Perché dobbiamo dire addio al carbone

929
carbone1
Tempo di lettura: 4 minuti

«Italia ed Europa siano protagoniste della chiusura con il carbone. Primo passo indispensabile per attuare accordo Parigi». Alla vigilia del G7 energia a presidenza italiana e della bozza di strategia energetica nazionale, le proposte per l’uscita del nostro paese dal carbone

Si è svolto oggi presso la sala Stampa della Camera dei Deputati l’incontro dal titolo «Verso la fine del Carbone, nonostante Trump: Italia e Europa protagoniste dell’Accordo di Parigi» organizzato da Globe, E3G e Wwf Italia. Sono intervenuti: Stella Bianchi, presidente di Globe Italia (intergruppo che riunisce parlamentari di Camera e Senato impegnati contro i cambiamenti climatici); Mariagrazia Midulla (responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia); Chris Littlecott, responsabile del Programma Energy Transition della think tank E3G; Matteo Leonardi, consulente energia del Wwf, autore dello studio sulle politiche per uscire dal carbone.
Gli organizzatori hanno inteso offrire un’analisi delle politiche che il nostro Paese, dopo Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Austria e Finlandia, può mettere in atto per dare seguito anche all’impegno preso dal Governo italiano in numerose occasioni, a partire dagli Stati Generali sul Clima del giugno 2015. Un esigenza quanto mai urgente per rispondere con un modello di crescita virtuosa, a livello nazionale ed europeo, all’inversione sulle politiche climatiche annunciata con la firma dell’ordine esecutivo da parte del Presidente Usa, Donald Trump. L’Italia, con l’Europa e con altri grandi Paesi a livello mondiale, devono assumere quindi un ruolo di esempio e di leadership per fare in modo che la transizione energetica continui, che vengano perseguite politiche efficaci di decarbonizzazione e che l’obiettivo di rimanere entro 1,5°C, e comunque ben al di sotto dei 2°C, di riscaldamento globale sia raggiungibile.

Durante il confronto, sono state illustrate e discusse alcune proposte per favorire la transizione energetica giusta e l’eliminazione del carbone in Italia. In particolare, il Wwf Italia ha illustrato le evidenze emerse dallo studio «Politiche e misure per accelerare la transizione energetica e l’uscita dall’uso del carbone nel settore elettrico», che dimostra come l’utilizzo del carbone in Italia e in Europa sia ancora principalmente determinato dall’andamento dei prezzi dei combustibili fossili e non dalle politiche ambientali europee.

Lo studio del Wwf, partendo dal dibattito in corso che individua la formula per uscire dal carbone nell’introduzione di nuove regole per la finanza, di strumenti fiscali secondo il principio «chi inquina paga» e nella chiusura programmata delle centrali, calcola l’impatto di questi strumenti se fossero adottati nel mercato italiano, riservando una particolare attenzione all’introduzione del meccanismo fiscale con un livello minimo di costo delle emissioni di CO2 per gli operatori termoelettrici ed una uscita programmata dalla generazione di energia a carbone entro il 2025.

L’introduzione di un meccanismo fiscale con un costo minimo delle emissioni di CO2 di 20 euro a tonnellata di CO2, fino a 30 euro nel 2022, permetterebbe, infatti, di contenere le emissioni del settore termoelettrico al 2020 del -8% rispetto ad uno scenario di business as usual e di assicurare maggiori entrate per lo Stato pari a 800 milioni di euro l’anno, bilanciando le mancate entrate previste dalla vendita dei diritti di emissioni nell’ambito del meccanismo europeo di Emission Trading. Il provvedimento, incentrato sul principio del «chi inquina paga», permetterebbe di raccogliere, nel breve periodo, risorse economiche per impostare la crescita e la conversione dei sistemi energetici: nei primi anni il provvedimento avrebbe un impatto paragonabile a circa lo 0,25% delle entrate tributarie nazionali.

«La transizione energetica è in corso e nessuna restaurazione fossile la potrà fermare – ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia -. I tempi della transizione, però, devono rispondere a un obiettivo cruciale per tutta l’umanità: quello di limitare il riscaldamento globale e, quindi, gli sconvolgimenti climatici. Per questo bisogna fare in fretta, gli interessi particolari e i veti rischiano di farci andare fuori tempo massimo. Il carbone è il primo combustibile fossile di cui possiamo fare a meno, ma dobbiamo darci obiettivi e tempi precisi. La Cina ha recentemente annunciato la sospensione della costruzione di 104 centrali a carbone, la città di Pechino ha chiuso l’ultima centrale a carbone pochi giorni fa. Dal 2010, negli Usa hanno chiuso 251 centrali a carbone. Negli Usa, già oggi l’energia solare da sola dà lavoro a 374mila persone, mentre tutti i combustibili fossili insieme forniscono solo 187.117 occupati. Evitare il cambiamento climatico più disastroso è una questione morale, è in gioco la vita delle generazioni di oggi e di quelle di domani, delle specie animali e vegetali, della Terra come la conosciamo: per questo bisogna agire subito, senza aspettare che lo facciano gli altri, ma anzi fornendo l’esempio. L’Italia ha relativamente poche centrali attive, ma esse contano molto sul piano delle emissioni di CO2 (40% di tutto del settore elettrico) e su quello dell’inquinamento: come hanno già fatto altri Paesi europei, deve fissare una deadline di uscita dal carbone al 2025 e misure per accompagnare la transizione e minimizzare l’impatto sociale. E dopo l’Italia, anche l’Europa tutta dovrà fissare una data di uscita dal carbone».

«Assistiamo – sottolinea Stella Bianchi, deputata Pd e presidente dell’intergruppo per il clima Globe Italia – ad un pericoloso, se pure crediamo inefficace, tentativo di Trump di riportare indietro le lancette dell’orologio: per quanti decreti possa emettere non riuscirà a riportare in auge il carbone né i posti di lavoro ad esso collegati. Vanno in tutt’altra direzione le scelte dei grandi investitori, la convenienza economica, la tecnologia ed è la direzione della decarbonizzazione che è necessario accelerare per rispettare gli obiettivi per il clima fissati con l’accordo di Parigi: contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei due gradi e puntare a un grado e mezzo. E tuttavia l’ostentato negazionismo di Trump sui cambiamenti climatici impone all’Italia e all’Europa tutta di essere protagoniste nelle politiche di attuazione degli accordi di Parigi e in particolare nell’abbandonare l’uso dei combustibili fossili a cominciare proprio dal carbone, in assoluto il più pericoloso. Dal carbone dipende il 40% dell’energia prodotta e tuttavia il 70% delle emissioni di gas serra. In Europa il 20% della CO2 emessa dipende dal carbone, con un peso equivalente al settore dei trasporti; il 75% delle emissioni della generazione elettrica sono causate dall’uso del carbone, concentrato soprattutto in Germania, Polonia e Regno Unito. In Italia il carbone non ha un peso di grande rilievo nel mix energetico che è invece fortemente orientato all’energia pulita. Avremmo quindi tutto il vantaggio di promuovere strategie di uscita dall’uso del carbone che possano unirsi ai paesi più virtuosi e trainare gli altri paesi europei. Il primo passo da fare per rispettare il clima, la scelta politica più efficace è ridurre fino ad eliminare l’uso del carbone».