale e illustrate esperienze operative di strategie di adattamento mediante interventi strutturali e non per la mitigazione dei rischi naturali e per una gestione sostenibile del territorio.
Antonello Fiore, Presidente nazionale della Sigea ha evidenziato come «i dati ambientali disponibili come il susseguirsi negli anni del superamento dei record delle temperature; il superamento stabile nel 2015 dei limiti di 400 parti per milione di anidride carbonica in atmosfera (fonte Organizzazione meteorologica mondiale); l’aumento della temperatura misurato di 1,2°C rispetto al valore del periodo preindustriale; la stima che, con tutti gli impegni internazionali per ridurre i gas serra, nel 2100 l’aumento di temperatura potrebbe raggiungere i 2,7° (fonte Agenzia internazionale per l’energia), indicano chiaramente che il clima sta cambiando. Un cambiamento i cui effetti, sull’ambiente e sulle attività umane, può essere contenuto e mitigato solo in un’ottica di resilienza, rafforzando le politiche di pianificazione multidisciplinare e coinvolgendo la popolazione in termini di consapevolezza e educazione all’autoprotezione».
Molti gli interventi che si sono succeduti in questa giornata di studio e di approfondimento, interventi che si sono mossi da considerazioni riguardanti il clima e i suoi effetti a lungo e breve periodo al sistema di previsione e prevenzione della Regione Puglia, dalle caratteristiche fisiche dell’idrografia della regione Puglia e la pericolosità idraulica associata agli approcci metodologici all’uso del suolo, dalla geologia e morfologia del territorio di Ostuni tra passato e presente agli eventi estremi, effetti al suolo dell’evento del 10 settembre 2016.
Il clima sta cambiando e questo è un dato di fatto. Da questo assunto parte la relazione introdotta dal dott. Antonio Paglionico, già docente presso l’Università degli Studi di Bari. Dall’inizio del periodo industriale a causa dell’aumento di temperatura dovuto al massiccio utilizzo di combustibili fossili, sono stati immessi in atmosfera una quantità di «gas serra» in continuo aumento che hanno modificato la composizione dell’atmosfera e alterato il naturale effetto serra che aveva permesso di mantenere sul pianeta una temperatura più o meno costante nel tempo.
Una temperatura che, secondo le attuali conoscenze scientifiche, non dovrebbe superare la soglia di non ritorno consistente in 1,5°C almeno sino al 2050.
Un mutamento climatico che investe anche la regione Puglia caratterizzata da specifiche peculiarità geoambientali possedute da un reticolo idrografico regionale, che seppur apparentemente mostra una «semplicità» e «uniformità» negli assetti morfologici ed idrologico-idraulici all’interno delle grandi aree morfogenetiche del territorio, contrappone una estrema variabilità e complessità dei numerosi e interagenti fenomeni dinamici in atto.
Si passa quindi a parlare delle caratteristiche fisiche dell’idrografia della regione Puglia e pericolosità idraulica associata con il dott. Nicola Palumbo, dell’Autorità di Bacino della Puglia.
Un intervento che intende illustrare, partendo da un inquadramento di carattere regionale, le caratteristiche di dettaglio della idrografia del territorio pugliese, nelle sue diverse forme di manifestazione.
Un territorio quello pugliese complesso e vulnerabile che contrappone ai corsi d’acqua degli ambienti montani e sub-collinari dell’area dell’Appennino dauno, dove le forme e le attitudini della idrografia sono strettamente condizionate dalla acclività ed esposizione dei versanti e dallo sviluppo e dall’evoluzione dei processi erosivi e gravitativi in atto, le estese pianure fluviali del Tavoliere, dove i massicci interventi di sistemazione idraulica e di bonifica dei principali corsi d’acqua attuati nel recente passato hanno fortemente alterato gli originari assetti idraulici e morfologici contribuendo a ridurre il rischio idraulico connesso ai fenomeni di esondazione.
Da non sottovalutare sono gli estesi territori in cui i caratteri morfologico-idrografici e le dinamiche idrauliche sono strettamente condizionate dal peculiare processo carsico, aree in cui si sviluppano quelle tipiche incisioni fluvio-carsiche note comunemente coi nomi di Valloni, Lame o Gravine e enormemente diffuse nelle aree del Gargano, delle Murge e delle Serre Salentine, la cui non conoscenza ha reso concreto il pericolo di una disattenzione o banalizzazione delle stesse fino al punto di indurre ad occuparle e perfino «cancellarle» con interventi edilizi.
Morfologie che hanno una loro dinamica idraulica in grado di condizionare pesantemente la naturale vocazione dello stesso territorio che di contro offre un complesso, variegato e a luoghi incerto sviluppo del reticolo di drenaggio necessario a condizionare la raccolta e il convogliamento delle acque superficiali di origine meteorica.
Ed è per rispondere a queste complesse dinamiche idrologiche ed idrauliche che si fa strada la nuova Carta Idrogeomorfologica della Puglia, redatta dall’Autorità di Bacino della Puglia. Una Carta in fase di costante aggiornamento che intende contribuire alla conoscenza e gestione dei rischi rappresentando un valido strumento operativo in grado di fornire un efficace supporto conoscitivo finalizzato ad una più corretta politica di integrazione delle dinamiche idrauliche naturali nelle scelte di pianificazione e programmazione dei futuri assetti del territorio pugliese a diversa scala.
Caratteristiche morfologiche che in Puglia, a volte, ci fanno assistere ad eventi estremi, come quello verificatosi nel territorio di Ostuni il 10 settembre 2016.
A parlare di questo il dott. Emanuele Giaccari dell’Università degli Studi della Basilicata il quale afferma che il rischio idraulico inerente alle alluvioni nel territorio di Ostuni, come nella fattispecie l’evento del 10 settembre 2016, è causato dalle elevatissime portate di piena che possono formarsi in occasione di eventi meteorici di particolare intensità, persistenza ed estensione territoriale.
Dall’osservazione degli eventi di pioggia e delle conseguenti alluvioni registrate si è potuto riscontrare che solo alcune piogge di breve durata e forte intensità provocano pericolo idraulico a parità di condizioni a contorno.
E a tal proposito è stato necessario elaborare i dati a disposizione per la valutazione delle curve di possibilità pluviometrica di Ostuni e soffermarsi ad analizzare dettagliatamente gli eventi di piogge di breve durata e forte intensità responsabili del rischio di alluvione.
Un lavoro quello portato avanti dall’Università della Basilicata che pur non risultando esaustivo ha offerto risultati importanti che rappresentano una base per l’elaborazione di modelli previsionali.
Un database geo-riferito (Gis) degli eventi storici, questa la prima proposta finalizzata alla mitigazione del rischio. Una ricerca storica, condotta su documentazione tecnica, quotidiani locali e nazionali, database nazionali e pubblicazioni scientifiche, che ha permesso di costituire un’inedita banca dati degli eventi calamitosi del territorio di Ostuni.
Una banca dati che è stata georeferenziata e in cui le aree caratterizzate da più frequenti occorrenze catastrofiche saranno oggetto di studio di dettaglio.
Un lavoro che potrà raccogliere in seguito ogni tipo di informazione utile, clima, geologia, idrogeologia, reti di monitoraggio, infrastrutture di trasporto, aree vulnerabili, costruito, costituendo un geodatabase del comune di Ostuni.
Un convegno, quello organizzato dalla Sigea, che ha voluto porre al centro dei lavori l’evento calamitoso che lo scorso 10 settembre ha interessato la parte nord della provincia di Brindisi e questo mettendo assieme le qualità scientifiche e di ricerca degli atenei di Bari e della Basilicata ma anche, nella tavola rotonda successiva al convegno, il confronto fra gli amministratori pubblici, gli operatori professionali del settore e le imprese del territorio.
Un incontro che ha voluto promuovere un approccio di natura sistemica alla gestione del rischio da alluvione avviando un percorso di approfondimento sulla diversificazione e integrazione dei ruoli e delle competenze dei soggetti coinvolti nella mitigazione e gestione delle emergenze ambientali legate agli eventi pluviometrici d’intensità significativa in un contesto di cambiamenti climatici globali.