Se non cambia l’approccio all’analisi dei problemi che trovano origine dall’interazione delle dinamiche naturali e la nostra esistenza, se non pensiamo a soluzioni integrate con realizzazione di scenari, sviluppo compatibile, comportamenti corretti e realizzazione delle opere necessarie a superare le crisi future, non ci resta che aspettare la prossima crisi e osservare se il cielo a pecorelle porta ancora acqua a catinelle
Al contrario di come scrive qualcuno, l’attuale situazione di prolungata assenza di piogge e conseguente crisi idrica ha risvegliato «gli interventisti» che a ogni crisi si approcciano prevedendo come soluzioni opere da realizzare: piccole, grandi, poche, molte non importa basta che si realizzi. Non vogliamo dire che siamo contrari alle opere, se necessarie, ben progettate, ben realizzate e ben mantenute, le opere sono utili e fondamentali per la qualità del nostro benessere.
Vorremmo che i decisori ponessero prima di tutto l’attenzione sull’analisi delle crisi, di quelle crisi che pur essendo di origine naturale trovano una cassa di risonanza sull’uso che facciamo del territorio e dell’ambiente; scenari già vissuti e che sicuramente vivremo ancora. In attesa che le opere per fronteggiare future crisi idriche siano progettate, finanziate, realizzate, collaudate ed entrino in esercizio che facciamo? Suggeriamo solo di chiudere il rubinetto quando ci laviamo i denti? Imponiamo di rispettare per le nuove costruzioni l’installazione delle reti duali (acqua non potabile per gli scarichi) o prevediamo contributi per sostituire dei vecchi scarichi dei WC con scarichi a volumi diversificati? Tutto questo può bastare per affrontare le future crisi idriche che potrebbero essere più severe di quella che stiamo vivendo nell’ormai estate del 2017.
Chi sta chiedendo oggi i danni per la crisi idrica è il maggior consumatore della stessa risorsa. Il mondo dell’agricoltura, pur consapevole che ciclicamente ci sono state anche in passato stagioni poco piovose, nulla o poco ha fatto per rivedere la progettazione delle colture in funzione della reale disponibilità idrica del territorio; nulla o poco ha fatto nel promuovere tecniche d’irrigazione innovativa di razionale utilizzo della risorsa e rivolte al risparmio idrico; nulla o poco ha fatto, anzi in molti casi ha ostacolato, l’uso in agricoltura delle acque depurate. Le acque depurate: abbiamo progettato e costruito grandi impianti di raccolta, potabilizzazione, trasporto e utilizzo e poi ancora di raccolta, stoccaggio e depurazione delle acque, per poi sprecare letteralmente questa potenziale risorsa.
Uno schema egoistico che parte dal principio che la risorsa è percepita come infinita e per questo facciano quello che ci costa meno in termini di sacrificio intellettuale e materiale. Se non cambia l’approccio all’analisi dei problemi che trovano origine dall’interazione delle dinamiche naturali e la nostra esistenza, se non pensiamo a soluzioni integrate con realizzazione di scenari, sviluppo compatibile, comportamenti corretti e realizzazione delle opere necessarie a superare le crisi future, non ci resta che aspettare la prossima crisi e osservare se il cielo a pecorelle porta ancora acqua a catinelle.