Il Paese che odia la scienza

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È una discutibile affermazione della senatrice Elena Cattaneo all’indomani della moratoria sul divieto di sperimentazione sugli animali per il trapianto di organi tra specie diverse e le sostanze d’abuso come alcool e tabacco. Sconvolge la sua pacata e serena presunzione nell’affermare che lei e tutti i sostenitori degli esperimenti sugli animali siano i portatori sani del gene della scienza, mentre tutti gli altri no

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L’annoso dibattito riguardante la sperimentazione animale ha raggiunto, ormai, lo status di battaglia ideologica. In questa lotta senza pari tra favorevoli e contrari coloro che davvero ne escono perdenti sono proprio gli animali e i malati. I primi perché, come ovvio, subiscono una sperimentazione non consenziente, finanche l’uccisione (o «sacrificio» come preferiscono definirlo gli sperimentatori per renderlo più «umano»), pur essendo ben consci del dolore, della sofferenza e della violenza che questa provoca sui loro corpi. I secondi perché, già vittime delle loro patologie, non ricevono cure sperimentate e calibrate a misura d’uomo, un animale fisiologicamente simile, ma certamente non uguale agli altri mammiferi, cavie dei laboratori. Malattie quali tumori e le più diffuse patologie genetiche, nonostante decenni di ricerca sui modelli animali, possono essere ancora trattate esclusivamente con palliativi chimici e chirurgici come unica cura. Questo dimostra che la sperimentazione animale fa male a tutti.
Fa molto bene, invece, a mantenere uno status quo che impedisce l’innovazione nella ricerca bio-medica e lo sviluppo di protocolli alternativi, ma garantisce il copia-incolla di vecchi progetti di ricerca al fine di ricevere nuovi lauti finanziamenti che pagano gli stipendi ai ricercatori. Serve anche a permettere che allevamenti di cavie da laboratorio e produttori di mangimi possano beneficiare dei soldi delle università pubbliche (provenienti, senza possibilità di scelta, dalle tasse pagate da entrambe le fazioni di pro e contro) che, senza il supplizio degli innocenti, sembrano incapaci di fare ricerca.
A quanto pare, vista la recente (del 15 febbraio 2017) proroga di 3 anni della moratoria italiana riguardante il divieto di sperimentazione sugli animali per il trapianto di organi tra specie diverse (xenotrapianti) e le sostanze d’abuso come alcool e tabacco, l’assenza di alternative implica un discorso a parte. Garantire per ulteriori 3 anni la possibilità di ricercare sulla pelle di altri esseri viventi perché molti umani del XXI secolo, frustrati da una condizione esistenziale innaturale, oberati di lavoro, rinchiusi in 4 mura di cemento per quasi tutto il giorno, zeppi dei più pericolosi inquinanti da essi stessi prodotti e incapaci di apprezzare la bellezza del mondo al punto da ricorrere a dipendenze come il fumo e gli alcolici, sino a necessitare di trapianti di fegato, cuore e altri organi cresciuti nei corpi di altri animali, sembra moralmente e assurdamente accettabile ai ben pensanti.
Tra questi ultimi, non perde mai occasione di dire la sua, la Senatrice a vita nonché docente presso l’Università Statale di Milano, Elena Cattaneo. Le sue donchisciottesche difese a spada tratta della sperimentazione animale sono ben note ai più. Ciò che però, mi sconvolge ogni volta leggendo i suoi interventi, è la sua pacata e serena presunzione nell’affermare che lei e tutti i sostenitori degli esperimenti sugli animali siano i portatori sani del gene della scienza, mentre tutti gli altri no. In un articoletto ripieno di demagogiche affermazioni su quello che gli italiani comprendono o meno della ricerca afferma, offendendo un popolo intero pur essendone senatrice con vitalizio, che l’Italia sia: «Il Paese che odia la scienza». E questo perché vi sono persone e persino scienziati (sottoscrivo in primis) che pensano che sacrificare la vita di migliaia di altri animali per studiare, con poco successo considerati gli evidenti risultati, perché l’uomo ama flagellarsi fumando agenti cancerogeni conclamati e ingurgitando fiumi di altrettanto notoriamente dannoso alcool, sia scientificamente ed eticamente inaccettabile. Questo perché vi sono persone di scienza e non che ritengono che allevare un maiale per fargli sviluppare un fegato che gli sarà espiantato dopo averlo ucciso per donarlo a un uomo che per tutta la vita ha abusato del suo corpo devastando i suoi organi, sia ancor più moralmente inammissibile.
Scienziati come la Cattaneo pensano che l’Italia odi la scienza perché in molti si oppongono a questa barbarie, così come non sono felici di sapere che in giro per i campi agricoli vi siano colture Ogm sperimentali che spargono qua e la semi dall’ignoto effetto sulla salute umana, tanto quanto non accettano l’idea che si generino sperimentalmente embrioni umani (anche le blastocisti sono embrioni in quanto post-zigotici) soprannumerari per «sacrificarli» e prelevarne cellule staminali da trapiantare nel tentativo di salvare altre vite.
Ci sono molti, però, che, pur amando moltissimo la scienza, non credono che sia giusto salvare una vita, anche se umana, col sacrificio di altre vite, anche se animali. Soprattutto se le alternative ci sono (come nel settore bio-medico, sebbene vengano osteggiate per interessi economici) o la sperimentazione sugli animali non è comunque giustificabile perché interessata a ricercare cure a vizi (fumo, alcool, disordini alimentari, etc.) e vezzi (profumi, cosmetici, etc.) umani, troppo umani.
Questi italiani, scienziati o meno che siano, non credono che il proprio paese odi la scienza, ma si augurano fortemente che ricominci ad amare la vita.

 

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato in Ecologia e Biodiversità presso la Tomsk State University (Russia)