Il lupo… una presenza naturale ma bisogna gestire i conflitti

1296
Tempo di lettura: 4 minuti

Dal 2010 si hanno dati di conoscenza continuativi e abbiamo attivato sistemi di prevenzione laddove sentivamo che l’azienda poteva attuare dei sistemi di controllo personale, nella fattispecie i cani da guardiania

> Boitani: E i cinghiali? Vanno soppressi

> I Parchi… punti di forza delle nostre comunità

Numerose leggende e storie si inseguono quando si parla del Lupo: da animale selvatico a protagonista delle fiabe, da feroce predatore a solido capo branco, fino a diventare un esemplare da preservare. Nel Parco nazionale dell’Alta Murgia il lupo è una presenza costante, e da molti anni è sorvegliato speciale con l’obiettivo di tutelare e promuoverne la sua permanenza.
Il lupo è stato il protagonista indiscusso della Sessione II: Conservazione della fauna e relazione con le attività antropiche, svoltasi durante il Convegno Wolf and Nature 2017 in svolgimento a Gravina in Puglia.
Abbiamo voluto porre qualche domanda ad Anna Grazia Frassanito, tecnico naturalista del Parco nazionale dell’Alta Murgia nel settore della conservazione e della biodiversità animale.

Quale la situazione ereditata e cosa si è fatto dal 2010 nel Parco in tema lupo?
Di ereditato si è ereditato ben poco perché il Parco nasce nel 2004 e si è strutturato fine 2005 con il personale che è stato selezionato con concorso pubblico nel 2008; quello che si è ereditato erano conoscenze sommarie sulla tematica lupo. Il primo rilievo di presenza accertata è di ottobre 2010 mentre gli studi partono dal 2009.
Si è fatto tanto negli anni in termini di conoscenza ma soprattutto in termini di coesistenza con le aziende e questo perché gli amministratori sono andati nelle aziende a monitorare una situazione che era enormemente ingigantita a causa della poca conoscenza che tende sempre ad ampliare le cose andando a creare problematiche che in realtà non ci sono. Dal 2010 si hanno dati di conoscenza continuativi e abbiamo attivato sistemi di prevenzione laddove sentivamo che l’azienda poteva attuare dei sistemi di controllo personale, nella fattispecie i cani da guardiania.

In cosa consiste il progetto «cani da guardiania»?
Tutte le azioni svolte rientrano in un unico progetto «Convivere con il lupo» che però è affrontato a diversi livelli; a livello scientifico chiedendosi «dov’è», «dove si riproduce», «quanti» lupi abbiamo, che «dinamiche di spostamento ha». I cani da guardiania rappresentano l’altra azione di progetto, incentrato sulla prevenzione e che risponde a quesiti quali «quante aziende hanno avuto i danni», «quante pecore un’azienda ha», ecc. Il lavoro del Parco è stato quello di osservare i metodi di pastorizia, «contestare» bonariamente le questioni che dovevano essere cambiate, verificare il cambiamento, affidare i cani da guardiania, due/tre cani a seconda di come il gregge doveva essere gestito, pastori abruzzesi che noi chiamiamo cani da lavoro. Quella dei cani da lavoro è certamente una brutta espressione però i cani affidati alle aziende sono di fatto da lavoro con un protocollo di addestramento del cane, e sono cani che seppur belli da vedere devono stare sempre con il gregge, mangiare, dormire, sorvegliarlo ad ogni ora del giorno e della notte. Un progetto che è andato bene, sono stati consegnati 15 cani con circa 23 cuccioli nati e la creazione di una rete tre le aziende.

Quali i punti di forza e quali le criticità sul territorio?
Il punto di forza è sicuramente l’unicità del territorio, a me piace dire che sull’Alta Murgia non applichiamo i protocolli dell’Appennino ma applichiamo i protocolli della Mongolia, ossia di tutto il sud est Asiatico e questo perché le steppe che abbiamo sono le stesse dell’Asia. Questo è un punto di forza anche per l’esistenza del lupo perché tra una città e un’altra ci sono ampi passaggi e il lupo può transitare indisturbato. Le criticità sono quelle che incontra tutto il mondo dell’agricoltura e della zootecnia in questo periodo storico che, secondo me, riflettono la crisi economica e quindi laddove prima la morte di una pecora non influenzava il reddito di una famiglia ora invece lo influenza fortemente. Lupi e cinghiali quindi spesso sono i capri espiatori di una crisi di settore che sicuramente la politica non sta aiutando.

Quali sono i dati interessanti che provengono dal monitoraggio del progetto?
I dati riproduttivi sono una cosa importante. Molto spesso il lupo è l’apice di una catena alimentare e quindi non è vero che si investono soldi solo per studiare il lupo ma investiamo soldi sulla ricerca e spesso abbiamo risultati importanti di tantissime altre specie che vivono sotto l’ombra di un lupo.
Il lupo è infatti una specie chiave, anche detta specie ombrello, perché studiando questa specie si ottengono tantissime informazioni che magari non potrebbero essere rilevate se andassi ad indagare una sola specie meno «emblematica».

In che direzione ci si sta muovendo per avere un effettiva convivenza uomo-lupo?
La convivenza uomo-lupo, lupo-uomo esiste laddove si determinano dei confini e quindi il nodo della matassa è proprio quello di stabilire il confine. Fino a che punto l’uomo è disposto a sopportare questa convivenza perché il lupo alla fine se non gli conviene va a colonizzare posti tranquilli e quindi lo si trova di passaggio fino ad Otranto a Porto Selvaggio ed è quindi l’uomo che si deve porre questa asticella.
Il lupo è una specie protetta a livello globale quindi il controllo è inapplicabile.
Il vero problema è quello che l’opinione pubblica crea una percezione diversa della realtà, una pericolosità del lupo che di fatto non esiste. La criticità c’è quando non c’è gestione e questo sia all’interno del Parco sia al di fuori dei suoi confini. Non saper gestire una risorsa, quello può creare conflitto ma se ci sono dei mezzi politici giusti che siano indennizzi, recinzioni, cani da guardiania, anche il semplice parlare con le attività zootecniche per capire che il problema, la questione è del tutto superabile.

Si è svolto in chiusura della Sessione II il Tavolo tecnico «Ritrovamento di una carcassa di lupo… Procedura da intraprendere nel caso di ritrovamento di una carcassa di lupo nel territorio pugliese».
Quale la situazione attuale e quali gli sviluppi?
Il protocollo appena discusso è una discussione che dura da tre anni, purtroppo il problema è che non si capiscono bene i limiti delle varie figure professionali (veterinari, naturalisti, biologi, ecc.) chiamate ad intervenire in caso di ritrovamento di una carcassa. Trovare una carcassa di lupo è una risorsa di informazioni che nessuno di noi può farsi sfuggire. Quindi vedere una carcassa di lupo sulla strada e non trovare la soluzione per la fornitura di un mezzo di trasporto speciale, trasporto che deve essere fatto all’Istituto zooprofilattico, è una grave perdita. La mancanza di fondi dedicati a queste cose è evidente e questo perché il problema fondamentale è la dicotomia selvatico/domestico, che in questo Paese vede i domestici un’attività economica a differenza degli animali selvatici il cui studio non viene considerato prioritario.
Il protocollo è in divenire e speriamo di poterlo pubblicare nel 2017 ma a prescindere da questo mi impegnerò a fare la bozza discussa e approvata da noi pubblicamente e poi spero che i Dipartimenti di prevenzione e le Regioni giungano ad una firma.