Se uccidono i lupi… cavoli senza protezione

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Con meno predatori come i lupi, aumentano gli ungulati che dagli orti attingono preziose integrazioni alla loro alimentazione forestale… allora poi si dovrà tornare, a distanza di un lustro, a proporre di abbattere una certa percentuale di cinghiali per salvare, stavolta, i cavoli. Ma poi il 5 per cento da dove salta fuori visto che non siamo nemmeno certi con precisione dell’ammontare effettivo della popolazione di lupi sul territorio italiano?

Altro lupo ucciso, nei parchi bracconieri a ruota libera

Mi sembrava d’obbligo avviare questo appuntamento settimanale con la rubrica «I paradossi della civiltà», che sarà online su «Villaggio Globale» ogni venerdì a partire da oggi, con un’annosa questione: lupo sì o lupo no. Ovvero, un Homo che si ritiene doppiamente sapiens sarà mai in grado di convivere con altri grandi predatori, certamente molto meno feroci di lui, riconoscendo la sua non ineluttabile natura di essere vivente tra i viventi?
Stando all’ultimo piano del governo mai-eletto italiano, così proposto dal suo ministro dell’Ambiente ibidem commercialista-economista, abbattere il 5% dei lupi sul territorio italiano salverebbe le capre (o le pecore, quelle per cui si giustifica una tale misura). Ma, comunque, non tutelerebbe altrettanto i cavoli. I cavoli? Che cavoli!?! E sì, perché al Galletti è sfuggito (e come biasimarlo visto che sulla poltrona dell’ambiente siede uno che ha studiato come gestire gli affari, non gli ecosistemi) che con meno predatori come i lupi, aumentano gli ungulati che dagli orti attingono preziose integrazioni alla loro alimentazione forestale.
Allora poi si dovrà tornare, a distanza di un lustro, a proporre di abbattere una certa percentuale di cinghiali per salvare, stavolta, i cavoli, ma i lupi a quale quota di mercato saranno allora? Forse il ministro crede che la Natura possa essere convertita in azioni se le obbligazioni degli azionisti (leggi: lobby dei cacciatori e delle aziende che li imbottiscono di piombini) calano a picco insieme alla propria sventurata banca. E no Ministro, la natura è cosa ben più complessa di un mercato speculativo. È dal 1971 che l’Italia ha compiuto un passo verso quella che definiremmo civiltà, che in realtà altro non è che un rispetto atavico degli esseri viventi, molto ben più radicato nei selvaggi (negli indigeni, diremmo civilmente) che in tutti noi racchiusi in cubi di cemento.
Se dall’ultima conferenza con le Regioni è emerso un rinvio ben poco rassicurante al 23 febbraio 2017 (cosa uscirà dalla nuova revisione? Una conversione in bund tedeschi degli orsi marsicani?), il nodulo sospetto, più che gordiano, non cambia: i beneficiari del piano sono solo quei pochi penosi ambientalisti col fucile (amano definirsi così i cacciatori, bontà loro), non gli allevatori. Tanto mento i lupi in sé. Perché mai infatti il «piano per la conservazione del lupo» ne prevederebbe l’uccisione selettiva: chi li selezionerà quelli che dovranno morire? Il ministro in persona? Tu lupo di Cappuccetto sì, lui lupo Alberto no, e così via…?!
Sarebbe come proporre un piano per la gestione degli immigrati, con scritto in calce: «è previsto l’abbattimento selettivo del 5% in arrivo». Faccio ammenda Ministro, reo dimentico, tale abominevole piano già esiste (ricorda? un esponente del suo partito lo propose tempo fa facendo infuriare l’Europa), ma era più lungimirante: niente quota fissa, sparare a vista! Beh non credo che tali atti siano moralmente legittimi dopo un secolo di battaglie per riconoscere prima all’uomo e, in questo specifico caso, alla Natura i diritti che le sono stati negati dallo sviluppo di una civiltà che ha portato a devastare il territorio originario proprio di questo maestoso canide selvatico.
Ma poi, ministro (scusi l’offensiva, ma è il primo pezzo della rubrica, da qualcuno dovevo pur iniziare, e chi meglio dell’anatematico ministro dell’Ambiente, laureato in economia e commercio, che propone di abbattere i lupi per proteggerli) questo 5 per cento da dove salta fuori visto che non siamo nemmeno certi con precisione dell’ammontare effettivo della popolazione di lupi sul territorio italiano? Si stimano tra i 1.300 e 1.800 individui, come lo calcoliamo il 5%? Sarà 65 o 90? Facciamo decidere ai cacciatori? Chi becca il 90 offre la pizza a tutti? Non avrà mica mutuato questo numero, a caso, dalla legge sul di 5 per mille, togliendo uno zero per compassione (come si fa quando i dati bancari non tornano)? Persino il Papa catto-ambientalista sarebbe contrario, immagini lei…

 

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato in Ecologia e Biodiversità presso la Tomsk State University (Russia)