L’inquinamento atmosferico distrugge i beni culturali

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Tecnologie a parte in città le foreste urbane possono contribuire alla riduzione dell’inquinamento perché sono in grado di catturare gli inquinanti come polveri sottili e ozono. Uno studio sulla città di Firenze, realizzato in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e Università di Firenze, ha dimostrato come gli alberi in città possano abbattere del 13% il PM10 e del 5% l’ozono. Molto problematica, invece, la conservazione dei beni culturali, dove un studio mostra un rischio corrosione del 26% dei siti archeologici e del 17% di chiese e conventi storici

Si è svolto l’evento, organizzato dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), «Inquinamento atmosferico e sostenibilità: dagli impatti a possibili soluzioni. Un approccio integrato».
Un evento che ha permesso la presentazione del rapporto sugli effetti dell’inquinamento dell’aria e messo in evidenza la situazione in Italia dove, dal 1990 ad oggi, sono diminuite complessivamente le emissioni dei cinque principali inquinanti identificati dall’Unione europea come i più dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali, in particolare biossido di zolfo (-93%), monossido di carbonio (-69%), ossidi di azoto (-61%), composti organici volatili non metanici (-57%) e polveri sottili PM2,5 (-31%).
Alessandra De Marco, Laboratorio inquinamento atmosferico dell’Enea, durante l’evento ha dichiarato: «Tecnologie a parte in città le foreste urbane possono contribuire alla riduzione dell’inquinamento perché sono in grado di catturare gli inquinanti come polveri sottili e ozono. Un nostro studio sulla città di Firenze, realizzato in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e Università di Firenze, ha dimostrato come gli alberi in città possano abbattere del 13% il PM10 e del 5% l’ozono. Molto problematica, invece, la conservazione dei beni culturali, dove sempre un studio mostra un rischio corrosione del 26% dei siti archeologici e del 17% di chiese e conventi storici».
E sempre con Alessandra De Marco abbiamo voluto fare il punto su quanto discusso durante l’evento e su quelle che sono le conseguenze dell’inquinamento atmosferico sul sistema terra.

L’inquinamento atmosferico è un argomento attuale e molto rilevante che ha un impatto significativo sulla nostra salute, l’ambiente e l’economia. Le sostanze inquinanti presenti nell’aria che respiriamo provengono da diverse fonti, tra cui settori come l’industria, i trasporti e l’agricoltura. Ogni giorno, l’inquinamento atmosferico provoca malattie respiratorie e cardiovascolari danneggiando anche gli ecosistemi vulnerabili e la biodiversità e portando ad una diminuzione nella produzione agricola e forestale.
Tra gli ecosistemi sensibili si possono annoverare anche i beni culturali, il cui valore inestimabile rende la valutazione del danno praticamente incalcolabile.
L’inquinamento atmosferico non conosce confini politici: emissioni da fonti in un paese possono essere trasportati e depositati nei vicini paesi, a volte anche migliaia di chilometri di distanza. Ed è stato per questo motivo che nel 1979, realizzando la necessità di una risposta comune transfrontaliera al problema, alcuni governi e l’Unione europea hanno firmato la Convenzione sull’inquinamento transfrontaliero a grande distanza (Clrtap) nell’ambito dell’United Nations Economic Commission for Europe (Unece).
Undici degli obiettivi dello Sviluppo sostenibile sviluppati nel 2015 per ridurre la povertà, proteggere il pianeta ed assicurare prosperità per tutti, sono legati strettamente all’inquinamento atmosferico.
Continuamente vengono pubblicati nuovi report dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sugli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana.
I dati presentati durante le due giornate di studio hanno dimostrato che nei siti forestali esiste una rete di monitoraggio attiva da circa 20 anni, che ha monitorato dati relativi all’inquinamento atmosferico, parametri meteorologici e stato di pressione delle foreste.
I dati mostrano una diminuzione delle pressioni cui sono sottoposte le foreste in termini di inquinanti che si riflettono in un trend significativo di riduzione di defoliazione ed aumento di crescita, ma in un non chiaro impatto sulla biodiversità. Nonostante i livelli di ozono siano ancora al di sopra dei limiti normativi i danni sono limitati.
Su tutto il territorio italiano le concentrazioni di ozono troposferico superano fino a 10 volte i limiti normativi per la protezione delle coltivazioni agrarie e delle foreste, ma non si osserva sulla vegetazione un danno proporzionale.
Questa apparente contraddizione sembra essere legata alle condizioni climatiche specifiche dell’area mediterranea.
Un ruolo rilevante nella riduzione dell’inquinamento nelle città è fornito dalle foreste urbane che sono in grado di catturare gli inquinanti (ozono e PM); in argomento, è stato dimostrato a Firenze un potenziale impatto di rimozione del 5% di ozono e 13% di PM10.
I livelli di deposizioni acide sugli ecosistemi acquatici sono fortemente diminuiti, ma nonostante questo il recupero dell’acidificazione delle acque mostra un ritardo.
L’inquinamento atmosferico in combinazione con i parametri climatici, è il principale driver della corrosione dei materiali e dei beni culturali. Il 26% dei siti archeologici ed il 17% dei siti ecclesiastici in Italia sono sottoposti a livelli potenziali di corrosione superiori ai limiti tollerabili.
La valutazione degli impatti dell’inquinamento sugli ecosistemi è in ogni caso imprescindibile dallo studio del clima e del suo cambiamento. Alcune politiche per la riduzione degli inquinanti possono avere effetti nocivi sul clima e viceversa.
Fino a poco tempo la politica e dibattiti scientifici sull’inquinamento atmosferico ed il cambiamento climatico tendevano ad essere separati, ma è sempre più evidente che i due elementi sono indissolubilmente legati.
Un problema a cui sono da applicare soluzioni urgenti. E le soluzioni esistono e le politiche hanno mostrato la loro efficacia.
E per politiche non si intende solo quelle legate all’applicazione di misure tecniche, quali tecnologie di controllo delle emissioni, ma anche politiche di tipo non convenzionale, quale ad esempio il cambiamento degli stili di vita, partendo dai consumi alimentari che possono effettivamente migliorare sia la qualità dell’aria sia ridurre le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico.
E fra le misure non convenzionali può essere annoverato anche l’utilizzo della vegetazione in aree urbane per ridurre le concentrazioni di inquinanti.